Crioablazione tumore polmone

Vi scrivo per avere un parere sulla “crioablazione” dei tumori polmonari. Mio padre, 71 anni, ha un tumore al polmone dx (T4, N2, M0) vicino al pericardio e bronco. Il tumore è stato trattato in maniera massiccia con radioterapia e chemioterapia (quest’ultima ancora oggi) dal gennaio 2005 presso il policlinico Gemelli prima ed adesso al Campus Bio Medico di Roma. Dopo un periodo di stasi di circa 1 e ½ anni da settembre si è assistiti ad una ripresa della malattia e quindi è stata ricominciata la chemioterapia a base di cisplatino.
Leggendo alcuni giornali di medicina ho letto della tecnica della “crioablazione” con gas argon praticata presso l’ospedale oncologico di Cagliari “Businco”. Interpellato il radiologo – oncologo che effettua la terapia questi, dopo aver visionato i CD delle TAC ultime, ha risposto che è possibile trattarlo fino ad eliminare il 70% - 80% della massa con esclusione delle parti adiacenti il cuore ed i vasi, e di continuare dopo una chemio di mantenimento.
Interpellato l’oncologo di Roma che segue mio padre da 3 anni questi ha consigliato di non farlo e per ora non ha spiegato i motivi e lascia la decisione di farlo o non farlo a noi.
A questo punto chiedo:
1) la tecnica della crioablazione è una tecnica valida e sicura o è ancora sperimentale con risultati e conseguenze non chiari?

2) nel caso di tumori al polmone è indicata?

3)se la tecnica può portare all’eliminazione di buona parte della massa tumorale non è comunque positivo? E allora perché l’oncologo di Roma consiglia di non farlo?

Avevamo riposto alcune speranze in questa tecnica dopo la risposta positiva da Cagliari, ma la risposta dell’oncologo di Roma ci ha spiazzati parecchio e ci ha messo in testa alcuni dubbi a questo punto sia su Cagliari che su quello di Roma.
Cosa ne pensate?
Grazie.
[#1]
Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
La crioablazione non è il trattamento standard, in questa neoplasia ed in questa fase. Si può considerare comunque come alternativa terapeutica di seconda battuta(dopo radioterapia), a scopo citoriduttivo, cioè per ridurre la massa tumorale a livello locale.
E' chiaro che non è una terapia scevra da effetti collaterali, specialmente sui tessuti sani contigui alle sedi di malattia. Quindi bisogna ponderare rischi e benefici del trattamento anche in funzione delle condizioni generali del paziente e della sua aspettativa di vita.

Prof. Filippo Alongi
Professore ordinario di Radioterapia
Direttore Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, IRCCS Negrar(Verona)

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la tempestiva risposta, che si aggiunge ad altri pareri nel frattempo chiesti sia all’oncologo di Roma che lo ha in cura da circa 4 anni che da un altro qua in zona (Matera) i quali si sono mostrati perplessi e dubbiosi sulla crioablazione principalmente per tre motivi:
1) essendo il tumore allo stato attuale stadiato in T4 N2 M0 con una infiltrazione nel pericardio ed una nel bronco, con la vicinanza di alcuni vasi importanti (mi sembra vena polmonare) entrambi gli oncologi ritengono che non essendoci la completa ablazione del tumore ma una percentuale (a detta che deve fare la crioablazione) fino al 70% - 80% non conviene rischiare per far restare comunque una parte del tumore attiva e che verrà comunque trattata con chemio come adesso e in futuro, considerato che la resezione chirurgica tentata nell’aprile 2005 non andò a buon fine proprio a causa di quel tipo di infiltrazioni. Anche se c’è una infiltrazione del pericardio, oggi dagli esami cardiologici non risulta nulla di particolarmente anomalo e/o grave;
2) viste che le condizioni di salute del paziente (71 anni) sono discrete nel senso che ha al momento un po’ di tosse stizzosa ed affanno dopo lunghe camminate o scalinate(dovuto anche per la situazione in cui versa il polmone trattato), ma per il resto conduce una vita normale, socievole ed autosufficiente, gli oncologi ritengono che l’intervento sia rischioso sia durante che dopo, proprio per la delicatezza del punto in cui si trova la massa tumorale. Inoltre non è una tecnica ben collaudata sul polmone ma, a quanto pare, si è alle fasi iniziali.
3) Infine essendo il paziente “pluritrattato” nel senso che ha già fatto 2 cicli di RT per un totale di 5040 cGy con frazionamento di 180 cGy/die prima, e 2700 cGy con frazionamento di 300 cGy/die dopo, ed inoltre ha fatto numerosi cicli di chemio in questi anni a base di cisplatino, gemcitabina, carboplatino, navelbina, taxotere ed adesso nuovamente cisplatino, ha un polmone (dx) sofferente che potrebbe creare complicanze durante l’intervento o dopo mettendo pericolo la vita del paziente stesso.
Viste queste motivazioni entrambi, in sede separata, hanno avanzato dei dubbi sulla effettiva utilità e dei probabili benefici, al momento, di questa tecnica. Hanno entrambi consigliato di proseguire comunque la chemioterapia in corso (che comunque i suoi risultati li ha dati ) e di fare una successiva valutazione.
Inutile dire che ci eravamo un po’ illusi di poter risolvere il problema con la crioablazione, ma questi dubbi e perplessità ci hanno un po’ demoralizzato, però se effettivamente come si dice “il gioco non vale la candela” nostro malgrado abbiamo pensato di rinunciare per il momento e di continuare la chemioterapia sperando di rallentarne il più possibile la crescita.
Crediamo e speriamo a questo punto di aver fatto la scelta migliore che si potesse fare al momento.
Grazie ed arrivederci.