Il radioterapista mi ha detto che si può procedere ad una terapia ormonale anche

Gentili dottori, volevo chiedere un consulto per mio padre di anni 74. Nell’agosto 2006 a seguito di un aumento repentino del PSA (da 4 a 7.99 nel giro di un mese) è stato sottoposto a biopsia a 12 prelievi con diagnosi finale di adenocarcinoma intracapsulare della prostata T2a Nx Mx Glesoason Score 3+3 e volume prostatico 31cc.
A novembre 2006 è sottoposto a brachiterapia prostatica con infissione di semi di Iodio 125.
I controlli successivi hanno dato i seguenti risultati:
PSA 02/12/06 11,72 ng/ml
PSA 08/03/07 5.939 ng/ml
PSA 28/06/07 3.97 ng/ml
PSA 30/07/07 3.038 ng/ml
PSA 09/11/07 1.99 ng/ml
PSA 11/02/08 3.03 ng/ml
PSA 15/04/08 3.60 ng/ml

Il radioterapista ha dichiarato probabile una recidiva del tumore e a questo punto non potendo più eseguire un intervento chirurgico l’unica strada percorribile resta l’ormonoterapia. Ho prenotato per il 9 maggio una PET Colina per valutare la stadiazione del tumore e le eventuale metastasi.
Il radioterapista mi ha detto che si può procedere ad una terapia ormonale anche per molti anni (anche 8) e poi nel momento in cui subentri una farmacoresistenza dato il tipo di tumore e l’età avanzata il rischio di morire per un tumore alla prostata diventa trascurabile.
Documentandomi non ho mai sentito parlare di cure ormonali così lunghe e la mia paura maggiore e che la biopsia abbia sottostimato la pericolosità del tumore. Vi chiedo cortesemente un Vostro parere e una prognosi della malattia di mio padre. Grazie infinitamente Anna.
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Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
Carissimo,
convengo con il collega radioterapista che la segue che può essere possibile una ripresa di malattia. Il dato di +2ng/ML rispetto al minimo raggiunto(nel suo caso di 1,99ng/ML) può essere un valore per ipotizzare una possibile ripresa di malattia(definizione recente ASTRO). Ma, da quello che mi sembra, ancora questo livello di innalzamento non è stato raggiunto(dovremmo raggiungere circa 4 per concretizzare la ripresa di malattia, secondo definizione).
Comunque, al di là di queste considerazioni sulla definizione di ricaduta biochimica di malattia, concordo sull'utilità di una PET con colina per valutare se la ripresa è locale o a distanza.
Se fosse visibile la sede della ripresa di malattia, ad esempio aree linfonodali regionali, anche una radioterapia a fasci esterni sulle sedi attive(IMRT_TOMOTERAPIA)PETcolina guidata potrebbe essere utile ad un controllo locale e biochimico di malattia, congiuntamente ad un trattamento ormonale(nostro studio in atto).
Il problema della terapia ormonale invece è relativo non tanto alla durata. Se efficace, infatti, può protrarsi anche per molti anni con la possibilità di manipolare combinazioni diverse per periodi più o meno duraturi. Il reale ostacolo alla lunga durata è l'ormonoresistenza che sviluppano le cellule tumorali prostatiche, per la quale, alla fine, l'ormone non è più efficace a controllare la malattia. Per questo spesso si effettua un trattamento intermittente che dà la possibilità di ridurre l'esposizione all'ormone e quindi ridurre il rischio di resistenza più precoce.

Prof. Filippo Alongi
Professore ordinario di Radioterapia
Direttore Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, IRCCS Negrar(Verona)

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dopo
Attivo dal 2008 al 2012
Ex utente
Gentile dott. Alongi, venerdì 9 maggio mio padre ha eseguito la PET-colina all'ospedale Sant'Orsola di Bologna ed è risultato che il tumore della prostata è guarito, che non ci sono metastasi a livello osseo ma è stato individuato un nucleo tumorale di circa 5 mm in un linfonodo vicino alla vescica. Da qui la spiegazione dell'innalzamento del valore del PSA.
Se questa è la situazione vuol dire che il tumore non è rimasto confinato alla prostata ma alcune cellule sono entrate nel sistema linfatico e quindi potrebbero colpire altre zone?
Volevo inoltre capire la gravità della situazione e le possibilità terapeutiche. La prognosi in questi casi com'è?
Vi ringrazio per la vostra disponibilità. Anna
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Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
L'approccio più idoneo e standard è la terapia ormonale per uno scopo di "blocco" più duraturo possibile dell'attività delle cellule tumorali prostatiche in atto a livello linfonodale, e probabilmente microscopicamente anche in altre sedi.
A tale approccio forse è da valutare anche l'aggiunta di una irradiazione selettiva della regione della sede linfonodale captante alla PET, ma non è una pratica comune. Qui al san Raffaele la effettuiamo con la TOMOTERAPIA PETcolina guidata e stiamo registrando buoni risultati preliminari in termini di controllo biochimico di malattia e di regressione della captazione agli esami(PET/TC) successivi al trattamento.
Bisogna comunque considerare, anche in funzione dell'età e delle condizioni generali del paziente, il rapporto di beneficio reale di questo approccio ulteriore.
Cordiali saluti
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Dr. Alessandro D'Angelo Oncologo 2.8k 64 17
Gentile Utente, come detto dal colega credo che nel caso di suo padre un trattamento ormonale sistemico possa essere indicato e considerando che la malattia non ha interessamento osseo in atto (per evitare il fenomeno detto flare up, ciò un peggiormaneto dei sintomi legato ad un'iniziale aumento del testosterone), credo che possa giovarsi del solo trattamento con LHRH + 1 mese di antiandrogeno non steroideo.
Valuterei la proposta del collega, molto interessante per chi non ha chances chirurgiche ed una sola sede limitata di malattia.
[#5]
dopo
Attivo dal 2008 al 2012
Ex utente
Gentili dottori, vi ringrazio delle utili informazioni fornitemi. La visita con l'urologo che segue mio padre è fissata per il 4 giugno, parlerò dei vostri suggerimenti e spero che tutto vada per il meglio.
Infinitamente grazie Anna.
[#6]
dopo
Attivo dal 2008 al 2012
Ex utente
Cari dottori, dal momento in cui ho scritto questo mio post è passato un po' di tempo e volevo aggiornare la situazione e chiedervi un consulto. Mio padre non ha preso bene la possibilità di iniziare una terapia ormonale per le conseguenze che avrebbe avuto sulla sfera sessuale (la prostatectomia radicale fu ai tempi evitata proprio per questo motivo avendogli garantito che con la brachiterapia avrebbe avuto la stessa probabilità di guarigione) e così con un ulteriore consulto da un noto urologo di Bologna è stato proposto un ulteriore tentativo di guarigione mediante un'asportazione dei linfonodi pelvici. Lunedì 25 agosto è stato eseguito l'intervento non a Bologna ma a Torino nella mia città, da un'altra equipe che però non condivideva la scelta ritenendo più utile procedere alla terapia ormonale.Ora siamo in attesa dell'esame istologico. In ospedale ho respirato per tutto il tempo un'aria di pessimismo e di gravità della situazione e questo non ha fatto che crearmi un senso di smarrimento e confusione. Cosa penso:che la biopsia abbia sottostimato la gravità del tumore, che il fatto che prima della brachiterapia non sia stato eseguito nessun esame diagnostico per valutare l'interessamento dei linfonodi basandosi solo su valutazioni statistiche sia stata una leggerezza e che l'ormonoterapia sia solo uno specchio per allodole.
Sono scoraggiata e arrabbiata e forse avrei dovuto approfondire di più ma credetemi sono andata dai migliori primari della regione e credevo di aver il meglio per mio padre e invece quando sono andata a bologna mi sono sentita dire che avremmo dovuto procedere assolutamente con l'intervento chirurgico. Grazie per qualunque cosa vogliate dirmi. Anna.
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Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
A 74 anni penso che il problema sessuale, su cui si decide o meno anche l'integrazione con la terapia ormonale, si possa anche mettere in secondo piano, rispetto alla possibilità di tenere sottocontrollo la malattia(!). L'intervento mi sembra una ottima opzione sia a scopo diagnostico che di eventuale controlo di malattia(sebbene ci siano pochi studi e non ci siano evidenze del reale impatto sulla sopravvivenza).
Relativamente alle sue considerazioni sulle precedenti terapie o scelte teraputiche non spetta a noi dire che "la storia non si fa con i se"... Bisogna adesso cercare di effettuare "TUTTE" le terapie necessarie e di convincere il paziente ad una massima collaborazione.
Ci sono ancora buone possibilità di contenere i danni e garantire una buona e lunga qualità di vita.
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