Psicologia infantile

Salve sono la mamma di un bimbo di 3 anni e viviamo felicemente nelle Marche insieme al papà. Anni fa partecipai ad un concorso pubblico da me vinto ed ora sono prossima ad essere chiamata per ricoprire il mio ruolo ma a Roma. Premetto che nel mese di maggio abbiamo già affrontato un trasloco nella nostra attuale casa che abbiamo acquistato e ristrutturato con tanta fatica e tanto amore. Non intendiamo rinunciare al mio lavoro perché sono anni che lo aspetto, anni di sofferenza per il fatto di non riuscire a trovare un posto, oltre al fatto di voler dare un senso ai tanto anni di studio per il concorso. Nostro figlio a settembre inizierà la materna e anche se sembra tanto felice al pensiero di aver lasciato il nido, so che per lui sarà un grande stravolgimento. Insomma la domanda è questa: cosa è più giusto per nostro figlio, che rimanga nella sua attuale casa in campagna con il papà con tutti i confort che la piccola provincia offre, o è meno traumatico che lui in qualsiasi circostanza segua me anche se a Roma si profilerà una vita 'meno a misura di bambino'? Chiaramente ci stiamo sottoponendo a questa cosa solo perché io possa venire trasferita nel più breve tempo possibile, non intendiamo far passare tanti anni in una famiglia divisa. Spero di aver dato un quadro chiaro e spero risponderete presto.
Grazie in anticipo.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signora,
per soppesare i pro e i contro di entrambe le opzioni, è necessario considerare più fattori: ad esempio, ogni quanti giorni le consentirebbe di tornare a casa la distanza (non tanto in termini di km ma di tempo di percorrenza) tra la sua sede di lavoro e la vostra attuale residenza; il tempo che il papà avrebbe da dedicare al piccolo; la presenza o meno di altri famigliari/figure di supporto nell'uno e nell'altro caso; le possibilità di prendere permessi/ferie/congedi/aspettative che il tipo di lavoro le consente; la previsione delle tempistiche relative al suo trasferimento... Oltre naturalmente anche alla reale disponibilità e possibilità concreta del papà di farsi carico di tutto ciò senza la sua vicinanza fisica e la sua (di Lei che scrive) "capacità" di staccarsi da suo figlio.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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Utente
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Gent.issima Dott.ssa grazie per la celere risposta;
Nella cittadina in cui viviamo non abbiamo una grande rete di supporto; purtroppo diverse discussioni ci hanno allontanati dalla famiglia del mio compagno che vedono nostro figlio saltuariamente e per poco tempo. Certamente non sarebbero indicati nella circostanza in cui il bambino uscendo da scuola alle 16 dovrebbe avere chi lo tiene fino alle 19 circa, orario di uscita del mio compagno dal suo lavoro. A tal proposito stavamo valutando di chiedere ai miei genitori se disposti a trasferirsi da noi (circa 200 km di distanza) per tenere il bimbo e supportare il mio compagno. Io vorrei poter tornare da Roma tutti i giorni ma in treno sono circa 6 ore di viaggio a/r che sarebbero difficili da sopportare. A Roma non ho familiari ma diversi amici fidati, comunque in entrambe le situazioni credo sarà necessario valutare la presenza di una baby sitter fissa che tutti i giorni si occupi del bambino, solo che nel caso venisse a Roma con me, uscendo io alle 14, starei con lui molto più tempo (eccetto due pomeriggi a settimana di rientro pomeridiano), al contrario il papà esce tutti i giorni fra le 18 e le 19 ma che comunque pur di non distaccarsi dal suo bimbo dice di essere disposto a tutto (in questo caso una baby sitter fissa che si occupi di preparare la cena e sbrigare le faccende domestiche sarebbe necessaria). Per ciò che riguarda eventuali permessi ecc.. nei primi 6 mesi di esercizio non avrò alcun diritto maturato e relativamente al trasferimento è tutto da vedere in base ad eventuali scambi con colleghi e alla mia tenacia nel perseguire l'obiettivo di essere riavvicinata; la mobilità della pubblica amministrazione è una cosa molto complicata per la quale non ci stiamo dando un tempo massimo di due anni, dopo di che se vedessimo che la strada è troppo lunga sono disposta a rinunciare. Cosa ci consiglia dottoressa? La ringrazio ancora molto.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Mi pare di leggere tra le righe che, proprio in virtù di ciò che ciascuno ritiene più corretto per il piccolo, le vostre posizioni siano discordanti. Le cose stanno così, o ho capito male?

Se le posizioni fossero invertite (cioè se fosse il papà ad dover andare lontano a lavorare), sarebbe più facile per entrambi giungere ad una decisione univoca?
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Utente
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Dottoressa entrambi non vogliamo 'staccarci' dal bambino, entrambi ne sentiremo un dolore enorme ma abbiamo scientemente deciso di non anteporre i nostri desideri alla soluzione migliore per lui, dunque entrambi saremmo abbastanza sereni se sapessimo che una delle due soluzioni fosse la migliore per il bimbo e la accetteremmo di buon grado. Vorremmo solo limitare il più possibile eventuali problematiche a nostro figlio.
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Utente
Utente
Dottoressa sono rimasta in attesa di un suo consulto; dunque sarebbe più appropriato che nostro figlio (3 anni) seguisse la mamma a Roma o che restasse con il padre per non perdere i riferimenti spaziali/territoriali?
Grazie ancora.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Non posso consigliarvi un'opzione a scapito dell'altra sulla base di un semplice consulto on line.
Ciò che posso fare è limitato a suggerire i vari fattori da prendere in considerazione, affinché voi possiate prendere la decisione che riterrete più opportuna. Che non necessariamente deve essere immutabile.

Alcuni dati oggettivi: il trasloco è considerato uno degli eventi di vita più stressanti e vostro figlio ne ha da poco "subito" uno, con la relativa necessità di adattamento; il passaggio dal nido alla scuola dell'infanzia è comunque un "salto" che potrebbe venire attenuato dal compierlo insieme alle facce conosciute di alcuni compagnetti; la vita che conduce ora è senza dubbio, come Lei ha evidenziato, più a misura di bambino di quella di una grande città come Roma.

Ulteriori quesiti: i suoi genitori sarebbero davvero disposti a trasferirsi? Il bambino ha confidenza e un buon rapporto con loro? Lei si sentirebbe più tranquilla rispetto al dover ricorrere ad una baby sitter?
Lo avrà già sperimentato che la serenità dei bambini (e più sono piccoli e più è così...) dipende in larga parte dalla nostra, perché utilizzano noi come "specchio emotivo", come fonte di informazione sulle esperienze che stanno vivendo.

L'orario di lavoro di suo marito non è modificabile nemmeno un po'? Per lui l'eventuale richiesta di permessi sarebbe più semplice?
Dovete tenere presente che ci saranno le giornate (o le settimane) in cui il bimbo potrà non stare tanto bene e non frequenterà la scuola: in questo caso la gestione sarebbe più semplice per Lei da sola a Roma o per il papà?

Come sono stati vissuti i distacchi fino ad ora dal suo bambino (ad esempio, l'inserimento al nido, o altre situazioni che Lei abbia in mente). E da Lei?

Cordialità.