Apatia, mononucleosi, depressione

Sono un ragazzo di 20 anni. L'hanno scorso ho avuto la mononucleosi e da quel momento sono una persona diversa. Mi sento apatico. Durante quel periodo ero fidanzato e sentivo che i miei sentimenti si erano un po' attenuati, non riuscivo ad esprimere quel piacere per quanto l'amassi. Quest'anno ho chiuso questa storia sentimentale per non far soffrire la mia partner ma io sono rimasto da solo con me stesso. Ho sempre meno voglia di uscire, non sono socievole, mi sento agorafobico, anche se prima della malattia(mononucleosi)non lo ero. Non godo di una sana situazione familiare. Economicamente stiamo bene, ma per quanto riguarda la salute mio padre è epilettico e l'anno scorso ha diagnosticato il diabete. Essendo una persona socievole al tempo prima delle malattie, ha avuto una brutta botta, perché questo tipo di epilessia non gli permette di guidare, prende farmaci ed è in cura ma è farmacoresistente ed in casa si respira un aria malata di insoddisfazione perenne. Mia madre è diventata più acida e nervosa, è più fredda. Di suo è sempre stata particolarmente paranoica, caratteristiche che ho anche io. Quando sto solo e penso mi viene l'ansia e le palpitazioni. Non riesco a gestire questa situazione, e ormai non mi sveglio più felice o triste, mi sveglio sperando di dare un senso a quella giornata. Non riesco più a piangere, come se qualcosa mi bloccasse. Io in casa non ne ho parlato così apertamente, ne ho parlato solo con mio padre e lui mi ha detto che sto facendo preoccupare mia madre per nulla e che già ci sono altri problemi. Io non so che fare. Oltre a ciò il fegato non si è ancora ripreso, io mi sento fuoriluogo e sempre giudicato. Ho bisogno di sapere cosa devo fare. Grazie.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Utente,

è probabile che il suo stato d'animo attuale dipenda da ciò che sta avvenendo in casa, da quell'"aria malata di insoddisfazione perenne", più che dalla mononucleosi in sè.

Nel corso di quella malattia si possono presentare ansia e deflessione del tono dell'umore, ma se un soggetto non soffre già di uno squilibrio psicologico è piuttosto difficile che sviluppi a partire "da zero" un Disturbo d'Ansia o dell'Umore.

Se la risposta di suo padre quando si è confidato con lui è stata quella che ci ha riferito lasci perdere: si sente sicuramente frustrato per la diagnosi che ha ricevuto e probabilmente si sente in colpa per aver dato preoccupazioni alla moglie con i problemi di salute dei quali soffre (anche se non ne è responsabile).
Per questo le ha dato una risposta così secca e per nulla empatica.

Non ha nessuno con cui confidarsi e parlare della situazione, oltre che del suo stato d'animo?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Grazie della risposta.
Ne ho parlato con un amico, ed avendo lui passato dei momenti difficili mi ha detto di consultare uno psicologo/psichiatra. Il problema che mi blocca è che non posso farne presente a nessuno della mia famiglia. Quindi nel caso dovrei fare da solo. Volevo dunque chiedere cosa mi consiglia di fare.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Molto bene, è importante che si sia aperto con una persona amica che la può capire perché ha affrontato a propria volta delle difficoltà.

Il consiglio che ha ricevuto è corretto: perché le occorre l'appoggio della famiglia per rivolgersi ad uno psicologo?