Affettività

Buonasera! Vi scrivo perché, in un documentario in tv, ho scoperto una cosa che può legarsi forse ad una mia condizione psicologica che, tutt’oggi, non ho chiara.

Alla fine dell’800, un professore della Columbia University di New York, il dottor Holt, scrisse un libro che influenzò gran parte della popolazione americana, in questo libro spiegò che i bambini, dalla nascita e per i primi anni d’età, non dovevano essere coccolati e non bisognava mostrare loro affetto, perché altrimenti sarebbero cresciuti viziati e deboli. La società ascoltò i consigli di questo dottore, gli effetti furono devastanti, negli anni successivi ci fu un picco di morti per marasma tra i bambini, la comunità scientifica diede la colpa a questa tendenza e, pian piano i genitori tornarono a dimostrare affetto ai loro figli, i risultati furono un’improvviso e costante calo delle morti tra i bambini.

Perché vi ho raccontato questa storia?
Ho sempre avuto un dubbio: il bisogno di affettività da parte degli altri, il desiderio di essere amati, coccolati, rispettati, apprezzati, ammirati, l’idea di avere tante persone vicino che ti vogliono bene e ti sostengono, gli abbracci, i baci... tutte queste cose, sono un BISOGNO o un capriccio?

Vi spiego, ho conosciuto un mental coach (ovviamente non era un dottore, né psicologo) che affermava che i bisogni e le pretese non sono mai innate, sono cose assolutamente negative, e che nessuna pretesa, nessun bisogno è giustificato, in quanto entrambi nascono per coprire delle mancanze. Inoltre, non abbiamo bisogno di nulla per essere felici, in quanto la felicità è uno stato mentale e quindi non dipende da fattori esterni (quindi neanche dall’affettività degli altri).

Io sono sempre stato titubante su queste idee, e devo ammettere che io stesso, da adolescente, sono molto bisognoso delle attenzioni e dell’affetto degli altri, anche se non lo do a vedere, ma in un certo senso tutti lo siamo, tutti vogliamo essere amati dagli altri.
Soprattutto con l’avvento dei social si è potuto vedere quanto, soprattutto tra gli adolescenti, questo bisogno diventi addirittura morboso.

Allora mi chiedo, considerando addirittura le morti di bambini piccoli per mancanza d’affetto... l’affetto è un nostro bisogno innato o un capriccio che, con la giusta cultura, potremmo anche non desiderare (o almeno non reputare fondamentale)?
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66

Gentile utente,

Non conosco questo Holt,
ma abbiamo un maestro della psicologia,
John Bowlby,
che, per lavoro,
entrò in contatto con bambini disturbati,
le cui difficoltà attribuì alla loro infanzia affettivamente infelice e frammentata.
Da qui sviluppò la "teoria dell'attaccamento", che è di riferimento.

Lei,
sulla base delle esperienze personali, afferma:
"tutti vogliamo essere amati dagli altri."
Sì, è così.
Ma con caratteristiche differenti nelle fasi evolutive.

Da appena nati, non è un desiderio,
bensì un "bisogno" assoluto, pena la sopravvivenza.
Diventando adulti,
può diventare un "desiderio"
per il quale si pagano certi "prezzi"
ma non la perdita della propria identità,
come ad esempio accade nella "dipendenza affettiva".

Saluti cordiali.


Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Capisco, molto interessante!

Certo, la dipendenza affettiva è una situazione estrema, ma che comunque secondo me non è un bisogno di affettività, bensì un modo per colmare un vuoto che nasce da altro e ha radici più profonde...

A questo punto, la mia domanda è: una persona perfettamente sana, consapevole, che sta bene con sé stessa, può provare il bisogno di essere amata e apprezzata dagli altri? (Bisogno non inteso come qualcosa che se non si soddisfa uccide, ma come uno dei desideri su cui fondiamo il nostro percorso di vita).
Oppure è sempre qualcosa che ha del patologico, inteso come un vuoto, una mancanza ecc... ?

In effetti, personalmente, l’essere amato e apprezzato dagli altri è tra i pilastri su cui fondo la mia vita, insieme a: sviluppare una sicurezza identità e consapevolezza di me stesso; crearmi un futuro con un lavoro che mi appassiona e mi stimola (il mio sogno è essere musicista, infatti studio musica); essere libero e girare il mondo visitando posti nuovi e incontrando sempre persone nuove.

Ecco, che tra questi pilastri ci sia anche la volontà di farsi amare e apprezzare, che si manifesta ogni giorno, nel prepararmi bene prima di uscire, nelle foto che pubblico sui social, nel modo in cui mi relaziono agli altri ecc...
È qualcosa di sbagliato o di normale?

Va comunque detto che se ad esempio una persona comincia a disprezzarmi e ad allontanarsi, per me non è più di tanto un problema finché ce ne sono altre (a differenza di altri che possono stare malissimo anche per una singola persona), il problema si porrebbe se invece cominciassero a disprezzarmi e allontanarsi in molti, non è mai successo ma riconosco che se succedesse sarebbe devastante.
C’è qualcosa di patologico dietro tutto questo?
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
"..C’è qualcosa di patologico dietro tutto questo?.."

Come mai Le è sorto questo dubbio?
Dalla Sua mente,
oppure da esperienze accaduteLe?
[#4]
dopo
Utente
Utente
Il dubbio mi è sorto dalle parole del mental coach, in un corso online gratuito, che cominciai a seguire semplicemente perché lo ritenevo interessante e utile: in generale ha detto tante cose che hanno cambiato le mie convinzioni profonde, ha insistito molto sul fatto che la nostra felicità non dipende (e non deve dipendere!) dall’esterno, ma è solo uno stato mentale che dipende dai nostri pensieri.
E che spesso è la nostra cultura che ci spinge a pensare che abbiamo bisogno di qualcosa all’esterno per essere felici (bellezza, fama, soldi, successo e così via...).
Su questo sono d’accordo, ma penso ci siano dei limiti, come appunto il bisogno all’affettività che penso sia innato. Ma sono ancora confuso su questo aspetto...
Tra l’altro so anche se, in momenti intimi, come un abbraccio, un bacio o oltre, il corpo riceve una scarica di dopamina, quindi in un certo senso è come se il corpo stesso richiedesse questo stato, o sbaglio?

Non vi nascondo che, a volte, in situazioni in cui mi accorgo che mi sto preoccupando di farmi apprezzare dagli altri, o sto valutando che opinione si sono fatti di me, o anche sto cercando di trovare la foto più bella da pubblicare sul social mi chiedo “Non è che sto facendo dipendere troppo la mia felicità dagli altri?”.
Ma subito dopo penso che alla fine sia normale cercare di essere apprezzati e amati dagli altri.

Però questa storia mi sta portando un po’ di confusione, poi vabbé col tempo ho smesso di farmi queste domande, ma ieri vedendo quel servizio in tv mi è ritornata in mente la questione e così ho posto la domanda qui su Medicitalia!
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66

Gentile utente,

mettere la propria mente "nelle mani" di chi non ha titolo per prendersene cura,
che siano mental coach, counselor, ecc.,
cioè figure non previste (e regolamentate) dalla normativa italiana,
porta frequentemente conseguenze negative.

Il problema ora non è tanto quello citato dal titolo,
piuttosto che questo interrogativo diventi per Lei un pensiero "fisso".
Ma Lei sta cercando di porvi rimedio,
ripetendosi che
"... alla fine sia normale cercare di essere apprezzati e amati dagli altri. "

Stia sereno.