Severa anedonia, depressione maggiore, dismorfofobia

Gentili Dottori,
a detta della nuova psicoterapeuta che mi segue, nel 2011 è intervenuto qualcosa che mi ha "scompensata" psicoticamente, là dove prima ero sì problematica e sofferente, ma riuscivo ancora a vivere. Paradossalmente il sintomo anoressico bulimico durato per ben 17 anni mi proteggeva dal crollo definitivo: studiavo con ottimi risultati, avevo una vita relazionale tutto sommato buona, lavoravo. Il quadro clinico di allora era inquadrabile in isteria o borderline con vissuti dismorfofobici al volto che però riuscivo in qualche modo a gestire. Nel 2011 ho intrapreso un nuovo percorso di cura e dopo poco tempo qualcosa si è rotto, dove il sintomo anoressico bulimico si è risolto di colpo. Non descriverò tutto quel che è accaduto nel corso di questi sei anni, ma ho subito diversi ricoveri in psichiatria per forti atti autolesivi e spinte suicidarie, mi sono allontanata dagli studi che prima affrontavo con piacere e serenità, ho cominciati a ritirarmi sempre di più in isolamento sia per mancanza di desiderio vitale che per la vergogna del mio viso che vedevo sempre più deformarsi e che per me ora è una vera tortura: non mi riconosco allo specchio e anche se non mi vedo, percepisco di avere addosso una faccia orribile che mi porta a nascondermi da tutti, stando anche per settimane barricata in casa. Ci sono stati più interventi farmacologici, sia presso il csm che nel corso di tre ricoveri di tre mesi ciascuno in una struttura convenzionata. Purtroppo ho una forte ipersensibilità ai farmaci e ognuno di questi mi causa grossi problemi e sostanzialmente nessun beneficio. Allo stato attuale assumo rivotril, da cui sono assuefatta e dipendente da 5 anni, 50 mg di zoloft che però non mi aiutano (sono completamente anedonica, non provo più piacere in nulla), talofen per le crisi allucinatorio cenestesiche che mi procurano anche forti dolori. L'angoscia comincia al risveglio, che per me è un vero e proprio incubo. Non lavoro, perché mi vergogno ad affrontare colloqui e anche perché non ho titoli che mi permettano di fare un lavoro decente, non riesco a studiare, non riesco a leggere da anni (perché per ogni parola ho pensieri intrusivi), non ho vita sociale, non sorrido più, non guardo nemmeno la televisione. Sono solo perennemente angosciata, con costanti forme paranoiche/persecutorie rispetto agli altri, incapacità di scegliere, vergogna costante di me come essere umano e corporeo. Il talofen preso a 30/40 gocce quando le crisi sono forti, riesce, ma non sempre, a calmare il corpo e l'angoscia nell'arco di un'ora. Ma non sempre funziona. Lo zoloft mi dà alopecia. Quando dico dismorfofobia intendo proprio vedermi un mostro al punto da non riuscire nemmeno ad andare a fare la spesa. Gli psichiatri arrivano sempre alla conclusione "lei è intelligente, non è malata". Solo uno ha rilevato da subito una forma di psicosi melancolica, ma mi ha reinviato al mio. Ritenete che la terapia sia adeguata? Perché non funziona per niente?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Gli psichiatri arrivano sempre alla conclusione "lei è intelligente, non è malata". "

E che c'entrano le due cose l'una con l'altra ?

Lei utilizza dei termini tecnici che confondono le idee, se poi alla fine non è stata fatta diagnosi di psicosi di qualche tipo.
La rigidità con cui evita certe cose spesso si affronta anche con una terapia a base di antipsicotici, ma questo per un discorso di gravità o urgenza. La natura di queste fissazioni, che Lei stessa riferisce come fossero timori ingovernabili, più che convinzioni, non è semplice. Soprattutto, si rischia di perdersi nella valutazione delle oggettive condizioni estetiche, o di fattori che comunque possono influire etc.
La terapia di adesso è a dosi basse, mettiamo che sia anche un doc, o una depressione come indicava l'ultimo medico, la dose è bassa rispetto a quanto usualmente richiesto in questi casi.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dott. Pacini, rispetto alla domanda iniziale:

Gli psichiatri arrivano sempre alla conclusione "lei è intelligente, non è malata". "

E che c'entrano le due cose l'una con l'altra ?

È quello che mi chiedo io. Essere coscienti dei propri problemi significa che non siano gravi?L'ultima diagnosi è stata fatta, come ho scritto: psicosi melancolica.
Nei tanti ricoveri nessuno ha mai parlato di disturbo ossessivo, né psichiatri né psicoterapeuti. Fino al 2011 avevo diagnosi borderline, poi si ritiene abbia avuto una scompensazione psicotica. Se per termini tecnici si riferisce alle crisi di allucinazioni cenestesiche (così mi hanno detto), le posso descrivere quel che accade: cominciano con una grande angoscia e sento molto vividamente il corpo come impazzito, gli organi interni spostarsi, dolori acuti, senso di corpo senza orifizi (tant'è che a volte mi sono autopraticata dei salassi da sola), disperazione, non avere bordi, putrefazione delle parti del corpo, percezione di un liquido vischioso che occupa tutto l'interno. Purtroppo mi ritrovo sempre con diagnosi discordanti da parte degli psichiatri e di conseguenza le terapie che mi sono state date sono sempre state diverse ma non mi hanno mai aiutata. Le crisi che le descrivo durano anche 10 ore.
Lo psichiatra che mi ha seguita negli ultimi due anni è invece convinto che io più che altro abbia bisogno di una buona psicoanalisi. Ma è stata la stessa psicoanalista a suggerirgli di darmi il serenase perché ritiene che il quadro clinico sia più grave di quanto non pensi questo psichiatra. Altri tre a cui ho chiesto un consulto hanno tutti parlato di una struttura psicotica.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Psicosi melancolica vorrebbe sostanzialmente dire una depressione con sintomi psicotici, in altro linguaggio.
In effetti alcuni comportamenti possono far pensare ad una psicosi, tipo il salasso associato all'idea di "corpo senza orifizi" (non c'è nesso tra le due cose, però evidentemente in quel momento Lei ne vede uno).
Se la diagnosi fosse quella, sarebbe bizzarra l'indicazione ad una psicoterapia (e più comprensibile allora il serenase). C'è un uso di sostanze, tipo cannabinoidi ?
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Utente
Utente
Grazie della risposta, Dottor Pacini.
No, non c'è uso di cannabinoidi. Mi è capitato, certo, nella mia vita, un uso sporadico, ma nell'ordine di una volta ogni due anni.
È per altro capitato che in un'occasione di queste, tra il primo e il secondo ricovero in clinica, dopp due soli tiri di cannabis, io abbia avuto un'esperienza devastante conallucinazioni somatiche (ero certa di avere un buco dietro la testa e un lungo tubo che partiva dal cervello e arrivava all'utero), convinzione di esser un'altra persona, terrore panico e depersonalizzazione con la certezza di essere in più luoghi nello stesso momento, arti enormi, ed altro. La persona che ha fumato la stessa sostanza, in quantità di gran lunga maggiori e per più volte, non ha avuto niente. In quell'occasione, lo psichiatra aveva ritenuto che non fosse stata la cannabis a causare un'esperienza così violenta e spaventosa, ma che tutto quanto aveva a che fare col mio timore di perdere i confini. Decise così per un'altro ricovero, nel corso del quale soni stati sperimentati molteplici farmaci antipsicotici a basso dosaggio, che purtroppo mi rendevano uno zombie. Quindi si era ristabilita una terapia con deniban, zoloft, valdorm per dormire. All'uscita la situazione era leggermente più stabile, ma è bastato pochissimo per rinchiudermi in casa. Quando a settembre 2016 si è pensato di togliere il deniban per l'iperprolattinemia e sostituire zoloft con prozac per l'alopecia, nel giro di pochissimi giorni ho sviluppato ideazioni suicide con l'intento di morire di inedia. Ho smesso di mangiare e di bere per una settimana, stando immobile a letto e barricandomi in casa. Saputo della cosa, si è ritenuto che la causa fosse il prozac, che mi è stato subito tolto. Sono stata ricoverata per la terza volta ma non c'è stato alcun miglioramento, anzi. Da pensieri suicidi ho trascorso periodi terrorizzata dalla compagna di stanza con l'idea di voler essere uccisa per essere punita. Mi è capitato di vedermi la faccia blu, e più volte di nascondermi per la vergogna della mia persona. Ne sono uscita peggio di prima, tant'è che a febbraio ho tentato il suicidio con un mix di psicofarmaci e alcool e sono stata ricoverata d'urgenza in pronto soccorso e poi in psichiatria. Dimessa, la situazione non è
variata. Anche in casa, nei momenti peggiori, mi bendo gli occhi per nasconderli (a me stessa), l'angoscia è costante e non trovo le forze per fare alcunché, nemmeno per lavarmi e nutrirmi. Lo psichiatra che mi ha in cura mi ha sempre detto che io non soffro di depressione, motivo per il quale tiene il dosaggio dello zoloft
minimo. Non vuole peròfare diagnosi. Quella di psicosi melancolica (con esperienze schizofreniche del corpo) è stata fatta da altri due psichiatri e da due psicoanalisti.
È però chiaro (almeno così mi sembea) che dal punto di vista strettamente farmacologico, 50 mg di zoloft non mi fanno nulla se non bloccare il pianto continuo otre che darmi alopecia e amenorrea, il rivotril a 10 più 10 gocce al giorno per me è ormai come acqua fresca, e il talofen 5 +5+20, durante le crisi forti non basta e anche con 30 gocce ci mette molto a calmarle. Di fatto io non ho più una vita, avevo molte passioni e non mi interessa più nulla. Mi sento solo invasa da personaggi in testa, non ho una vita sociale, e diverse persone che prima mi volevano bene, dopo il 2011 mi hanno cancellata. Perché non sorrido più, non so più comunicare, e dicono che stia tutta dentro il mio mondo, come fossi autistica. Io spero nella nuova psicoterapia, ma non riesco a capire la terapia farmacologica, che sostanzialmente mi dà più effetti collaterali che benefici.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Non fare diagnosi a che scopo ? La diagnosi si fa per scegliere le cure. Non facendola parrebbe che non si sia capito di cosa si tratti.
Strano che si parli da un lato di psicosi, e infatti il talofen per le crisi e il riferimento al serenase, e poi si mettano antidepressivi, che negli stati psicotici, specie in quelli senza diagnosi precisa, possono agitare.
Eppure, trattandosi di una situazione che non inizia ora, fare diagnosi non dovrebbe essere difficile.
[#6]
dopo
Utente
Utente
Non fare diagnosi per non etichettare.

Nel frattempo è passato un mese, le mie condizioni continuano a peggiorare. Non essendo più in grado di nutrirmi, sono tornata a casa dei miei genitori (nonostante la mia storia famigliare sia molto dolorosa e traumatica - ma preferisco non scriverne per non essere scoperta). La situazione dell'ultimo mese è questa:
- sveglia alle 11:00, rallentamento motorio, non riesco nemmeno a preparare la macchinetta del caffé e uso il caffé solubile, fumo una sigaretta (la cosa strana è che sono talmente giù e senza alcuna voglia di vivere che non ho voglia nemmeno di fumare, tant'è che da 20 sigarette degli utlimi anni sono passata a 4/5 - questo di per sé è un bene per la salute, ma è indicativo del mio stato)
- sono angosciata, prendo i farmaci, non passa, mi rannicchio a letto con la sensazione di avere delle persone (delle teste di persone che conosco) dentro la testa
- l'angoscia diventa fisica e comincio ad avere percezioni strane: vischio attaccato alla pelle, deformazioni delle parti
- continuo ad autodenigrarmi
- a chi mi chiede di uscire o di vedermi non so più cosa rispondere perché me ne vergogno e perché quando l'ho fatto mi viene detto che si tratta di volontà e io mi sento ancora peggio
- trovo la forza di lavarmi molto raramente
- guardo il disordine e lo sporco di casa e mi sento immobilizzata rispetto al fatto di fare qualcosa
- ho continui pensieri di morte, soprattutto di defenestrazione o di morte per inedia
- l'unica persona con cui parlo, e che mi conosce da 11 anni, non ce la fa più perché non faccio che colpevolizzarmi di qualunque cosa, definirmi uno schifo come essere umano, essere disperata e sembrare una morta vivente

Da una settimana sta accadendo una cosa strana, cominciata dopo un sogno: nel sogno venivo sedata con farmaci potenti e la sedazione si è concretizzata nella realtà, fino a che i miei genitori si sono spaventati perché alle 13:30 ero ancora a letto in uno stato catatonico. Da quel giorno, mi sveglio sempre verso le 7 ma alla sola idea di alzarmi e affrontare la giornata (che comunque è una giornata vuota), io mi nascondo sotto le coperte e continuo così fino alle 14.00. A volte riesco a scendere a mangiare, muta, in silenzio, per poi tornare a letto, a volte non mangio nemmeno.

Il pensiero del suicidio è molto forte, ma se ne parlo con qualcuno so che potrebbe sembrare un al lupo al lupo o una richiesta di attenzione, quindi me lo tengo per me.
In me non scorre più alcun sentimento vitale.

Non so se essere preoccupata di quello che mi sta succedendo, perché in realtà vorrei solo morire e non essere più di peso a nessuno.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

E per quale motivo non etichettare ?

Non capisco il senso della questione. Senza etichetta si va quindi così, un po' a caso, sperando non si sa in che tempi, in che modi di poter vedere degli effetti, che chissà se sono poi interpretabili.

Faccia fare una diagnosi e si faccia spiegare le opzioni di trattamento previste. Da qui si inizia per affrontare scientificamente un problema medico.
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