I terapeuti spesso mi hanno deluso

Non voglio farla troppo lunga e riassumo tutto qui: ho 44 anni, sono vergine, ho un serio problema andrologico e soffro di depressione da molto tempo. Ho fatto ca 20 anni di terapia e ho cambiato tre terapeuti. Non posso dire che la psicoterapia non mi sia servita, in fondo se sono ancora vivo e non mi sono tolto la vita è anche grazie alla terapia, sebbene il merito maggiore lo attribuisca ai farmaci antidepressivi che assumo da molto tempo. Purtroppo la mia fiducia nella psicoterapia è scemata col tempo: quando iniziai ero molto fiducioso, ma con gli anni mi sono reso conto che la psicoterapia per me è poco più di un palliativo, nel senso che non ha prodotto cambiamenti significativi nella mia vita, soprattutto non ha scalfito quasi per nulla la mia chiusura verso il mondo femminile. Al di là dei problemi oggettivi che si sono presentati, sono rimasto deluso da alcuni interventi/comportamenti dei terapeuti, in particolare delle due terapeute donne che mi hanno seguito negli ultimi 15 anni. Soprattutto mi sono rimaste impresse alcune parole, che, dette dal terapeuta, per giunta donna, hanno minato la mia già fragile autostima. Ad esempio una delle due terapeute, un giorno mi disse che "in effetti il problema andrologico che hai, ho visto che sta creando problemi nelle relazioni tra coppie che sto seguendo in cui l'uomo ha la tua stessa malattia". A me sembra una bella idiozia da dire ad una persona che già è terrorizzata di suo dall'eventualità di avere una relazione. L'altra terapeuta l'anno scorso mi disse "ma come, non hai mai baciato una ragazza?" con uno stupore che dentro di me mi ha fatto pensare di esser una specie di strana bestia, più unica che rara, una specie di caso clinico irrecuperabile. Un'altra volta, mentre parlavo della deformità del mio pene, la dottoressa mi ha detto "col problema che hai dovresti cercare maggiore conforto nei tuoi amici, invece di chiuderti": di fatto mi è sembrato come se mi dicesse "col problema che hai, invece di provare a cercarti una compagna, sarebbe il caso che curi le tue amicizie perchè sono le uniche relazioni che ti puoi permettere". Insomma questi (e altri) interventi, non hanno fatto altro che allontanarmi dall'obiettivo per cui sono andato in terapia e cioè costruire una relazione con una donna senza essere giudicato e senza la paura bloccante di essere abbandonato a causa dei miei problemi di salute.
La mia domanda è se sono io che nutro speranze vane che la terapia possa risolvere i miei blocchi, o se i terapeuti mi stiano facendo capire di non farmi illusioni, di accettare la mia condizione per quanto dolorosa. Le loro parole infatti spesso mi sembrano ostacolanti e quasi irritate nei miei confronti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
" Le loro parole infatti spesso mi sembrano ostacolanti e quasi irritate nei miei confronti."

Gentile Utente,

senz'altro le parole possono ferire e uccidere; non a caso qualcuno dice che le parole sono pallottole.

Però il suggerimento che io voglio sempre dare sia qui sia nel mio studio è di utilizzare bene la terapia e mi riferisco al fatto che il paziente DEVE sentirsi libero di porre tutte le domande che vuole e di chiedere ciò che serve, senza temere di sentirsi ripetitivo o di porre più volte le stesse domande.

Io, se fossi stata al Suo posto avrei problematizzato tutto ciò che Lei ha riferito qui direttamente in seduta. Perchè è vero, c'è una bella differenza nel dire "Come mai non hai mai baciato una ragazza?" o "Non hai mai baciato una ragazza?" (usando anche un determinato tono NON giudicante) e chiedere invece ciò che Lei ha riportato.

Vero è che talvolta le nostre ferite ancora sanguinanti devono essere prima curate, altrimenti fanno malissimo, quindi ipotizzo che anche un tono non giudicante o la formulazione diversa della domanda probabilmente l'avrebbero ugualmente ferito o messo a disagio, ecc....

In ogni caso, il pz NON deve subire ciò che il terapeuta dice: il terapeuta pone delle domande, propone ipotesi, ma insieme possono essere smentite queste ipotesi.

Con i limiti del consulto on line, io credo che sia mancata proprio una fiducia di base con i terapeuti, un allearsi contro la sofferenza.

Posso farLe una domanda un po' delicata? Lei crede che qualcuno possa davvero capire la Sua sofferenza?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Buongiorno,
ci scrive per la stessa terapeuta per la quale le risposi io recentemente?

https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/575703-forse-sono-un-caso-irrisolvibile.html


Talvolta, quando si vive attanagliati dalla paura, e dalla paura del cambiamento, qualunque frase, parola, oppure espressione del viso viene interpretata in maniera offensiva.

Sarebbe più utile che lei chiarisse con il clinico che ha il piacere di averla in cura, piuttosto che scrivere on-line, perché in tal modo qualunque fraintendimento può diventare veramente una risorsa per il vostro percorso.

Cambiare sempre terapeuta, è il modo migliore per non curarsi mai davvero.

È ancora seguito da un andrologo?
Che tipo di indicazioni cliniche le ha dato?
Cosa ha fatto per risolvere tale problematica?

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Se qualcuno davvero può capire la mia sofferenza? Penso che nessuno possa capire veramente la sofferenza di qualcun altro, nel senso che ogni persona ha la sua storia e nemmeno il terapeuta più bravo potrà mai capire del tutto la sofferenza di un altro individuo. Nel mio caso però, penso che sia ancora più difficile, o almeno mi sembra, perchè è una situazione molto bloccata negli anni e anche rara e quindi può pure essere che i terapeuti non siano così pronti a casi simili. Rimangono molto stupiti: in fondo la domanda della terapeuta era proprio di stupore giudicante. Non so se dipenda anche dal fatto che sia una donna e magari non riesce a capire come viva questa mia condizione da uomo. Purtroppo in seduta non riesco facilmente a problematizzare questi aspetti, perchè noto sempre un atteggiamento di difesa dall'altra parte. Quando andavo da un terapeuta uomo in effetti era un po' diverso, magari non mi capiva nemmeno lui, ma questo atteggiamento di difesa non lo vedevo. La scelta di andare da terapeute donne era però dettata dalla convinzione che potessero anche passarmi la figura di donna non giudicante e comprensiva. Però è avvenuto solo in parte e quello che mi è stato restituito è un atteggiamento ambivalente. Per la dottoressa Randone: il problema andrologico lo sto curando molto e anche lì ho cambiato diversi professionisti, ma i risultati non sono soddisfacenti: di fatto non c'è una vera cura, ci sono tentativi di cure (e li ho provati quasi tutti). Sì la terapeuta di cui parlo è la stessa dell'altro consulto.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

mi permetta una considerazione generale. Non è così sbagliata l'idea che una persona potrà capirmi solo se davvero è passata per la stessa esperienza. Su questo, almeno in parte si basano i gruppi di auto e mutuo aiuto. Ma ritengo sia vera entro certi limiti questa affermazione.

Siamo tutti esseri umani, pazienti e terapeuti e quindi certamente possiamo comprenderci da un punto di vista umano.

Il problema sta nel fatto che a volte è la relazione terapeutica che non funziona. E per problematiche come la Sua mi pare che sia davvero fondamentale che la relazione terapeutica possa funzionare bene.

Ma vorrei anche spronarLa a portare questi argomenti in terapia, in modo da ricevere aiuto. Infatti, non parlaimo di aspetti secondari o banali, ma di aspetti centrali che possono dare precise indicazioni su di Lei, sul Suo rapporto con le donne, ecc...

Nessuno è diverso in terapia da come è fuori dalla terapia, anzi riporta le stesse dinamiche che devono essere guardate con attenzione con il terapeuta, comprese ed eventualmente modificate.

Cordiali saluti,
[#5]
dopo
Utente
Utente
Questi argomenti li ho portati spesso in terapia e non ho risolto un granchè. Le relazioni tearapeutiche hanno funzionato solo parzialmente perchè il mio stile di pensiero è analitico e critico. Individuo nelle parole del terapeuta immediatamente le contraddizioni e i ragionamenti che non mi convincono. Poi loro si risentono. Ma dentro di me, sono fermamente convinto che non avrò mai una relazione con una donna perchè i problemi oggettivi che ho li ritengo insormontabili. Sì, temo che la psicoterapia possa essere poco più di un palliativo ormai. Certo è un momento in cui parlo dei miei problemi con qualcuno, ma non ho particolari aspettative di cambiare la mia vita. Dopo più di 20 anni di sedute è così. Continuo ad andarci perchè tenersi tutto dentro mi fa stare male sia psicologicamente sia fisicamente.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

mi dispiace davvero molto per il senso di impotenza appresa che sente e che trasmette con le Sue parole quando scrive: "....dentro di me, sono fermamente convinto che non avrò mai una relazione con una donna perchè i problemi oggettivi che ho li ritengo insormontabili."

Senz'altro ci sarà qualcosa che non va bene nelle terapie che fa, ma la psicoterapia NON è mai un momento per parlare a ruota libera dei propri problemi, NON è uno sfogatoio, altrimenti basterebbe una persona chiunque per questo scopo.

Ma se Lei è addirittura "fermamente convinto" di non poter cambiare mai il Suo atteggiamento verso il problema, le relazioni, le donne, ecc... come può dire che sono i terapeuti a deluderla?!!! Certo, si capisce il senso di quanto scrive, ma su questo aspetto deve lavorare in terapia, cioè sulle convinzioni disfunzionali che non Le permettono di svincolarsi da certi comportamenti.

Mi spiego meglio. Se Lei ha una determinata convinzione, agirà di conseguenza e anche le Sue emozioni saranno congrue a ciò che fa e che pensa.

In altre parole, se Lei pensa che "dentro di me, sono fermamente convinto che non avrò mai una relazione con una donna perchè i problemi oggettivi che ho li ritengo insormontabili." agirà tenendosi lontano dalle donne, NON credendo in se stesso, non piacendosi e sentendosi tristem arrabbiato, deluso, non capito da nessuno (non solo dal terapeuta).

Consiglio? Ne discuta con il terapeuta nella prossima seduta, dicendo anche che tende ad analizzare .... troppo! :-)

Poi, se vuole, mi faccia sapere.

Cordiali saluti,
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Utente,
vent'anni di psicoterapia indicano che non si è avviato un processo di cambiamento che non riguarda lo stile di pensiero ma le modalità relazionali ed è proprio la relazione terapeutica lo spazio privilegiato all'interno del quale dovrebbe avviarsi tale processo.
Se ha affrontato invano le criticità che ci ha descritto senza aver superato l'impasse, questo inevitabilmente inquina l'alleanza terapeutica, proseguire in questa direzione significa disperdere energie.
Le consiglio vivamente di fare il punto della situazione con lo psicoterapeuta in modo da comprendere se è il caso di concludere il percorso.
Al di là del problema andrologico in tutti questi anni cosa è cambiato nel suo rapporto con l'altro sesso? Mi riferisco alla dimensione relazione in senso lato.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#8]
dopo
Utente
Utente
Riguardo a ciò che mi ha scritto la d.ssa Pileci mi voglio spiegare un po' meglio. Non sono deluso dai terapeuti in sè perchè non sono riusciti a risolvere i miei problemi, ma più che altro sono deluso dalla psicoterapia e dalla psicologia in generale perchè non hanno una soluzione ai miei blocchi. Quando iniziai la psicoterapia 20 anni fa ca. ero in effetti molto speranzoso. Però pensavo che i miei problemi si sarebbero risolti e non immaginavo di dover fare uno sforzo enorme su me stesso. In verità lo sforzo che ho fatto è stato solo normale o poco più che normale, probabilmente ci voleva qualcosa di veramente fuori dalla mia normalità e non c'è stato. Purtroppo era già una condizione difficile, ma quando mi è venuta la malattia andrologica la situazione si è praticamente compromessa. Negli ultimi 11 anni (da quando mi sono ammalato ai genitali) in effetti mi sono lasciato sempre più andare e ho abbandonato di fatto ogni velleità. In terapia ci andavo e ci vado ma ormai è più che altro uno sfogatoio, sì. Non riesco a dare alla psicoterapia un altro fine; è già qualcosa perché ovviamente mi sono molto isolato e almeno ho qualcuno con cui parlare di certe cose.
Per la d.ssa Camplone: negli ultimi anni, con il problema andrologico, le relazioni con le donne si sono raffreddate, direi pietrificate dal lato romantico, nel senso che con le donne mi capita di parlare di scambiare discorsi, ma non mi sentirei mai di invitare una donna a cena, per dire. Cioè non è contemplato l'aspetto sentimentale della relazione. Questo per la verità per me era difficile già prima della mia malattia, ma diciamo che ora è praticamente impossibile.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"In terapia ci andavo e ci vado ma ormai è più che altro uno sfogatoio, sì. Non riesco a dare alla psicoterapia un altro fine; è già qualcosa perché ovviamente mi sono molto isolato e almeno ho qualcuno con cui parlare di certe cose"

La psicoterapia è un percorso finalizzato a promuovere un processo di cambiamento e quindi non può eludere la necessità di affrontare convinzioni disfunzionali, resistenze da parte del cliente ma tutto questo non certo facendo opera di persuasione ma offrendogli concretamente l'opportunità di sperimentare modalità relazionali che si rivelino efficaci e gratificanti.
Non è accettabile né deontologicamente corretto trascinare un percorso nel quale si continua a "girare in tondo" e quindi non c'è alcuna evoluzione.
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dopo
Utente
Utente
D.ssa Camplone, capisco la sua obiezione, però l'alternativa quale può essere? Cambiare terapeuta mi sembra inutile, perchè ne ho già cambiati 4 o 5 in vita mia e non ho risolto miei blocchi. La terapia mi è necessaria perchè non di rado ho momenti di sconforto che ritengo anche pericolosi per la mia incolumità: mi vengono pensieri brutti... Non parlare con nessuno di queste cose mi sembra una via rischiosa. È chiaro che mi piacerebbe risolvere le cose alla radice. Ma sono gli stessi terapeuti che mi hanno sempre detto che non hanno la bacchetta magica.
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