Ricadute durante psicoterapia

Gentili medici,

Sto effettuando psicoterapia presso ospedale dal Dicembre 2017; trattandosi di un servizio pubblico le sedute non sono strettamente settimanali ma possono essere anche distanziate tra loro di 10/15 giorni. Il motivo per cui mi sono rivolto a questo servizio è la cosiddetta ansia anticipatoria dovuta a qualche episodio di attacco di panico avuto durante l’anno precedente. Fino a qualche giorno fa sembrava che i miei attacchi di ansia che avevo soprattutto nella prima parte della giornata (ovvero fino ad ora di pranzo più o meno) fossero spariti, anche se è sempre rimasta quella specie di attesa che qualcosa potesse succedere, ma rimaneva comunque uno stato mentale che non dava sintomi fisici. È da qualche giorno che sono tornato a sperimentare stati ansiosi abbastanza forti con sensazione di respiro profondo, oppressione al petto, tachicardia, ginocchia che tremano, gambe e braccia deboli. La sensazione è quella di uno spavento improvviso insomma, senza la degenerazione in attacco di panico ma della durata di qualche ora con delle ondate che vanno e vengono. Se la sera esco può capitare anche nelle ore serali (agorafobia?), altrimenti è maggiormente caratteristico della mattinata! Sono tornate tutte le paure ipocondriache circa le mie sensazioni fisiche e anche un senso di scoraggiamento e rabbia per l’illusione di essere migliorato! In quei momenti sono bloccato sia fisicamente che mentalmente e non riesco a capire come far defluire l’ansia se questa stessa mi paralizza! Che cosa può essere successo?
Premetto che non assumo nè antidepressivi nè ansiolitici e non ho mai visto uno psichiatra. Il medico di base mi ha detto di prendere Tavor 1 mg al bisogno ma a me sembrerebbe di rovinare il lavoro fatto con lo psicologo!
Grazie mille in anticipo
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buon pomeriggio,

comprendo il senso di scoraggiamento e rabbia per il fatto che gli "stati ansiosi le paure ipocondriache" siano tornati. Non conosco nel dettaglio il lavoro terapeutico che sta svolgendo, è una cosa che può capitare.

Leggendo il suo racconto mi ha colpito un elemento importante, la cadenza delle sedute. Afferma di andare dallo specialista ogni due settimane circa, e mi sono chiesto se sente trascorrere troppo tempo tra una seduta e l'altra. Forse sentirebbe la necessità di una frequenza più ravvicinata?
Le pongo questa domanda perché, nel mio modo di lavorare, la frequenza delle sedute dev'essere intensiva. E mi sembrerebbe giusto se lei sentisse un'esigenza in tal senso.

Posso anche chiederle se in questo periodo estivo sta ancora andando dallo psicoterapeuta oppure ha interrotto le sedute?

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Innanzitutto grazie per la risposta così tempestiva!
Bè diciamo che nei momenti di maggiore sconforto, come in questo momento, sento il bisogno di parlare con qualcuno anche in maniera più assidua. Per esempio, quando l’altro ieri sono stato dal medico di base, sono entrato in uno stato abbastanza alterato e ne sono uscito molto più tranquillo; siamo stati 40 minuti a discutere di questi problemi quasi come se fossi in una seduta psicoterapica.
Ci sono state altre volte negli scorsi mesi che il giorno dell’appuntamento con lo psicologo ero svogliato rispetto all’andare! Sentivo come che non potesse far nulla di più per me.
Il percorso continua ma “a causa” delle ferie dello psicologo se ne riparlerà il 6 di Agosto! Può darsi pure che nel mio caso non abbia riscontrato una gravità tale da mettermi delle sedute settimanali.
Purtroppo, forse ancora non ho ben capito il collegamento tra i nostri dialoghi su lavoro, famiglia, amici, relazioni e la sintomatologia che provo...ci deve essere un nodo da qualche parte che non riesco a sciogliere, anche se ovviamente non si tratta di sedute di analisi! Quello che ho capito è che la mia ansia è nata allora e si alimenta ancora oggi della mia paura dei segnali del mio corpo, basta anche un formicolio!
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Mi sembrano cruciali le sue riflessioni. Può esserci un collegamento tra il suo malessere e il suo mondo interiore sì.

Un mondo che è caratterizzato da una complessità di elementi, che si sono formati nella sua storia e possono incidere nelle sue esperienze. Essi possono riguardare ad esempio l'immagine che lei ha di se stesso, un senso di fiducia e sicurezza in sé, lo sviluppo della propria autenticità, la possibilità di esplorare il mondo. E così via.
A volte ci sono dei nodi, come lei dice, o delle ferite, che si sviluppano e possono riguardare un senso di sfiducia, di paura, di diffidenza, di solitudine ad esempio. Vissuti ed emozioni che condizionano la propria esperienza esistenziale.

Per esempio quando parla di uno spavento improvviso, con un andamento significativamente oscillatorio, possiamo chiederci se non ci siano una paura intensa e un'incertezza, che non trovano una calma necessaria, ma riflettono una discontinuità interiore nella sua esperienza di vita.

Trovo coerenza tra questo mio pensiero e la tranquillità che ha sentito dentro di sé grazie alla presenza attenta del medico di base.

Forse non è un caso che si stia sentendo così in questo periodo. Emergono alcune sue ferite, sente che le sedute sono troppo diluite nel tempo. Inoltre il suo psicologo è in ferie e questo può amplificare i suoi vissuti più dolorosi, generando il suo malessere assieme a un senso di smarrimento e magari di vuoto interiore.

Come consiglio, posso dirle di contattare lo psicologo anche se è in ferie, se questo fosse possibile. Inoltre, nella prossima seduta del 6 agosto, gli parlerei dei suoi vissuti e del fatto che alcune volte sente troppo distanti le sedute.
Come le dicevo, valuterei l'importanza di aumentare la frequenza delle stesse. Essa non dipende dalla gravità, ma dal tipo di lavoro che si stabilisce di fare. Ed è possibile che nel servizio pubblico ci siano dei protocolli da seguire o un numero troppo grande di richieste rispetto alle risorse istituzionali.
In un consulto di novembre scorso, "Attacchi di ansia e di panico", aveva parlato perfino della necessità di prendere farmaci perché si sentiva "scoperto" per il fatto che avrebbe rivisto lo psicologo dopo una decina di giorni circa. Nel mio orientamento psicoanalitico, questo non è un dettaglio, non bisogna trascurare che dieci giorni sono tanti.

Inoltre, sento in lei una curiosità nel discorso psicoanalitico, è un tipo di intervento che avete valutato? Cosa pensa in merito?

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
dopo
Utente
Utente
Bè diciamo che da quello che ho capito informandomi anche su Internet la terapia cognitivo comportamentale aiuta a gestire gli attacchi e quindi agisce sul sintomo ed in breve tempo come arco temporale, mentre la psicoanalisi ripercorre la nostra vita cercando di trovare l’evento che ci ha provocato quella ferita anche molto indietro nel passato. Ma con lo psicologo non ne abbiamo mai parlato!
Quando si parla di ansia e di attacchi di panico come si fa sempre riferimento a questa energia che, rimanendo inespressa, si sfoga attraverso l’attacco, quindi il compito nostro sarebbe quello di convogliarla da qualche altra parte. Sembra come che sia un’opportunità per noi, per cambiare la nostra vita. Però il linguaggio che il nostro inconscio ci manda è rappresentato dai sintomi e proprio per questo non lo capiamo! A me l’attacco paralizza e fa fuggire, non mi fa essere di certo lucido e intraprendente. E a nulla serve l’esperienza, è sempre come la prima volta! A quel punto inizia il mantra: le analisi vanno bene, non dovrei svenire, non sono in pericolo di vita, ecc.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
I motivi per cui si vive uno stato di ansia o di panico possono essere diversi. A mio avviso è importante dare un senso ai sintomi, in modo tale da comprendere cosa sta accadendo, da poterli gestire e cambiare la propria vita.

Potremmo dire che i sintomi sono una manifestazione di parti inconsce che cercano di arrivare alla coscienza, di essere cioè ascoltate. Attraverso i sintomi noi abbiamo l'occasione di capire.
Quando dice che il compito è convogliare l'energia da qualche altra parte, potremmo dire sì, il compito è ascoltare e integrare nella coscienza ciò che prima era separato perché inconscio.

Afferma che l'attacco di panico la paralizza e la fa fuggire. Il senso di paralisi e la fuga non le consentono di trasformare la sua esperienza. Tanto che lei stesso dice giustamente che sente un senso di impotenza, non riuscendo a essere intraprendente. Seguendo la nostra riflessione, diventa importante non rifuggire il suo malessere, ma riflettere su cosa lo sviluppa in modo tanto intenso.

La saluto con una citazione molto nota di Jung. Vado a memoria: "Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita, e tu lo chiamerai destino".

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#6]
dopo
Utente
Utente
Grazie mille per la sua disponibilità e per la bellissima frase che ha citato!

Cordiali saluti,

Marco
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Grazie a lei per averci scritto e condiviso un brano della sua esperienza.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
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