Morte per adenocarcinoma polmonare ed etica medica

Nel novembre scorso a mio fratello, 49 anni appena compiuti, sportivo non fumatore, è stato diagnosticato un adenocarcinoma polmonare con versamento pleurico e un numero imprecisato di metastasi cerebrali.
Il vero e proprio calvario iniziò tuttavia quando venne "ricoverato" presso l'ospedale clinicizzato della nostra provincia, dove accettarono di tenerlo per tre giorni abbandonato su una barella, prima di sottoporlo ad una lunga toracentesi.
Una volta appresa la natura della neoplasia, alle sue dimissioni venne indirizzato al direttore del reparto di oncologia di una città vicina, che optò immediatamente per iniziare la chemioterapia. Assai scettico sull'efficacia di una terapia così aggressiva che nei casi di adenocarcinomi polmonari non aveva mai dato statisticamente alcun beneficio, chiesi di incontrare questo direttore.
Per più di mezz’ora costui mi ha snocciolato orripilanti banalità sulla caducità dell’uomo, che lui stesso aveva avuto due infarti, che il suo luogo preferito era il cimitero, che sapeva a memoria quanti mesi restavano a ciascuno dei suoi pazienti, che era stanco di assecondare parenti illusi che continuavano a chiamarlo per somministrare nuovi farmaci a persone già condannate, che dovevo piantarla di oppormi alla chemio e di dire che era dannosa, che io e la mia famiglia saremmo stati ben contenti quando lui se ne sarebbe andato. Gli ho chiesto per quale ragione lo stava sottoponendo a quella chemio se sapeva che era del tutto inutile, impedendoci di rivolgerci ad un istituto più qualificato per trovare almeno il modo di migliorare la sua qualità di vita. Lui con fare paternalistico mi ha citato allora l’esempio dell’asino di Buridano, aggiungendo che l’unica medicina era la morte.
A questo si aggiunga che ogni qualvolta mio fratello si trovava ad aver bisogno di assistenza per via di orripilanti sintomi ingestibili, il dottore non si è mai reso reperibile e nei weekend il reparto era chiuso.
Quando alla fine dei cicli, che dai tre preventivati sono inspiegabilmente diventati quattro, il dottore comunicò a sua moglie che i noduli erano aumentati, che il polmone si era di nuovo riempito di liquido e che le metastasi cerebrali si erano estese, tutto quello che fece fu di pronosticarle l’imminente decesso di mio fratello.
Mio fratello si convinse allora che doveva rivolgersi altrove, ma nel giro di tre mesi, nonostante dieci sedute di radioterapia per arrestare le metastasi cerebrali, nuove visite presso un oncologo di fama internazionale e il ricovero a Milano per secondo drenaggio e biopsia, la sua salute già minata dalla chemio si è deteriorata al punto da impedirgli di sottoporsi all’immunoterapia.
Desideravo chiedervi se il comportamento di quel direttore e degli altri medici possa considerarsi una violazione della deontologia professionale e se negli otto mesi che sono intercorsi dalla diagnosi alla morte siano stati commessi degli errori terapeutici tali da aver ridotto le aspettative di vita di mio fratello.
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Dr. Mirco Bindi Oncologo, Radioterapista 283 13 8
Gentile signore, mi scusi se intervengo in un argomento difficile come quello della morte del fratello, per di più molto giovane. Le posso dire che quello che hanno fatto i medici che lo hanno seguito, a parte la le esternazioni personali del sapere scientifico, è la routine di quello che avviene non solo in Italia ma in quasi tutto il mondo occidentale. E' una grande sofferenza vedere come l'etica sia ignorata e la persona sia diventato solo una entità numerica su cui tentare, senza ottenere risultati, le ultime innovazioni tecnogene. Lei ha parlato che chemioterapia, radioterapia e immunoterapia, ma sa che esiste anche quella naturale e biologica? Questo è il fatto più brutto che le persone sono tenute all'oscuro e solo in pochi ne sono a conoscenza. Tutti si deve morire prima o poi, ma c'è modo e modo. Cordiali saluti

Prof. Mirco Bindi, www.mircobindi.com
specialista in Oncologia, Radioterapia, Patologia generale

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Caro prof. Bindi, la ringrazio molto per le sue considerazioni. Per ragioni di spazio nel testo precedente non mi è stato possibile aggiungere molti altri particolari inerenti il lassismo e la disumanità tanto di quel direttore che di altri medici ed infermieri. Prima ancora di iniziare la chemio io e mio fratello sapevamo già quale sarebbe stata la "routine", essendo entrambi ben consapevoli della gravità della patologia. Fu proprio per quel motivo che cercai in tutti i modi di contattare medici che praticavano la terapia biologica, ventilando anche l'ipotesi di ricorrere all'adroterapia e all'ipertermia per evitare le sofferenze della chemio. Ma quel direttore fece di tutto per impedire che mio fratello desistesse dal farsi intossicare con cisplatino e alimta, convincendolo che tutte le altre terapie venivano prescritte da assassini che speculavano sulla pelle dei malati. Quando lo incontrai di persona compresi che il vero ipocrita che faceva mercimonio della vita delle persone era proprio lui, dato che mi enumerò i costi esorbitanti dei cicli di chemio, invitandomi a non occuparmi più di mio fratello e ad andarmene di casa visto che sarebbe comunque morto a breve, ammettendo in altre parole che stava praticando una subdola e dolorosissima forma di eutanasia legale . Inoltre per far sì che mio fratello non si accorgesse della sua malafede e interrompesse la terapia nei quattro mesi della chemio non lo sottopose mai ad una TAC per tenergli nascosta la rapida progressione della neoplasia. Sorvolo sulla disumanità di altri medici che ci dissero che gli stavano facendo un favore a somministrargli delle flebo quando ebbe un collasso durante l’ennesima visita per analisi (che inspiegabilmente non evidenziarono l’infezione estesa che si era propagata dalla ferita della biopsia) dopo aver percorso per l’ennesima volta 700 km in treno su una carrozzella nell’afa di Giugno, sul famoso chirurgo toracico che dopo la visita a pagamento non si fece più vedere e non si preoccupò nemmeno di seguire il decorso post operatorio dopo averlo fatto operare da una equipe meno esperta, così come su quella dottoressa che ci rimproverò di averlo portato nel pronto soccorso dopo una crisi respiratoria perchè avremmo fatto meglio a lasciarlo morire soffocato a casa.
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Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
Carissimo,
Come in tutti gli ambienti, quello medico può presentare professionisti ma soprattutto uomini di un certo tipo o di un altro. Il fatto di essere medici non significa purtroppo sempre di essere "perfetti" e di non essere afflitti, come in tutte le altre categorie, dalla variabilità delle possibili piccolezze umane.
Non mi lancio in giudizi perché la vostra condizione è' troppo soggettivamente ed emotivamente individuale e non conosco né sono di mia pertinenza, soprattutto in questa sede, i fatti.
Tra i limiti della categoria, ritengo che ci sia spesso la mancanza di "capacità di comunicazione". E questo si evince dal fatto che pur avendo fatto probabilmente ciò che andava fatto, non vi hanno convinti che probabilmente è' stato fatto quello che andava fatto secondo le linee guida, che si basano sulle evidenze scientifiche con studi, test e prove su migliaia di pazienti e non su "chiacchiere" come altre opzioni non convenzionali che se funzionassero davvero sarebbero già state usate per i pazienti e non certo celate per chissà quali motivi cospirazionistici. Lei cita protoni e ipertermia. Bene, le dico che entrambe le metodiche non hanno nessuna indicazione rispetto a quanto ha raccontato sul caso di suo fratello. Quindi, pur capendo la situazione e il modus operandi della comunicazione dei colleghi che potrebbe anche forse lasciare a desiderare secondo i vostri canoni, rimangono i fatti e il vostro dolore per la perdita prematura di un caro per causa di una malattia molto avanzata ed aggressiva.
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Gentile Dr. Alongi, comprendo perfettamente che in qualità di medico sia più arduo esprimersi in merito al comportamento dei colleghi e alle procedure "protocollari" prevista dal sistema sanitario nazionale. Tuttavia avrà notato che ho usato termini come "lassismo", mancanza di "etica medica"", "disumanità", "malafede" in riferimento ad episodi che ho descritto con dettagli tali da fugare dubbi circa "difficoltà di comunicazione". Quel direttore conosceva teniche di comunicazione al limite della manipolazione mentale, tanto da darmi l'impressione che fosse un ipnotizzatore più che un esperto di oncologia (basti pensare che dopo 3 ore, pantomime varie quali inginocchiarsi a terra e affermare che l'avrebbe trattato come un figlio, alla prima visita aveva persuaso mio fratello che con la chemio avrebbe vissuto ancora per 10 anni). Nel caso di un adenocarcinoma al quarto stadio con versamento pleurico la terapia migliore forse sarebbe stata quella di intraprendere una cura palliativa e sostenere psicologicamente mio fratello nell'inevitabile decorso della neoplasia evitandogli inutili agonie. Quanto a quelle che lei definisce "chiacchiere" (non sapevo che il ministero della salute il CNAO sulla base di chiacchiere), tenga presente che le avevo prese in considerazione quali alternative coadiuvanti che sapevo bene non avrebbero apportato grandi benefici così come non l'avrebbero fatto le terapie "protocollari", e difatti fino all'ultimo abbiamo seguito le linee guida (pagando centinaia di euro per consulti vari e ottenere ricoveri altrimenti impossibili) che hanno portato mio fratello a sottoporsi ad una biopsia con videotoracoscopia e anestesia totale che è risultata non solo vana ma anche fonte di una setticemia estesa su tutto il torace con atroci dolori. A parità di fallimento i discorsi circa le evidenze scientifiche mi fanno sorridere amaramente. In ogni caso, il commento del prof. Bindi così come quelli di alcuni medici e infermieri con i quali ho parlato dopo la morte di mio fratello che, testuali parole, mi hanno confessato di vergognarsi di appartenere alla "classe medica", testimoniano che la dimensione morale ed umana del mondo sanitario è in caduta libera da molto tempo (così come la ricerca in campo oncologico è ferma ad un palo se in questi giorni si discute se consentire o meno l'immunoterapia al posto della chemio di prima linea nell'ipotesi di allungare la sopravvivenza di qualche mese tra atroci sofferenze).
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Quel che ho davvero compreso in questi otto mesi è che, in definitiva, con una diagnosi di tumore polmonare al quarto stadio si resta soli con la propria maledizione biologica, dato che nessuno ha più interesse ad occuparsi di una persona che viene già data per spacciata (a meno che non vi siano de lauti profitti da ottenere qualora il paziente insista nel rivolgersi al sistema sanitario). A morire subito è la dignità umana.

Errata corrige del post precedente: (non sapevo che il Ministero della Salute sostenesse il CNAO sulla base di chiacchiere).
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Prof. Filippo Alongi Radioterapista 2.1k 120 17
Sempre per essere precisi e attenersi ai fatti in modo analitico : allo CNAO di Pavia si fa l' ADROTERAPIA(radioterapia con particelle pesanti come protoni e ioni carbonio). Questa è' una risorsa molto efficace che pero' ha indicazioni precise indicate dagli specialisti in radioterapia oncologica e può essere indicata esclusivamente in casi ultraselezionati con una lista di patologie ben specifica (dove non è' citato il tumore del polmone né le malattie in fase metastatica). Questi criteri sono così selettivi che ancora la terapia non è' presente nei Lea o livelli essenziali di assistenza).
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Gentile Dr. Alongi, se rilegge con attenzione il post rivolto al prof. Bindi troverà citato appunto il termine ADROTERAPIA la cui applicazione, a quanto mi era dato sapere da articoli pubblicati tempo fa da alcune fondazioni del nord Italia, nelle neoplasie polmonari, epatiche e prostatiche veniva indicata come probabile ed imminente (ma a tuttora sul sito del CNAO leggo che i tumori trattabili sono per lo più sarcomi e melanomi e che l'accesso è altamente selettivo ). Non l'ho mai considerata una panacea o la cura definitiva anche se sulla carta veniva descritta come meno dannosa e più mirata della radioterapia, In ogni caso, ripeto, queste potenziali strade terapeutiche, come quella biologica menzionata dal prof. Bindi, sono state tutte accantonate a priori per seguire i protocolli che, volenti o nolenti, hanno condotto mio fratello ad una morte atroce con l'annessa umiliazione che tanto lui quanto io stesso ho dovuto subire (quel direttore del reparto di oncologia è venuto più volte meno al riserbo professionale raccontando della nostra conversazione a mio fratello mentre era sotto chemio, deridendomi e screditandomi ai suoi occhi). Il dato oggettivo (non secondo i "nostri canoni" come scrive nella sua prima risposta), al di là della componente emotiva che, essendo esseri umani, non potrà essere mai del tutto escissa dal vissuto personale mio e dei familiari, è che il sistema attuale ci impone di venire ingannati e vilipesi, liddove si abbiano risorse economiche da investire per non lasciare nulla d'intentato, perchè nel caso contrario si viene totalmente abbandonati fino al sopravvenire della più orribile delle morti (qualora non ci sia nemmeno modo di farsi ricoverare presso un centro per la terapia del dolore per essere liquidati con sedazione e coma farmacologico terminale).
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A distanza di una settimana dalla pubblicazione del mio caso trovo alquanto significativo (e per certi versi inquietante) che gli unici pareri espressi siano stati quelli di due medici che l'hanno valutato sotto due ottiche diametralmente opposte. Reputo altresì preoccupante che il cinismo e la malafede dei medici che hanno condotto mio fratello alla morte tra atroci sofferenze venga valutata come semplice "mancanza di capacità comunicativa" o che quel che è accaduto sia considerato ormai la norma in Italia e in "quasi tutto il mondo occidentale".
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Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.3k 1.2k 61
Caro amico

I FATTI SEPARATI DALLE OPINIONI

>>Reputo altresì preoccupante che il cinismo e la malafede dei medici che hanno condotto mio fratello alla morte tra atroci sofferenze venga valutata come semplice "mancanza di capacità comunicativa" o che quel che è accaduto sia considerato ormai la norma in Italia e in "quasi tutto il mondo occidentale".>>

Non sto a sviolinare le solite parole ipocrite di circostanza " mi dispiace per suo fratello ecc ecc"

Ma Lei ha scambiato questo sito per un tribunale.

E invece ben diverse , ed APPREZZATISSIME, sono, le finalità dello stesso.

Non oso commentare le superficiali e irresponsabili generalizzazioni di un nostro collega oncologo (sia comprensivo : comincia la stagione in cui è piacevole stappare il Brunello di Montalcino ! ^____^).

Il suo consulto (lo dice chi non ha MAI respinto un consulto) doveva essere respinto perché viola le linee guida "come si richiede un consulto ".

[ https://www.medicitalia.it/consulti/linee-guida-consulto-online/ ]. Ad esempio è evidente che non sia contemplata una richiesta post-mortem perché lo scopo del consulto è quello di guidare...indirizzare...l'utente (non persona fisica diversa dall'utente) ecc ecc

Può non essere d'accordo ma queste sono !

Mi occupo della morte di pazienti oncologici da oltre 40 anni (eppure abito in Italia ed in un paese occidentale), organizzo almeno 2 master all'anno sulla "comunicazione medico-paziente". Persino in questo sito modero un forum che mentre Lei scrive sul nostro cinismo "nel provocare la morte dei pazienti", si occupa della paura della morte di pazienti con una prognosi particolarmente infausta.

https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-446.html

Il forum ha un milione settecentomila visitatori e 6700 commenti. Sa perché ? Perché (in Italia ed in Paese Occidentale) , non solo cerchiamo di non provocare la morte ovviamente, ma ACCOMPAGNIAMO empaticamente la mortalità...non la morte (il tasso di mortalità è del 100% per tutti).

Certo che comprendiamo il suo legittimo risentimento, ma la sua è una versione di parte e dovremmo avere un quadro completo per esprimere giudizi.

Se Lei può provare quanto descrive ha una sola strada da seguire :
DENUNCIARE questo ignobile comportamento all'Ordine dei Medici della sua città provando le violazioni del codice deontologico dei medici in oggetto.

Anche solo per una ragione di principio e perché altri pazienti non debbano subire la stessa sorte. Coinvolgendo magari un medico legale che studi tutto il quadro che Lei descrive, cercando obiettivamente se esistono presupposti circostanziali documentabili . Oppure metterla sull'avviso dei rischi eventuali di una "lite temeraria" con i risvolti giudiziari che può ben immaginare.

Non credo che ne possa trarre sollievo alla sua comprensibile frustrazione (anche io sarei inc@zzatissimo !) ricorrendo alla solidarietà delle bollicine virtuali del Brunello di Montalcino ( ^____^)

Tanti saluti
Salvo Catania, MD (*)

(*) Orgogliosissimo di essere un povero MD , e non un professore pur avendo collezionato decine di Docenze Universitarie tra cui quella di una Scuola di Specializzazione.



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Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.3k 1.2k 61
Per sua, certo non confortante, curiosità inserirò il link di questo consulto su

https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-446.html

e le dimostrerò chiedendo un parere alle mie "ragazzefuoridiseno" di parlarci delle loro personali esperienze con gli oncologi curanti.

Scommettiamo che in ITALIA (non in Thailandia) la media delle risposte di un campione che NON si lascia influenzare dalle bollicine del Brunello di Montalcino (lo beviamo tutti solo a Natale)......sarà

1) Il mio oncologo è freddo, apparentemente cinico, non empatico e piuttosto sbrigativo

2) Il mio oncologo è di poche parole ma a modo suo mi ha aiutato molto a ricominciare a vivere.

3) Il mio oncologo ? Lo sposerei, ma lui è già sposato e persino con una bella donna.

Esattamente quello che verrebbe fuori da un sondaggio calato sui nostri politici, amministratori, parroci, calciatori preferiti.................................

Scommettiamo ???
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Utente
Utente
Carissimo Dr. Salvo Catania, sono ben lieto di leggere finalmente un intervento attinente al cuore della questione da me sollevata (che so essere ovviamente molto spinosa e suscettibile di interpretazioni faziose e/o strumentali) e di venire a conoscenza del suo strenuo impegno nell'arginare sia su questo sito che nella realtà ospedaliera quella che, nell'esperienza mia e di mio fratello, è stata purtroppo vissuta come una deriva nichilista verso l'annientamento della dignità umana.
Comprenderà perfettamente come in questa sede non ci sia da parte mia la possibilità di elencare nè produrre documentazione oggettiva dell'intero iter "pseudo-terapeutico" affrontato in otto mesi da mio fratello (anche sottoforma di articoli di giornale che attestano l'inefficienza e conclamata incompetenza degli ospedali nei quali è stato ricoverato - d'altronde abbiamo la sfortuna di vivere in una regione in cui il sistema sanitario pubblico è in corso di smantellamento).
Apprezzo altresì la bonaria quanto puntuale reprimenda indirizzata all'oncologo (a suo dire) vittima dei vapori alcolici di stagione, e il fatto che comprenda la mia (definiamola così) "amarezza" per quanto abbiamo subito, consigliando di rivolgermi all'Ordine dei medici della città (sperando che esista ancora prima che venga liquidato anche l'ultimo ospedale pubblico).

Grazie molte per i links e per la dettagliatissima risposta.
Buon lavoro

P.S. Non era assolutamente mia intenzione usare questo spazio per istruire un processo contro la classe medica ma sottoporre all'opinione di coloro che lo tengono in vita un caso limite che, a mio avviso (al di là delle regole e della netiquette) è emblematico di una tendenza al degrado etico e professionale che, perlomeno nella mia regione, sta aquistando contorni a dir poco "biblici".
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Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.3k 1.2k 61
Ci siamo intesi ( eppure siamo in Italia !!) EMPATICAMENTE al volo.

Ovviamente sul forum è invitato a raccontare la sua esperienza se lo desidera, anche se riguarda suo fratello ed un tumore diverso da quello del seno.

Le chiedo solo di presentarsi con un nome (anche falso se non se la sente di allegare quello vero). Potrà confrontarsi con pazienti, e ce ne sono, che hanno vissuto esperienze analoghe a quelle di suo fratello.

Intanto stanno leggendo qui .....avendo allegato il link.


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Dr. Mirco Bindi Oncologo, Radioterapista 283 13 8
Gentile Signore, Sono trascorsi due mesi da quando ha raccontato la storia di suo fratello e il tempo trascorso certamente è servito ad mitigare la sofferenza e le emozioni legate agli ultimi otto mesi durante il quale Lei è stato vicino ad una persona amata. Sarei desideroso di conoscere da Lei, ora che siamo lontani da quei tristi giorni, le Sue riflessioni su quanto accaduto. In particolare gradirei avere i Suoi suggerimenti affinché certe situazioni non debbano più ripetersi e sapere anche da Lei, che ha vissuto la vicenda dalla parte opposta della trincea, cosa dovrebbe fare la classe medica, con le sue innumerevoli sfaccettature, per prevenire l'ingresso nel tunnel senza uscita. Ringraziandola della attenzione , Le porgo cordiali saluti
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Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.3k 1.2k 61
Non voglio gettar sale sulle ferite che ancora sanguinano .

Ma se il nostro amico sollecitato da me a
>>Ovviamente sul forum è invitato a raccontare la sua esperienza se lo desidera, anche se riguarda suo fratello ed un tumore diverso da quello del seno.

Le chiedo solo di presentarsi con un nome (anche falso se non se la sente di allegare quello vero). Potrà confrontarsi con pazienti, e ce ne sono, che hanno vissuto esperienze analoghe a quelle di suo fratello >>

Cioè non solo a raccontare la sua esperienza e a ricomporre i pezzi di quel sé che la malattia del fratello ha dolorosamente frammentato, ma anche a confrontarsi con le esperienze di utenti che hanno vissuto in prima persona questa avventura della vita.

Il nostro amico non ha raccolto l'invito e non certo per voler essere scortese ma per sua libera scelta. E la scelta del SILENZIO il più delle volte è quella allo stesso tempo più assordante. Non comprendere neanche questo già "scava la trincea".

Pregherei cortesemente il DOTTOR Bindi ad avere maggior rispetto di tale legittimissima scelta.
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Gentilissimi Dr. Bindi e Dr. Catania

Trovo l'immagine della trincea alquanto calzante, se non altro perchè dal giorno del primo ricovero, quando mio fratello proprio a Novembre dell'anno scorso venne parcheggiato in corsia per vari giorni in attesa di conoscere la diagnosi del suo male (tra ritardi, lungaggini e reticenze), abbiamo vissuto come in uno stato di perenne assedio. Una condizione mentale che purtroppo permane tuttora tra noi familiari e della quale il silenzio di cui parla il Dr. Catania è solo l'epifenomeno paradossalmente più evidente (almeno per chi ha conosciuto, direttamente o attraverso la mia testimonianza, i dettagli della vicenda).
Il Silenzio in questi casi non è mai una scelta.
Il Dr. Bindi mi pone il quesito dei quesiti, ossia cosa dovrebbe fare la classe medica per prevenire l'ingresso nel tunnel senza uscita, dilemma a cui potrà facilmente trovare risposta nel giuramento di Ippocrate. Giuramento al quale, alla luce dell'esperienza personale, aggiungerei: recupero del rapporto empatico col paziente e la sua famiglia, collaborazione vera e continuativa nella ricerca dei percorsi terapeutici migliori all'insegna non del profitto facile ma del benessere del paziente.
In altre parole, non vorrei più trovarmi di fronte medici cinici e sprezzanti che parlano della morte dei loro pazienti come della data di scadenza di uno yogurt (e li trattano di conseguenza), medici dal sarcasmo macabro che gettano discredito su chi vuole preservare la propria dignità fino all'ultimo, infermiere che sbraitano in ambulatori dove la gente staziona per ore come spiriti del limbo, psicologi che parlano di accettazione o perfino di volontà del Signore (come faceva quella che mi è venuta vicino davanti all'obitorio il mattino dopo il decesso alla quale, molto cortesemente, ho risposto che non riuscirò mai a intravedere alcun piano provvidenziale in una morte così prolungata e atroce).
Potrei continuare per altre centinaia di righe, sebbene sia tentato di chiudere con le ultime parole del principe di Danimarca, perchè spero che questo Silenzio aumenti sempre più fino a produrre degli insopportabili acufeni nelle orecchie di chi dovrebbe ascoltare e continua a non farlo.
Buon lavoro.