Anche l'ultima se n'è andata e il senso di inadeguatezza cresce

E anche l'ultima è andata a convivere. Intendo dire l'ultima delle mie ex amiche, ex compagne di scuola e di facoltà, ex vicine di casa, parenti e conoscenti. Anche lei è salita in grado e sono rimasta solo io, 32enne fallita, frustrata, infelice e incompresa con i remi in barca, ferma. Passano gli anni e non cambia nulla, l'unica bella novità rispetto a qualche anno fa è che dall'anno scorso so anche di avere la sclerosi multipla e quindi mi sento, se possibile, ancora meno felice e ancor più carica di tanta nostalgia per un tempo in cui tutto era forse possibile e che ora non esiste più.
Ma, oltre alla mia immensa sofferenza interiore e alla mia consapevolezza di essere profondamente inadeguata, ridicola, buffa, alla mia voglia di urlare di fronte all'ennesimo matrimonio o pancione...devo far fronte anche alle pressioni esterne di chi non ha niente di meglio da fare che mettere il dito nella piaga e chiedermi “e tu quando ti sposi?”, "dai che aspettiamo l'invito!", “Bimbi niente?”, “Adesso tocca a te!”
E'un lavoro troppo duro per me dover abbozzare tutte le volte un sorriso e rispondere, per esempio “chi può dirlo?Finché c'è vita c'è speranza!”Premesso che, l'ultima volta, sono stata veramente sul punto di rispondere “i fatti tuoi non te li fai mai, vero?”, tutto ciò ha prodotto e continua a produrre in me un profondissimo senso di inadeguatezza. Mi sento stupida, ridicola e inizio a interrogarmi sul perché. Il ragazzo non mi è mai mancato e ce l'ho tuttora, ma non ho mai concluso niente: né convivenze né matrimoni né bambini né niente. E più passa, meno ci credo. La situazione diventa ancora più insostenibile in maniera direttamente proporzionale al grado di conoscenza o parentela che ha la persona rispetto a me: più è una persona a me vicina, peggio mi sento. Il caso più insopportabile è mia madre che, invece che cercare di aiutarmi ad accettare la mia terribile malattia, sa solo fare continui paragoni e confronti con le altre con successive denigrazioni. Ora che anche “l'ultima” che era rimasta nel limbo con me, la mia migliore amica dei tempi delle scuole superiori, quella che abitava proprio qui nel palazzo di fianco...se n'è andata, mi sento terribilmente sola. Non ci vedevamo mai se non per caso, magari sull'autobus o in piazza, ma ora so che nemmeno lei è più come me. E'una solitudine interiore in cui la paura di rimanere per sempre nel limbo diventa soffocante, il parere altrui opprimente, l'ansia insopportabile. Sono anni che soffro per questo motivo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso con il mio ex è stato proprio il fatto che io volevo convivere e lui no, sono andata in crisi quando la mia migliore amica dell'epoca andò a convivere...quindi per me è un tasto dolente da almeno 6-7 anni. E stamattina ci si è messa anche una delle mie cugine, che mi scrive su Whatsapp "Stanotte ho sognato che ti sposavi", io le ho risposto "Si vede che era un sogno!"Grazie infinite a tutti voi per la vostra professionalità, serietà e pazienza.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"l ragazzo non mi è mai mancato e ce l'ho tuttora, ma non ho mai concluso niente: né convivenze né matrimoni né bambini né niente"


Gent.le Ragazza,
ci sono alcuni aspetti che mi colpiscono della tua richiesta:
- il continuo confronto con gli altri;
-il rigido atteggiamento giuidicante che rivolgi verso te stessa;
- l'autorefernzialità.

Sembra che tu per giudicarti adeguata debba obbligatoriamente seguire un percorso prestabilito che non prevede varianti o deroghe e dato che la realtà che vivi smentisce il modello ideale che ti affanni a rincorrere, ti colpevolizzi e ti condanni come se si tratta di un progetto che per essere realizzato richieda il tuo contributo esclusivo.
In realtà non ci dici nulla della tua attuale relazione di coppia, ad esempio se c'è una progettualità condivisa oppure no, oppure come state vivendo i condizionamenti derivanti dalla consapevolezza di avere una patologia come la sclerosi multipla.
Naturalmente questi sono solo degli spunti di riflessione che forse meriterbbero di essere approfonditi all'interno di un colloquio diretto con uno psicoterapeuta, dato che tu stessa riconosci che vivi questo disagio da diversi anni.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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dopo
Utente
Utente
Grazie dottoressa Camplone per la sua risposta.
Ritengo di non essere per nulla aiutata dall'ambiente in cui sono nata e cresciuta e che cerco di contrastare, inutilmente, da molti anni.
La mia famiglia è piuttosto all'antica, faccio alcuni esempi: mia madre e mia zia, così come molte delle mie cugine, fanno un vanto del fatto di essersi sposate con il loro primo, solo e unico ragazzo (sarei molto curiosa di indagare sulla veridicità di queste informazioni!), di essere rimaste incinte subito (chi può garantire che sia davvero così?E chi è sterile che cosa deve fare, suicidarsi???) e, nel caso di mia madre per esempio, addirittura di non aver mai lavorato ("ho fatto la signora, io"). Le lascio quindi immaginare che razza di donnaccia sia io ai loro occhi, visto che, come dicevo, ho avuto "addirittura" più ragazzi (il virgolettato mi sembra d'obbligo dato che ne ho avuti 3 in tutto contando anche quello attuale e molte mie conoscenze hanno cambiato partner in modo molto più disinvolto e frequente di quanto non abbia fatto io), ho 32 anni e non sono sposata, ho sempre cercato di lavorare il più possibile (anche in "postacci" da donne poco raccomandabili, ovviamente ai loro occhi, quali negozi, fiere,centri estivi... ) non ho figli...insomma, sono un'autentica tragedia per la mia famiglia!Io non condivido assolutamente la loro visione retrograda, bigotta e ottusa della donna, del matrimonio, della maternità e della vita ma, se mi guardo intorno, le mie incrollabili certezze vacillano, e molto: tra i 26-27 e i 30 anni ci cascano tutte, ed eccole lì con il vestito bianco, la fede al dito, la carrozzina e i biberon. E quella anormale, guardata dall'alto in basso, sono io, perché (riporto le parole testuali di mia madre 2 ore fa) "che razza di donna è una che non si sposa e non ha figli?Che schifo, che tristezza!"Come posso sentirmi a mio agio in un contesto del genere, soprattutto quando poi la realtà circostante sembra dargli proprio ragione?Inizio a pensare che, forse, ci sia davvero qualcosa che non vada in me.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Io non condivido assolutamente la loro visione retrograda, bigotta e ottusa della donna, del matrimonio, della maternità e della vita ma, se mi guardo intorno, le mie incrollabili certezze vacillano"


Gent.le Ragazza,
anche se affermi di non condividere questa "visione", sembrerebbe che tu l'abbia interiorizzata, in altre parole, che si sia radicata dentro di te come unico modello di riferimento al quale uniformarsi, anche a costo di sacrificare qualsiasi possibilità di costruire una condizione di vita che nella quale tu possa sentirti te stessa, anche se non hai l'approvazione da parte dei tuoi familiari.
Ho parlato di autoreferenzialità perchè per costruire una relazione di coppia e/o una famiglia bisogna essere in due e, in assenza di una progettualità condivisa, forse sarebbe opportuno confrontarsi con il proprio partner a riguardo.


"Ma, oltre alla mia immensa sofferenza interiore e alla mia consapevolezza di essere profondamente inadeguata, ridicola, buffa, alla mia voglia di urlare di fronte all'ennesimo matrimonio o pancione...devo far fronte anche alle pressioni esterne"

Non si tratta di consapevolezza ma di un approccio rigidamente giudicante che ti "ingabbia" dentro un circolo vizioso del quale sei artefice inconsapevole e che compromette sul nascere qualsiasi tentativo di avviare un processo di crescita personale.


Nella mia precedente risposta affermavo:"In realtà non ci dici nulla della tua attuale relazione di coppia, ad esempio se c'è una progettualità condivisa oppure no, oppure come state vivendo i condizionamenti derivanti dalla consapevolezza di avere una patologia come la sclerosi multipla."

Tuttavia nella tua risposta non accenni a questi aspetti che mi sembrano piuttosto significativi e che senza'altro giocano un ruolo determinante nel condizionare il tuo vissuto. Tali aspetti meriterebbero di essere approfonditi all'interno di uno spazio d'ascolto da parte di un interlocutore qualificato (psicologo-psicoterapeuta), poichè la consulenza on line su questo portale può offrirti un orientamento iniziale ma in considerazione di quella che tu stessa descrivi come:

" solitudine interiore in cui la paura di rimanere per sempre nel limbo diventa soffocante, il parere altrui opprimente, l'ansia insopportabile. Sono anni che soffro per questo motivo",

credo che forse è arrivato il momento di concederti l'opportunità di avviare un processo di cambiamento e di mettere in discussione quelle convinzioni che interferiscono con i significati che attribuisci alla tua esperienza, sabotando di fatto ogni tentativo di uscire da questo circolo vizioso, mi riferisco ad percorso di crescita personale che implica il tuo coinvolgimento diretto all'interno di una relazione terapeutica con uno psicologo-psicoterapeuta.