Il mio malessere, perché

Ho 22 anni, in realtà 23 compiuti da poco ma non mi sono ancora abituato all'idea e forse non mi interessa nemmeno. Cerco con poche parole, si fa per dire, di spiegare il mio malessere, perché di questo si tratta.
Tempo fa (circa 4 anni) l'idea di togliermi la vita non si era mai presentata, ero ancora un bambino probabilmente e non riuscivo a realizzare la mia realtà, ero per così dire ancora in un mondo fatato.Più passava il tempo, più un profondo senso di angoscia e soffocamento pervadeva la mia mente. Io non ho mai avuto particolari problemi familiari o personali sia chiaro, non ho nulla contro i miei genitori o contro le persone che ho incrociato lungo la mia vita, di loro conservo un ricordo, non riesco a definirlo bello ma di certo non è nemmeno qualcosa di brutto è un ricordo, punto. Aldilà di questo, dentro di me un dolore sottile e bastardo ha iniziato piano piano a pulsare e piano piano tutti i vari paletti che mettevo venivano meno, una volta non avrei mai pensato di farmi falciare da un treno, volevo almeno lasciare un corpo su cui piangere ai miei genitori, ora è sparito anche quel presupposto, sarei disposto a tutto pur di farla finita. La costante sensazione di vuoto, l'incapacità di trovare il mio ruolo in questo mondo, il profondo senso di soffocamento che provo guardando al futuro e vedendomi li... 8 maledette ore al giorno per 40 anni della mia inutile vita a fare sempre e solo l'altrettanto inutile lavoro che svolgo, tutto questo non ha fatto altro che spingermi verso un punto di non ritorno sempre più oscuro. Ormai sono incapace di provare emozioni, i sentimenti nella mia vita sono scomparsi, allontano le persone che manifestano interesse verso di me e mi concedo pur di provare un qualcosa, incontri occasionali non protetti che puntualmente rinnego, ho provato droghe, ho provato ad inibire questo dolore con alcolici ma nulla, dentro di me rimane sempre e solo nulla, sempre e solo un pensiero fisso la morte. Dovrei essere orgoglioso dei miei risultati, mai una mossa fuori posto, laureato, ben retribuito, circondato da persone che mi vogliono bene e che continuano nonostante il mio stato attuale a rendermi partecipe di qualsiasi cosa... Eppure quel maledetto senso di nulla è l'unica cosa che riesco a percepire, sembro anestetizzato, il silenzio delle mie emozioni si fa sempre più assordante e non lo sopportero' ancora per molto, ormai la situazione è diventata insostenibile, la morte di persone come mio nonno, il mio migliore amico, non mi suscitano nessuna reazione o pensiero, non posso vivere una vinta da sordo emozionale. Il sipario sta per calare.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Caro ragazzo, già un anno fa le fu suggerito da queste pagine di iniziare un percorso psicologico e la sua risposta, in APPARENTE contraddizione con il vuoto di emozioni che la sta lacerando, fu: "Ci avevo già pensato in passato, ma la 'paura' è molta". Parlo di contraddizione "apparente" tra il silenzio emotivo e la paura di aprirsi, perché all'occhio clinico non sfugge il carattere di analgesia volontaria che lei ha attuato sui suoi sentimenti, forse fin da piccolo, certamente quando perseguiva l'autocontrollo espresso dalla sua frase "mai una mossa fuori posto", e in seguito nell'effrazione violenta dei vincoli del suo crudele super-io tramite alcool, droga, sessualità dissennata. Anche il ricorrente richiamo alla morte del nonno, non a caso definito "il mio migliore amico", apre scenari di una volontaria inibizione dei sentimenti, che si accompagna probabilmente a tutta una costruzione della realtà accettata e imposta, non elaborata autonomamente. Dire di più da queste pagine sarebbe inopportuno e fuorviante. Rinnovo l'invito a cercare un terapeuta col quale imparare a sciogliere il nodo delle convinzioni che paralizzano il suo vissuto emozionale, precludendole il piacere di vivere. Con infiniti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Dr. Alessio Congiu Psicologo, Psicoterapeuta 83 6 16
Gentile utente,

quello che lei descrive sembrerebbe un intenso vissuto di apatia, ossia la completa perdita di interesse per quell’insieme di attività che un tempo si associavano ad emozioni più piacevoli o comunque ad esperienze dissimili da quella di vuoto che starebbe vivendo in questo momento. Tale vissuto, unito al pensiero ricorrente di suicidio da lei descritto, orienterebbe un qualunque clinico verso un possibile inquadramento di depressione.

In gergo clinico, per "depressione" si fa solitamente riferimento all'Episodio Depressivo Maggiore, un periodo di tempo circoscritto di almeno 2 settimane durante il quale la persona esperisce almeno 5 dei seguenti sintomi (di cui almeno uno dei primi due deve essere presente):

1) Umore depresso
2) Riduzione del piacere per la maggior parte delle attività quotidiane
3) Riduzione o aumento significativo del peso corporeo o dell'appetito
4) Riduzione o aumento del sonno
5) Agitazione o rallentamento nei movimenti
6) Senso costante di fatica e di assenza di energia
7) Autosvalutazione ed autocolpevolizzazione
8) Difficoltà nel pensare, nel concentrarsi o nel prendere decisioni
9) Pensieri ricorrenti di togliersi la vita

Il termine viene spesso utilizzato in modo inappropriato per indicare una condizione di svogliatezza, di tristezza, di stanchezza o di noia di breve durata. Ciò che tuttavia permette di differenziare tali comuni stati psico-fisici da uno stato episodico di depressione è l'intensità e la durata della sintomatologia. Un'altra importante distinzione è da compiersi a livello diagnostico tra l'Episodio Depressivo Maggiore e il Disturbo Depressivo Maggiore; nel primo caso la sintomatologia descritta di sopra può essere dipendente dalla presenza di un altro disturbo mentale (es., disturbo bipolare, disturbo psicotico), mentre nel secondo caso la sintomatologia costituisce la manifestazione clinica di uno specifico disturbo psicologico. L'Episodio Depressivo Maggiore che contraddistingue il Disturbo Depressivo Maggiore si accompagna a delle alterazioni nel funzionamento di quattro distinti sistemi neurobiologici:

1. Sistema affettivo
2. Sistema neurovegetativo
3. Sistema cognitivo
4. Sistema motorio

I cambiamenti che si manifestano in ciascuno di questi sistemi si associano ai sintomi riferiti dalle persone che sperimentano l'episodio di alterazione dell'umore: ad esempio, le alterazioni a livello del sistema affettivo si accompagnano a vissuti di tristezza e a sensazioni di vuoto emotivo, seppure in assenza di una chiara spiegazione; le alterazioni a livello del sistema neurovegetativo si associano ai disturbi del sonno, all'aumento/riduzione del senso di fame ed ad una costante stanchezza; le alterazioni a livello del sistema cognitivo si accompagnano ad un'attività di pensiero insolita e spiacevole, non sempre ricondotta al funzionamento del disturbo dalla persona che esperisce simili pensieri (es., "Non sono buona a far nulla", "E' tutta colpa mia", "Non merito di essere felice", "Sarebbe meglio per me farla finita"); alterazioni a livello del sistema motorio, che si associano ad un comportamento agitato o ad un rallentamento nei movimenti. Poiché la diagnosi può essere compiuta esclusivamente laddove si presentano sintomi evidenti dell’alterazione di ciascuno questi sistemi, ogni persona colpita da un Disturbo Depressivo Maggiore può sviluppare una combinazione di sintomi che nel suo complesso appare unica e che richiede un trattamento specifico tanto per il disturbo in generale, quanto per la manifestazione specifica di cui è affetta la persona.

Ora, ipotizzando che quanto lei stesse vivendo fosse meglio descrivibile all’interno di tale inquadramento concettuale generale – ipotesi che non potrebbe essere confermata senza che prima venisse compiuta un’attenta analisi del suo caso specifico, volta ad escludere (più che confermare) spiegazioni alternative –, potrà forse trovare utile scoprire che tale vissuto, per quanto angosciante e soffocante, presenta una durata limitata nel tempo. Ricerche compiute nel settore indicano infatti che la fase acuto dell’episodio depressivo maggiore presenta mediamente una durata compresa tra i 4-12 mesi; è stato inoltre stimato che solamente nel 6.6% dei casi gli episodi perdurino per un tempo superiore ai 12 mesi (Kessler et al., 2003). Tale durata è da intendersi in assenza di qualsivoglia trattamento farmacologico o psicologico. Ciò significa che, pur in assenza di trattamento, ci sarebbero alte probabilità che la sintomatologia da lei riportata andasse incontro ad una remissione spontanea. In tal ottica, l’intervento farmacologico o psicologico avrebbe la funzione di velocizzare tale processo e, aspetto di più grande rilevanza, scongiurare il rischio di compiere un comportamento suicidario. Durante la fase acuta dell’Episodio di Depressione Maggiore, infatti, il rischio di poter compiere un simile gesto estremo è sempre presente (APA, 2014) e non dovrebbe essere sottovalutato. Proprio in virtù di tale possibile rischio, pertanto, la inviterei a rivolgersi ad uno specialista che possa seguirla in modo più rigoroso ed attento nella gestione di questa delicata situazione.

Potrà forse essere di suo interesse essere informato circa le raccomandazioni che il sistema sanitario nazionale inglese suggerisce per la gestione, la valutazione e il trattamento del disturbo depressivo nell’adulto (NICE guidelines CG90, 2009). Le “NICE” sono state realizzate dai migliori professionisti presenti nel territorio anglosassone e racchiudono le più attendibili e recenti evidenze scientifiche sul trattamento per il Disturbo Depressivo Maggiore, come pure su altre forme di disagio psicologico; sono diffuse gratuitamente (in lingua inglese) sul portale https://www.nice.org.uk/. Personalmente, pur non condividendo completamente la maggiore importanza che le presenti linee guida attribuiscono a specifiche forme d’intervento psicologico (che presentano ciononostante il maggior quantitativo di evidenze scientifiche di efficacia sperimentale), chi scrive riconosce l’importanza di rifarsi con flessibilità a tali direttive, che dovrebbero essere lette per l’appunto come “linee guida” generali.



PER EPISODIO DEPRESSIVO DI INTENSITA’ LIEVE O MEDIO-LIEVE

Un intervento psico-educazionale unito ad una delle seguenti terapie psico-sociali a bassa intensità:

- Programma di auto-aiuto individuale guidato, basato sui principi della terapia cognitivo-comportamentale
- Terapia cognitivo-comportamentale proposta al computer
- Programma strutturato di attività fisica di gruppo

N.B: la farmacoterapia dovrebbe essere considerata una terapia di seconda linea per la gestione acuta dell’episodio depressivo di intensità lieve o medio-lieve, in virtù della scarsa efficacia che i farmaci antidepressivi offrono per questa condizione, essendo infatti maggiormente utili per la gestione del disturbo in adulti con una storia pregressa di depressione moderata o grave, o con sintomi depressivi sottoglia persistenti (es., 2 anni).


PER EPISODIO DEPRESSIVO DI INTENSITA’ MEDIA O MEDIO-GRAVE

Una terapia farmacologica a base di Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI) o una delle seguenti terapie psicologiche ad alta intensità:

- Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT)
- Terapia Interpersonale (IPT)

In aggiunta, possono essere presi in considerazione interventi psico-educazionali e socio-occupazionali per incrementare i fattori protettivi individuali


PER EPISODIO DEPRESSIVO DI INTENSITA’ GRAVE

La combinazione di una terapia farmacologica (SSRI) con una terapia psicologica ad alta intensità (CBT o IPT), unita ad un programma per la gestione delle ricadute




BIBLIOGRAFIA

APA (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Cortina.

Kessler, R.C., Bergiund, P., Demler, O., Jin, R., Koretz, D., Merikangas, K.R., Rush, A.J., Walters, E.E., Wang, P.S. (2003). The epidemiology of major depressive disorder: Results from the National Comorbidity Survey Replication (NCS-R). Journal of the American Medical Association, 289, 3095-3105.

NICE guidelines CG90. (2009). Depression in adults: Recognition and management. Available online: https://www.nice.org.uk/guidance/cg90.

Dr. Alessio Congiu
Psicologo-Psicoterapeuta
T. +39 345 465 8419
alessio.congiu@hotmail.it
alessiocongiupsicologo.it

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dopo
Utente
Utente
Buongiorno,
per quanto riguarda il consulto con un/una terapeuta, ho provato a, per così dire, "mettermi in gioco" ma ne sono rimasto profondamente deluso, purtroppo la maggior parte delle conversazioni che sostenevo, erano di una banalità disarmante e più parlavo con il/la terapeuta più mi rendevo conto che la situazione non suscitava in me nessun tipo di riscontro o interesse.

La durata di questo stato supera ampiamente i 4_12 mesi da lei sopra descritti.
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Dr. Alessio Congiu Psicologo, Psicoterapeuta 83 6 16
Gentile utente,

sono spiacente che l'incontro con un terapeuta non le abbia permesso di raggiungere gli obiettivi per i quali aveva richiesto una consulenza. In genere simili esperienze terapeutiche generano oltre che sconforto, anche rabbia ed indignazione/ indifferenza verso l'intera categoria. Più che comprensibile se quindi non appaia nelle sue intenzioni rivolgersi nuovamente ad uno psicologo. Lungi da me convincerla del contrario. D'altronde, come indicato nelle linee guida sopra citate, coloro per i quali valesse una diagnosi di disturbo depressivo potrebbero di certo avvalersi di una terapia farmacologica avente gli stessi effetti a breve termine delle terapia psicologica, che, andrebbe ricordato, presenta una migliore efficacia principalmente nel prevenire le ricadute depressive più che nella gestione della sintomatologica della fase acuta.

In merito alla durata del suo vissuto, prendo atto della sua esperienza in prima persona. In genere stime quali sono quelle che ho indicato nel commento si riferiscono alle medie estrapolate dagli studi compiuti del settore, che ho citato appositamente per una pubblica consultazione. Nel caso specifico, esse si riferiscono alla durata media dell'episodio depressivo acuto, ossia un episodio che soddisfa tutti i diversi criteri diagnostici proposti nel principale manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM). Diverso è il discorso che potrebbe essere compiuto per la sintomatologia cosiddetta "residuale", ossia il quantitativo di sintomi associati all'episodio depressivo che, presi nel loro insieme, non consentissero di apporre la pura e semplice etichetta di "Episodio Depressivo Maggiore" al vissuto riferito dai pazienti. Personalmente, concorderei con chiunque ritenesse tali sottigliezze superflue per le finalità cliniche, essendo il disagio pur sempre presente ed unico e vero oggetto di riferimento dell'intervento psicologico o farmacologico. Il rifarsi a tali stime esprime più che altro un umile tentativo di fornire i pochi dati presenti nella letteratura scientifica che non risentano di auto-referenzialità. Il rischio sarebbe infatti quello di mostrarsi esperti in una problematica vantando conoscenze non vissute in prima persona, quali potrebbero essere quelle esperite dal paziente stesso, in tal senso unico e vero specialista del proprio disagio.

Ciò detto, prevedendo ed accettando che qualsivoglia informazione da me fornita possa effettivamente non attirare il suo interesse, per i motivi più che comprensibili sopra riportati, le auguro di poter trovare effettivo giovamento qualsivoglia fosse il modo da lei pensato per ridurre il suo disagio.
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