Tristezza da problemi familiari

Egregi dottori,
Sono una ragazza di 23 anni, che da anni soffre di periodi di ansia e tristezza. Tutto inizia dalla mia infanzia, segnata da ricovero prolungato e a seguito di ciò la mia famiglia ha dovuto cambiare città. Dopo che la situazione si è risolta siamo tornati nella città dove viviamo. Questo spostamento e ciò che ne ha comportato per la mia famiglia sono oggetto da parte di mia madre di continue e ripetute offese e violenze verbali; mi incolpa della mia malattia, che l’ha fatta allontanare per qualche anno dal resto della mia famiglia, mio fratello compreso. Purtroppo sento di aver vissuto un’infanzia infelice per questo motivo, essendo cresciuta costantemente in questo ambiente ostile. Nell adolescenza si sono susseguite da parte sua altri comportamenti che mi hanno portata ad allontanarmi sempre più, nonostante il profondo bene che provi per lei, che non sento ricambiato. Da cinque anni sono fidanzata, ma le offese non sono terminate, bensì sono iniziate le critiche nei confronti del mio partner. È una situazione per me insostenibile che mi porta ciclicamente a periodi di sconforto tali da non voler vedere né sentire nessuno, accompagnati da pianti di ore e crisi respiratorie.
Ho in passato chiesto aiuto psicologico(senza benefici), soprattutto perché ho avuto pensieri suicidi legati al mio disagio interiore.
Sento dentro di me che non verrò mai accettata da lei nonostante i duri sacrifici per affermarmi come professionista.
Con mio padre ho un rapporto inesistente, dato che ci vediamo molto poco. Con mio fratello invece è di astio, essendo molto coccolato da mia madre, che spesso ci ha messi uno contro l’altro.
In questo momento non vedo come risolvere la situazione, piango di nascosto in bagno, non riesco a vedere con serenità altre famiglie, mi sento una nullità come figlia e come donna... penso che per questo motivo io abbia numerosi problemi nell accettarmi (fisicamente e come professionista).
Ci sono momenti dove vorrei sparire perché mi sento profondamente sola, una nullità.
Come posso fare?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.7k 180
Forse un allontanamento da sua madre migliorerebbe le cose, permettendole di vedere la situazione con meno sofferenza e di scegliere con calma quando e in che modo ricostruire un rapporto che dalle sue parole appare molto compromesso. Come ritengo dal fatto che si definisce una professionista (ma così giovane?) ha abbastanza mezzi economici per un appartamento suo; ma in ogni caso sarebbe meglio una stanza in un pensionato e un lavoro anche modesto piuttosto che una convivenza in cui ogni parola finisce per acuire il solco tra lei e sua madre. Non consiglierei, invece, una convivenza col suo ragazzo, finché lei non avrà sanato questa tormentosa dipendenza affettiva da sua madre. Non ho ben capito perché dice che l'aiuto chiesto agli psicologi in passato è stato senza benefici "soprattutto perché ho avuto pensieri suicidi legati al mio disagio interiore". Probabilmente gli psicologi cercavano di farla riflettere su dati di realtà che lei non era pronta ad accettare? Le auguro di trovare un aiuto psicologico consistente al quale possa e voglia affidarsi, accettando l'inevitabile sofferenza iniziale che ogni cambiamento porta con sé.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com