Isolamento sociale - insoddisfazione

Gentili dottori, grazie anticipate per la disponibilità gratuita. Ho 23 anni, e sento di non avere controllo su me stesso e di conseguenza sulle mie ambizioni, sui miei progetti.. sulla mia vita. Cercherò di non attribuire alla mia condizione elementi esterni: Come l’atmosfera nevrotica che vige in famiglia e l’impossibilità di comunicare efficacemente con i miei. Non mi capiscono, e ad aggravare la quotidianità c’è che lavoro in una ditta individuale con mio padre. Ma credo di essere già approdato sul piano della compassione, non provo più astio, non è colpa loro; ma non sono disposto ad assecondare la loro nevrosi per una questione di egoismo. Per cui non aggiungerò altro e mi concentrerò ‘sul mio’ ammenochè non me lo chiediate a fini utilitaristici di valutazione. Al momento ho pochi interessi, e trascorro le mie giornate tra casa e lavoro. Per l’esattezza tendo a procrastinare ( Es. ‘Domani riprendo ad allenarmi’.. ‘Devo dormire meglio e di più’ ), non riuscendo a mantenere le promesse che faccio a me stesso, che per logica contribuirebbero a migliorare la mia condizione. Il punto è proprio questo, razionalmente ho la coscienza di capire cosa andrebbe fatto, o comunque cosa potrei iniziare a fare, ma alla fine non lo faccio. Sicuramente ho poca energia, poca motivazione, pochi stimoli. Non ho amici, ma per scelta. Fino a qualche tempo fa frequentavo una comitiva, con cui poi ho litigato per differenza di valori. Non condivido i valori standard di questa società, e se la ragazza di un conoscente, che differenzio nettamente da un amico, ci prova con me.. non ho scrupoli ad andare fino in fondo. E non mi sento in colpa. Forse l’unica colpa che ho avuto è stata manifestare troppo sfacciatamente la mia natura monogama ed umana, non sopprimendo l’istinto a causa della famigerata morale. Sono costantemente a contatto con gente per il lavoro che faccio, ma non ho persone con cui condivida passioni e svago. Gli unici rapporti umani che ho sono di dovere in sostanza. Non ho paura di essere, o restare solo. E’ la conseguenza della solitudine che mi spaventa. Il capodanno in casa, il sabato sera, le vacanze.. occasioni che è bello condividere. Non so se sia giusto attribuire la mia infelicità ai suddetti problemi, lavoro e relazioni. Per questo vi chiedo un parere, che possa aiutarmi a capire qual è la direzione verso cui spingere. Non ho pensieri svalutanti verso me stesso, anzi, mi arrogo di pensare di poter essere un uomo in gamba. Ma sono bloccato, vado avanti quasi per inerzia. Sperimento noia, monotonia e scarsa audacia. A volte penso che un cambiamento netto possa aiutarmi. Se improvvisamente mi trovassi protagonista di 'una grande causa'. Ma come faccio a sapere che sia cosi; che non si tratti di un problema emotivo che dopo mille sforzi fittizi resterebbe intatto, e che avrei potuto risolvere prima agendo con più criterio. Se penso al passato mi sono dimostrato di avere qualità, non mi sento inutile.. eppure! Buona giornata a tutti.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Mi sembra di capire, caro utente, che il problema attuale sia la stagnazione della sua vita, arenata su attività, relazioni, abitudini e pensieri sempre uguali e rinunciatari. Situazione poco adatta ad un giovane, che dovrebbe essere lanciato alla conquista del mondo, una specie di cavaliere alla ricerca del Graal, e invece, come si suol dire, si ferma alla compiaciuta e monotona contemplazione del proprio ombelico. Inoltre, lei sembra scambiare questo guscio per una specie di saggezza, interpretando le sue perdite come guadagni e accrescendo una confusione che le preclude ogni sbocco. Per farle un esempio, dice di aver manifestato "troppo sfacciatamente la mia natura monogama ed umana, non sopprimendo l’istinto a causa della famigerata morale". Be', un monogamo è perfettamente allineato con la morale corrente; invece lei tende ad accettare le offerte della ragazza di un conoscente... e la sua monogamia, se queste avventure si ripetono, dove va a finire? Ma soprattutto, dove va a finire la simpatia, l'affidabilità, l'amicizia delle persone nei suoi confronti? Quanto ai suoi genitori, non sembra che provi per loro né simpatia né stima, e tuttavia lavora nella "ditta individuale" di suo padre. Direi, caro utente, che la lettera che ci ha scritto è un campanello d'allarme. Evidentemente lei non è soddisfatto dell'attuale situazione, e in fondo sa che il colloquio diretto con uno psicologo esperto di problem solving è la strada per uscire dalle sabbie mobili. Con molti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com