Depressione?

Buongiorno cari dottori, parto con il dire che il semplice ritrovarmi su questo sito di nuovo, mi porta ansia, tristezza ed incapacità di ragionare razionalmente, anche se questo non sono mai riuscito a farlo davvero nella mia vita. Premetto che non ho mai scritto un consulto prima su questo sito, però avendo passato un periodo di forte ansia e ipocondria qualche anno fa, come ogni buon ipocondriaco, scrivendo in Internet trovavo questo sito, così mi capitava di tanto in tanto di leggere consulti, di cercare di capire se fossi solo io il problema o se altre persone come me avessero questo problema e mi sentivo anche molto meno solo, perché piano piano sono riuscito a capire che mi stavo rovinando la vita. Sono sempre stato molto ansioso fin dalle scuole medie. Così ho cercato di risolvere i miei problemi di ansia e ipocondria da solo, capendo effettivamente che non ero malato di tumore allo stomaco ogni volta che non digerivo e che non avevo un'emorragia cerebrale ogni volta che avevo mal di testa, o quando prendevo un colpo d'aria, ma che erano mie fissazioni, come quella della sclerosi multipla. E ho ricominciato a vivere, anche grazie a mia zia che è tornata dalla Corea, per aiutarmi, essendo lei stessa una psicoterapeuta. Qui mi spiego meglio, sono nato in Italia, in provincia di Milano e ho vissuto qui fino ai 15 anni, con la mia famiglia. Poi crescendo, non so come ma ho sviluppato un'intensa paura per la morte, il pensiero di non essere più niente, di non esistere, di abbandonare tutto da un momento all'altro, in particolare mia madre, con cui sono legato in modo particolare. Di lasciare la vita, ed è una paura che negli anni aumenta e che mi fa morire dentro. Non vivo più, non sono più felice, ho spesso attacchi di pianto, cambiamenti d'umore, ansia e chi ne ha più ne metta. Vivo con l'angoscia costante. Non voglio morire. Quando siamo tornati a vivere in Corea, mi sono reso conto della mia omosessualità e sono stato ancora più depresso, avevo paura. Ma la mia famiglia mi ha accettato e mi è sempre stata vicina. Ho ricominciato a vivere, a uscire, a crearmi un'interesse, una vita al di fuori della mia bolla di sapone. Ho anche iniziato a frequentare un ragazzo, ci siamo conosciuti a Seoul ed è ormai quasi un anno che stiamo insieme ed è sempre andato tutto bene tra noi, a parte alcune volte in cui litighiamo e magari non ci parliamo per giorni. Ma sono cose normali. La sua famiglia ha un buon rapporto con me. Comunque, circa un mese e mezzo fa, il mio ragazzo è partito per il servizio militare obbligatorio che noi purtroppo abbiamo ancora e io sono tornato in Italia per una vacanza e per non sentire troppo il distacco, perché rimanendo li ogni cosa mi ricorda di lui. Adesso sono qui e mi sento di nuovo depresso, mi sento come se dovessi morire, come se avessi paura di ogni cosa e non riesco a fare niente di buono o di utile. Ho paura di stare da solo, ho paura di morire da solo. Sono stanco di vivere così. Ho bisogno di aiuto.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 578 66

Gentile utente,

in questa situazione di malessere comprendo che senta bisogno di aiuto.

Lei aveva ".. cercato di risolvere i miei problemi di ansia e ipocondria da solo .." e poi con l'aiuto della zia psicoterapeuta,
ma le cose non funzionano così:
tra parenti non ci si può curare psicologicamente;
e "curandosi" da soli i sintomi possono scomparire ma solo per ... trasformarsi, oppure per tornare
di fronte alle prime difficoltà.

E dunque è proprio giunto il momento di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta finchè è qui in Italia,
ma di persona.

Non temporeggi, non attenda.
Presso i Consultori pubblici troverà valenti Professionisti.

Saluti cordiali.
Carlamaria Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buongiorno a lei,

comprendo che ritrovarsi su questo sito di nuovo le faccia vivere uno stato d'animo di ansia e tristezza, come se sentisse che certe ferite non si chiudono, e a volte fanno proprio male.
C'è una differenza però, questa volta ci ha scritto. Da semplice lettore ha deciso di parlare invece in prima persona, volendo aprirsi e approfondire di più il suo vissuto.
Se da una parte esprimere il proprio malessere ci porta ad ammettere che esso purtroppo c'è, da un'altra parte è un passo coraggioso e importante, è un atto di responsabilità che lei sente di voler fare chiedendo aiuto, non volendo più essere stanco di vivere così.

Il suo racconto è ricco di tanti aspetti e mi sembra che lei abbia il desiderio di aprirsi e di guardarsi dentro, cercando così la via per curare le sue ferite.
Ha parlato di ipocondria, di paura delle malattie, di paura di morire. Se da una parte si è concentrato su malattie fisiche, è anche vero che mi è sembrato delineare preziose sfumature interiori, affermando di avere paura di non esistere e di vivere un senso di abbandono. Di sentirsi infelice.
Credo che sia importante che possa approfondire questi suoi complessi vissuti, tra cui anche il trasferimento a 15 anni, se ho capito bene.

Mi chiedo se ci sia un nesso tra il timore di contrarre malattie fatali e la paura di non esistere come persona a livello esistenziale. Potrebbero essere l'espressione di un vissuto angoscioso comune, e penso sia fondamentale capirne in modo più profondo il senso.

Voglio dirle che sono contento di sapere che abbia potuto sentire vicina la sua famiglia riguardo la sua omosessualità. Quando si è reso conto della sua omosessualità, ci racconta di essersi spaventato. È quindi molto positivo che abbia voluto aprirsi e condividere il suo orientamento sessuale, sentendosi sostenuto.

Se da una parte ci parla del suo malessere, dalle sue parole mi sento di dire che trasmette anche una sua forza. La sua forza è nel suo desiderio di esprimersi, anche scrivendoci e parlando del suo bisogno di chiedere aiuto, cosa che non è così scontata.
La sua forza è anche nel sentire alcuni punti di riferimento fondamentali nella sua vita, la sua famiglia, sua zia, il suo fidanzato.

Mi sono chiesto se il suo vissuto di abbandono e di morte interiore non siano aumentati in questo periodo a causa della separazione dal suo fidanzato. Questo potrebbe avere riaperto in lei in modo significativo le sue ferite e i suoi vissuti angosciosi legati all'abbandono, alla paura di non esistere, alla paura di morire.

Da una parte la possibilità di valutare un lavoro su se stesso per prendersi cura di questi vissuti interiori, che si sono sviluppati da tempo, come lei sottolinea, è da tenere in massimo conto. Anche per non doversi fare carico di tutto da solo.
Dall'altra parte, il rapporto con il suo fidanzato, anche se in questo momento è lontano, è comunque presente. Vorrei incoraggiarla, la lontananza non spegne l'amore e, anche se le mie parole possono sembrare consolatorie, non dimentichi che un giorno lui tornerà.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori, grazie per le vostre risposte! Le ho trovate ricche di dettagli che soprattutto mi trasmettono qualcosa di veramente profondo e d'aiuto, per questo vi ringrazio e per l'aiuto che mi date.Ho avuto il coraggio dopo tanto tempo di chiedere aiuto, perché mi rendo conto che la vita è una sola e che io voglio godermi ogni giorno di questa vita e stare accanto alle persone che amo. Ho riconosciuto che i miei problemi forse dipendono dal fatto che nonostante io abbia avuto una vita felice, sempre completa e piena di amore e valori, ci sono stati dei cambiamenti. È vero, effettivamente sono Coreano, ma nato in Italia sono cresciuto come un ragazzo italiano a tutti gli effetti. Poi durante l'adolescenza mi sono trovato a dover cambiare la mia vita di punto un bianco. Ho dovuto imparare la mia lingua da zero, entrare in una nuova scuola, imparare nuove tradizioni, adattarmi ad un luogo nuovo, che non è poco. Capire la mia sessualità proprio nel periodo in cui avevo mille pensieri per la testa, lo stress, l'ansia, la paura. Forse queste preoccupazioni mi hanno fatto diventare così in un certo senso, ma io non voglio essere così. Non voglio andare a dormire avendo paura di non svegliarmi il giorno dopo, ogni notte, oppure di pensare che forse durante questi due anni in cui il mio fidanzato non ci sarà, a parte forse per le vacanze di Natale, qualcosa andrà male, che cambierà il nostro rapporto, perché noi non siamo solo fidanzati, siamo migliori amici, siamo una parte importante della vita l'uno per l'altro, il nostro rapporto, nonostante alcuni litigi normali, è sempre stato un rapporto molto bello, riusciamo a parlare di tutto, a condividere tutto, come le esperienze di vita, le paure, il voler stare insieme. Il voler conoscere un nuovo mondo insieme, fare esperienze, viaggi, insomma riuscire a creare una vita nostra insieme. Ma ho paura che questi due anni cambino le cose, o peggio, ho perfino paura di non sopravvivere per due anni, dato dalla paura di morire così costante e forte. Le mie più grandi paure sono la SLA, oppure essere portatore di un embolo nel cervello e che io possa andarmene dall'oggi al domani nonostante non sto male, a parte un po' di dolori al collo o la testa leggermente toppata per il raffreddore. Mi è tornata questa paura appunto un mese fa, due notti dopo che il mio fidanzato si è arruolato. Ho sentito un formicolio alla testa e da lì sono andato in ansia, anche perché poi facendo esercizio fisico, dato che quando sono a Seoul normalmente vado in palestra un giorno si e uno no, sono comparsi strani sintomi, ma sempre andati via poi, quindi nel mio subconscio so di non avere gravi patologie come tumori o emorragia, ma non so come ho tanta paura e quando se ne vanno i sintomi, inizia la paura, iniziano i brutti pensieri, bruttissimi. Insomma le mie ferite si aprono così e la mia mente le affronta in questo modo. Vorrei solo guarire e vivere davvero.

E grazie per la risposta di cuore, dottor De Sanctis.
[#4]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 578 66

Gentile ragazzo,

"....Vorrei solo guarire e vivere davvero..."

e anche noi glielo auguriamo di cuore!

Ma Lei dovrebbe prendere delle decisioni, in assenza delle quali è difficile "vivere davvero".

Chissà che le nostre parole non rappresentino una .. spintarella verso la scelta di farsi seguire.


Saluti cordiali.
Carlamaria Brunialti
[#5]
dopo
Utente
Utente
Un'altra cosa che vorrei aggiungere è che nella mia famiglia, a parte la sorella di mia mamma che è una psicoterapeuta, ho anche una zia che è la sorella di mio padre. La vedo solo poche volte, perché lei abita a due ore da Seoul, però mi fa male vederla sempre in quello stato. Quando andiamo a casa sua, dove vive con mia nonna, dice sempre di voler morire, di essere depressa, è diventata perfino anoerrisca. Beh, io ho paura di sentirle dire queste cose. Ci sono persone che vogliono vivere, come me per esempio è altre milioni di persone che pregano per un giorno in più e non concepisco come si faccia a voler morire. Se potessi, diventerei immortale. Poi spesso non mi preoccupo solo di me stesso, anzi. Ogni giorno sto male perché ho paura che la mia famiglia mi possa abbandonare, che succeda qualcosa al mio fidanzato adesso che sta facendo il militare. Insomma è un insieme di cose mi fanno stare veramente malissimo e reagisco in questo modo, ma sono davvero determinato a guarire da questo stato di ansia e depressione. Ho solo paura della paura, non voglio vivere la paura, ma una vita felice. E vo ringrazio per augurarmi di guarire e per le vostre parole, per me sono importanti, davvero tantissimo!
[#6]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 578 66


Credo che quanto si poteva fare per Lei di qui, on-line, sia stato fatto.
Il resto dipende da Lei.

[#7]
dopo
Utente
Utente
Certo dottoressa e la ringrazio per le risposte, più che altro spiegavo la mia situazione per cercare di parlare di questo problema, di tirarmi fuori questi sentimenti negativi e sono davvero grato di questi aiuti che mi avete dato. Probabilmente cercherò di farmi aiutare da qualcuno, contatterò qualcuno e spero di risolvere al più presto questo problema.

Vi auguro una buona giornata!
[#8]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Innanzitutto ci tengo a ringraziarla per le sue generose parole nei miei confronti. Mi sembra che il nostro dialogo abbia portato ad alcune riflessioni importanti, attraverso cui riesce a creare dei nessi tra i suoi vissuti interiori e la sua esperienza.

Sembra condividere l'esperienza del trasferimento come un momento critico, in cui deve imparare una nuova lingua e nuove tradizioni, penso di poter dire non per sua scelta. Si è dovuto ambientare rinunciando alle sue origini italiane, e proprio in questo momento sente il bisogno di ritrovarle, tornando in Italia. Lei dice che è tornato qui perché lì tutto le ricorda di lui. Questo senz'altro è vero, però ha anche scelto di tornare comunque in un luogo specifico, dove cioè ha vissuto una parte importante della sua vita, i suoi primi 15 anni. Non è andato altrove.

Mi sento di dirle che il trasferimento in sé, per quanto abbia comportato un grande cambiamento, può essere uno dei molteplici aspetti che devono essere approfonditi, non l'unico. Anche vivere la sua sessualità, e aggiungo accettarla, sembra essere stato fonte di disagio. Così come ora lo è la partenza del suo fidanzato che si è arruolato. Eventi che, come sembra anche lei dire, provocano un carico emotivo e un dolore psichico che attivano quei brutti pensieri su di sé. Lo dice emblematicamente qui: "Le mie ferite si aprono così e la mia mente le affronta in questo modo".

Possiamo dire che i cambiamenti possono implicare delle perdite ovvero qualcosa che "muore". E questo fa paura e a volte è difficile da accettare. Forse per questo motivo, seguendo le sue riflessioni, la sua mente le affronta in un certo modo.
Ma non dimentichi che non tutte le perdite sono definitive. E lei ha in parte un ruolo attivo in tal senso, che dipende anche dal suo modo di affrontarle. Per esempio, come accennavo precedentemente, potremmo riflettere sul fatto che magari sta ritrovando una parte di sé qui in Italia, che non ha perso completamente andando in Corea. Come se avesse desiderio di ricordare a se stesso che il cambiamento del trasferimento non lo subisce e basta, anzi può ritrovare la sua Italia fuori e dentro di sé. Non l'ha persa.

Così come la separazione dal suo fidanzato, anch'essa è transitoria, è una perdita temporanea, anche se difficile. Senz'altro due anni non sono pochi, magari mi auguro che possiate vedervi più spesso del previsto, e certamente dovete essere forti. Le sue paure sono comprensibili, e il suo dolore anche. Non sia però pessimista, anche perché mostra la forza e la determinazione, nonché un desiderio intenso di voler affrontare le difficoltà senza soccombervi, e "vivere davvero".

Il vostro legame, d'altronde, è davvero speciale e raro. E posso facilmente immaginare che anche lui senta la sua mancanza, come la sente lei.
Penso che la descrizione della sua coppia sia una testimonianza importante anche per chi sta leggendo questo nostro consulto. Le sue parole sono un esempio d'amore per tutti. Un esempio commovente di una relazione che mostra passione, condivisione, desiderio di esplorazione e crescita, incanto.

Un saluto sincero,
Enrico de Sanctis
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