Nuovo farmaco

Egregi dottori buongiorno. Ho visto che da qualche mese è stato messo in commercio Xanax a rilascio prolungato con dosaggi addirittura superiori allo Xanax diciamo tradizionale. Premetto che la mia è semplice curiosità, però gentilmente Vi chiedo, al di là appunto del lento rilascio, si possono considerare cmq uguali i 2 tipi di Xanax? Potrebbe sembrare una richiesta piuttosto insensata ma con una mia amica farmacista abbiamo confrontato lo Xanax tradizionale da 1mg con quello sempre da 1mg a rilascio prolungato e la forma delle pillole direi che è molto diversa in quanto la prima è piccolina di colore azzurro divisibile mentre la seconda appare tonda bianca e ben più grande. E anche i "bugiardini" hanno delle differenze: nelle indicazioni dello Xanax "prima maniera" chiamiamolo così, c'è scritto disturbo d'ansia, attacchi di panico con o senza agorafobia, mentre nel nuovo c'è solo l'indicazione attacchi di panico con o senza agorafobia.
Nel ringraziarVi per l'attenzione che porrete a questa mia domanda un pò anomala, resto in attesa di una delucidazione in merito.
Distinti saluti da un'utente appassionato di medicina.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

il primo xanax è concepito come un farmaco ad azione rapida e temporanea. Ha lo svantaggio di avere un certo potenziale di abuso, ma soprattutto di non essere adatto alla somministrazione continuativa, come del resto la maggioranza della altre benzodiazepine, perché usato in questo modo esaurisce il suo effetto ma soprattutto induce un peggioramento del controllo dell'ansia e una dipendenza psicologica.
Lo xanax a rilascio prolungato (e ritardato) è la stessa molecola con una diversa "cinetica", cioè dura di più perché è rilasciato più gradualmente, e questo lo rende più stabile e più proponibile per il trattamento non sintomatico ma curativo.
Esistono comunque già benzodiazepine che per loro natura hanno azione lenta e prolungata.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
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Egregio Dottor Pacini,
La ringrazio per la Sua risposta. Sull'uso spesso protratto per anni sulle benzodiazepine avevo già aperto un post tempo fà appunto perchè trovo che sia un'argomento, in base a tante testimonianze, controverso e allo stesso tempo un pò inquietante. Mentre Lei e altri Suoi colleghi del portale ne raccomandate un'uso molto limitato fino a sospenderle, ribadisco dottor Pacini che conosco persone che ne fanno uso da anni se non da una vita. Ho portato pure l'esempio di mia mamma che da più di vent'anni assume Lorazepam (Tavor) prescrittole a suo tempo da uno specialista psichiatra in seguito ad una sindrome ansioso-depressiva che si è presentata quando è entrata in menopausa e nonostante i controlli nel tempo, non le è mai stato detto nè di scalarlo tanto meno di sospenderlo. Quindi mi pare che sia un dilemma duro a "morire" e che differenzia, va a capire con che criterio, il modo di agire di un medico rispetto ad un altro.
Nel ringraziarLa ancora per la Sua disponibilità Le porgo i miei più cordiali saluti e ringraziamenti.
P.S.
Ah dimenticavo! Ha preso in considerazione l'idea di aprire uno studio qui a Verona?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

non è un dilemma. Le benzodiazepine hanno diverse funzioni, per alcune ha un senso l'assunzione cronica, per altre no. In particolare sono rimedi di pronto uso per ansia, sonno, agitazione. Spesso alla prescrizione non segue una diagnosi precisa. Solitamente la persona li assume almeno per qualche mese perché non sa di preciso cosa fare, ammesso che non sia stato precisato. Quindi quando dovrebbe forse pensare di sospenderli si è sviluppata a) assuefazione, problema minore; b) dipendenza psicologica, poiché il disturbo sottostante non è risolto e l'astinenza lo fa esacerbare, ragion per cui la persona crede di non poterne fare a meno, pena il peggioramento repentino dei suoi disturbi, da cui è spaventata. Alla fine una moltitudine di assuntori cronici vengono a visita riferendo esattamente i sintomi contro cui sono stati prescritti quei farmaci.
Alcuni di questi inducono attaccamento, cioè li si continua a prendere per un meccanismo di rinforzo che va al di là delle funzioni curative, oppure c'è il legame con la paura dell'aumento dell'ansia, che motiva l'assunzione abituale, specie negli anziani.

Alcune benzodiazepine invece sono proponibili per uso continuativo terapeutico, cioè conservano a lungo un effetto, e addirittura si utilizzano per curare la vera tossicomania da benzodiazepine, non frequentissima per fortuna ma possibile.

A Verona non saprei per il momento a chi far riferimento, non lo escludo. Se ha suggerimenti me li fornisca pure.

Saluti
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Utente
Utente
Egregio Dottor Pacini,
di nuovo grazie per avermi risposto com'è nel Suo stile: chiaro e schietto e questo Le rende onore.
In merito all'ultima frase, sull'ipotesi di aprire uno studio qui a Verona a cui Lei non sà al momento a chi far riferimento, oddio...io suggerimenti a tal proposito non ne ho; non sono medico anche se la materia mi ha sempre appassionato, però Le posso dire che qui, in fatto di cure psichiatriche siamo messi proprio male. Un'esercito di persone afflitte da ansia, attacchi di panico, depressione e quanto c'è di peggio, mal curati, non ascoltati o quando va bene, rimessi in carreggiata alla bell'e meglio. E se dico ciò dottor Pacini, non è per "sentito dire" o altro, ma perchè io purtroppo, ne sono la prova. Se avrà la benevolenza di ascoltare la mia storia, sarò ben contento di scriverglieLa.
Mi permetta prima di concludere, di metterci un pò di sana scaramanzia: ho visto che Lei esegue la Sua professione in 6 studi, beh questo a Verona sarebbe il settimo, e dicono che il numero 7 porti fortuna....
Cordialmente, con stima.
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