Alzhaimer, e ospedalizzazione

Buongiorno,
Le scrivo per chiederle dei chiarimenti riguardo l'ospedalizzazione dei malati di Alzhaimer. In particolare le parlo di mia nonna, 89 anni in perfetta salute ma con questa presunta malattia. In breve era nella scala di valutazione e pregresso della malattia in posizione 5, alcuni conflitti familiari, ed in particolare la decisione del tutore (un mio parente stretto) é stato deciso di ospedalizzarla in un centro idoneo alla ''cura'' e mantenimento delle persone affette. Mia nonna é sempre stata una donna un po ribelle, probabilmente anche per la sua malattia, il suo unico desiderio era quello di rimanere a casa sua, molto attiva, camminava anche per 2 chilometri al giorno, appena sveglia faceva ginnastica per le gambe, detestava ogni anziano che camminava con il bastone, le scrivo tutto ció per arrivare al dunque ovvero, dopo il primo mese di ospedalizzazione in cui ci é stato vietato di telefonarle, e andarla a visitare (dicevano che era utile all'adattamento) siamo ora andati a trovarla ed ecco lo shock, a stento cammina, a stento parla,piena di tremori, non é piú testarda si lascia fare, ha lo sguardo perso nel vuoto, non riesce neanche ad aprire una caramella. Il medico dice che é passata dallo stadio 5 allo stadio 2. Parlando con dei parenti di altri ospedalizzati che avevano accesso alla struttura durante quel periodo a cui noi era stato vietato ci hanno raccontatto che ha fatto impazzire sia medici che infermieri e aiutati, era una ''ribelle'' voleva uscire, voleva tornare a casa sua, e come per magia dopo solo un mese il declino di tutte le sue facoltá,é possibile che le siano stati somministrati dei farmaci che l'hanno fatta crollare? Il fatto di averla ospedalizzata quanto puó avere influito nel suo decadimento cognitivo? Ho molte perplessitá...
Rimango in attesa di una sua risposta.
Saluti.
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Dr.ssa Marisa Nicolini Psicologo, Psicoterapeuta 132 6
Gentile utente,

esiste un generale consenso tra gli specialisti secondo cui l'ospedalizzazione, in ambiente adeguato, è l'ultima risorsa per familiari che non riescono più a far fronte alle numerose esigenze dei malati di Alzheimer.
L'ospedalizzazione di per sé, in quanto abbandono (o quanto meno sostanziale cambiamento) delle abitudini di vita, di un ambiente noto e rassicurante, di incontro con le persone cui si è affezionati, comporta per il malato un ulteriore motivo di perdita di punti di riferimento che, a sua volta, implica spesso un significativo decremento delle residue capacità del paziente.
D'altronde, sarebbe inutile e controproducente per i familiari farsi degli ingiustificati "sensi di colpa" se hanno optato, il più delle volte con dolore e fatica, per questa drastica decisione.
Sembra, piuttosto, dubbia la scelta degli operatori di staccare del tutto il paziente dalla sua storia affettiva pregressa isolandolo, almeno inizialmente, dai parenti che, pure, avrebbero potuto fargli visita, con la motivazione di un "più facile adattamento": non mi constano scelte simili in altre strutture analoghe, potrebbe essere utile conoscere la letteratura scientifica italiana e internazionale a sostegno di tale orientamento rispetto all'accoglienza.
Va sicuramente tenuto conto che la personalità forte, indipendente e "ribelle" (come da Lei definita) di Sua nonna può aver costituito (insieme alle modalità comportamentali peculiari di tale patologia) motivo di difficoltà di inserimento, che pertanto andava valutato e graduato di conseguenza.
Vi è stata data informazione preventiva del progetto terapeutico studiato per la nonna? Siete stati informati, o a richiesta vi vengono comunicate le cure fornite alla paziente?
Ritengo che Lei possa rivolgersi al medico di base di Sua nonna perchè si metta in contatto con i curanti dell'istituto in cui è ricoverata la donna al fine di ottenere tutti i chiarimenti del caso.
E' un diritto fondamentale del paziente, ed in caso di sua incapacità, dei parenti, avere informazioni chiare sul trattamento che verrà attuato, delle terapie in corso al momento, nonchè delle prospettive che è ragionevolmente possibile avere circa il decorso della malattia e relative azioni.
Le auguro di trovare le necessarie rassicurazioni circa la buona pratica attuata nei confronti di Sua nonna. In caso contrario ci ricontatti pure.
Cordiali saluti

Dott.ssa Marisa Nicolini, psicologa-psicoterapeuta
m_nicolini@virgilio.it
riceve a Roma e a Viterbo

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