Vorrei cambiare psicoterapeuta, ma...

Buongiorno,
Sono quasi 10 anni che vado da una psicologa per problemi d'ansia e di attacchi di panico legati alla difficoltà di uscire con gli amici, impossibilità di andare a lavoro, non pensare ad essere indipendente o vivere una relazione sentimentale.
Prima dei 24 anni ero molto attivo: mi divertivo, avevo molti amici, andavo alle cene anche con molta gente, ho avuto qualche breve storiella, ogni tanto c'era un po' d'ansia, ma tutto sommato mi ritenevo un ragazzo normale.
Poi sono iniziati i primi evitamenti, iniziavo a stare meglio se stavo a casa, al culmine del mio crollo il solo pensiero di socializzare mi causava ansia e per questo motivo mi ero ridotto a stare tutto il giorno in casa a chattare oppure giocare online al computer.

Dopo questi anni, qualche passo avanti è stato fatto: ho aperto un'attività, ho dei nuovi amici e sono pure stato fidanzato per un periodo.
Tuttavia sento come di essere arrivato "al limite" di questo percorso, perchè mi sento spesso depresso, penso molto e sto ricominciando ad evitare i contatti oppure li vedo come un peso e un pensiero da togliere.
Ci sono ancora (o sono tornate) GROSSE problematiche che si verificano in occasione di qualche "evento" ed è proprio in quel momento che inizio ad andare in crisi o fare 1000 pensieri per esempio:

-Inviti ad eventi sociali (cena fuori, uscita, cinema, gita, o altri "eventi") con diversi giorni di anticipo, inizio a fare pensieri sul fatto che non mi troverò bene, che qualcosa andrà male, ecc, quindi decido di rinunciare, oppure di andare ma con diversi "stratagemmi" per andare via prima, il tutto è un peso e non una situazione ideale nella quale ci si dovrebbe rilassare.
-Ossessioni varie, in particolare per le malattie, un esame o quando si verifica un particolare sintomo, un sacco di pensieri sul fatto che sia qualcosa di brutto.
-Non riuscirei mai ad andare a lavoro come dipendente ed avere l'obbligo di presentarmi tutti i giorni (per questo ho l'attività)

Per questo motivo sto iniziando a pensare due cose: o questi sono i miei limiti e devo imparare ad accettarli, oppure il lavoro che stiamo facendo non va bene o la mia psicologa non è adatta al mio problema (anche se è brutto scaricare la colpa su altri)
Stavo pensando di cambiare, ma dopo tutti questi anni si è creata una sorta di "dipendenza", un sostegno sul quale contare, quando succede qualcosa e vado lì a parlare sto meglio, ma dopo qualche giorno le problematiche si ripresentano.
Insomma, dopo tanto tempo è come se dovessi lasciare un porto sicuro per andare a finire chissà dove, magari finire in peggio.
E poi il pensiero di fare confusione, di dover rispiegare il tutto, il rimpianto se mi trovassi male, di tornare indietro, spendere soldi inutilmente ecc.
Spero di essermi spiegato.

Alla luce di queste informazioni, quale scuola mi consigliereste per i miei problemi ? Mi hanno detto che la cognitivo-comportamentale sarebbe l'ideale, ma sono molto indeciso sul fatto di cambiare...
[#1]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buongiorno,

i suoi interrogativi sono importanti, se cioè accettare alcuni aspetti di sé oppure pensare che sia possibile cambiare.
Immagino che abbiate a lungo parlato con la psicologa delle ragioni che hanno generato in lei i "primi evitamenti" intorno ai 24 anni. Lei dice che le cose sono cambiate, tuttavia dalle sue parole sente che c'è qualcosa che non va. Sembra cioè che quella forza che le impediva di esprimersi e la spinge a chiudersi sia ancora presente.

A volte questo può succedere per tante ragioni, posso chiederle se sa che tipo di lavoro ha svolto con questa psicologa?
Un percorso di terapia non serve soltanto per sfogarsi ed avere un temporaneo sollievo, serve per operare stabilmente un cambiamento e rifondare se stessi.

Comprendo i suoi vissuti all'idea di cambiare, soprattutto se sente che di "lasciare un porto sicuro". Si è spiegato con chiarezza quando ha parlato dei suoi legittimi dubbi: "E poi il pensiero di fare confusione, di dover rispiegare il tutto, il rimpianto se mi trovassi male, di tornare indietro, spendere soldi inutilmente".

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

la psicoterapia non serve a sfogarsi, come ha già precisato il Collega sopra.
Ma la psicoterapia non serve neppure per avere una persona con cui creare un rapporto di dipendenza, che comunque è stato riconosciuto da Lei (e credo anche dalla terapeuta), in quanto il rapporto che si instaura col terapeuta deve essere di tipo cooperativo, cioè ci si allea con il terapeuta per raggiungere un obiettivo (terapeutico) e contro la sofferenza patologica del paziente.

Se nel giro di poco tempo non c'è un cambiamento nella psicoterapia, soprattutto per chi come Lei è molto giovane, allora è il caso di fermarsi e capire che cosa non sta funzionando.

Quali obiettivi sono stati fissati? Quali di questi raggiunti?

Se sente che non ottiene nessun vantaggio, se ne ha già discusso con la psicologa psicoterapeuta, allora è il caso di cambiare terapeuta. Dieci anni di terapia sono tantissimi e se non ha ottenuto risultati fin qui è ragionevole pensare che non ci saranno svolte con questo tipo di lavoro.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Ringrazio entrambi per le risposte, cercherò di rispondervi ma devo andare molto indietro con la memoria.
Ricordo che durante i primi incontri stabilimmo che avevo paura di crescere, ero troppo "bambino" e dipendente dalle figure dei miei genitori.
Ricordo che mi disse che avremmo puntato alla mia indipendenza, cosa che comunque non è stata ancora raggiunta, ma non ho mai sentito che fosse questa la "causa" di tutti i miei problemi.

Per questo motivo, se dovessi rispondere a domande tipo: che lavoro abbiamo svolto, quali sono gli obiettivi prefissati e quali di questi raggiunti non saprei davvero cosa rispondere.

Posso accettare alcuni aspetti di me, del resto, l'ansia c'era anche prima dei 24 anni, ma non è MAI stata così invalidante da crearmi ossessioni per giorni o ridurmi a ritirarmi in casa per mesi.
Quando ci fu il mio ritiro in casa ovviamente ne parlammo a lungo, ma non ne ho mai capito i motivi... forse semplicemente quelle persone con cui uscivo non erano adatte a me.
Raggiunsi l'apice del mio benessere nel 2012, mi ero da poco lasciato, ma iniziai una scuola serale dove conobbi gente nuova, dove nacquero delle vere amicizie che sono rimaste tutt'ora.

Pensavo di essere finalmente "guarito" dopo anni, ma in occasione degli esami di scuola, iniziai ad andare in ansia fino ad un mese prima del giorno dell'esame (pensieri catastrofici, ipotesi di non andare, paura che mi venisse un attacco di panico mentre ero là, paura che iniziassi a sudare ecc)
Ovviamente durante questo periodo il pensiero centrale era solo quello, tanto che evitai tutti i contatti perchè dovevo studiare ed ero troppo in ansia per vedere gente.
Fu proprio in quel caso che iniziò la discesa e iniziai ad avere i primi dubbi sul lavoro svolto; mi trovavo punto a capo dopo anni, stavo iniziando a peggiorare, uscivo poco anche dopo che l'esame era andato bene.

Spero di aver fatto maggiore chiarezza sulla mia situazione
[#4]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

per fare chiarezza sulle domande poste, deve fare il punto della situazione con lo psicoterapeuta con cui attualmente è in cura.

Per quanto riguarda altri aspetti...
ad esempio Lei scrive: "l'ansia c'era anche prima dei 24 anni, ma non è MAI stata così invalidante da crearmi ossessioni per giorni o ridurmi a ritirarmi in casa per mesi."
questo è comprensibile perché un problema legato all'ansia -se non trattato per tempo- tende a cronicizzarsi e quindi se prima poteva sembrare gestibile, poi -chiudendosi in casa ed evitando le situazioni temute- diventa sempre più ingestibile ed invalidante.

A questo punto, suggerirei -dopo aver fatto il punto della situazione- di cambiare terapeuta e tipo di terapia.

Cordiali saluti,
[#5]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Eh si, penso che vada fatto... ma come ho scritto nel primo messaggio dopo tutti questi anni non è facile cambiare.

Secondo lei che tipo di specialista dovrei scegliere ? All'epoca pensavo che gli psicologi fossero tutti uguali, quella dove sto andando adesso la consigliò il mio medico di famiglia a mio padre, dicendo semplicemente "è brava".

Ero molto ignorante in materia in quel periodo, ma stavolta vorrei scegliere bene.
Su internet però vedo che ci sono un sacco di specialisti diversi, come posso capire qual è il più adatto al mio caso ?
Secondo lei ha senso fare dei primi incontri con i nuovi terapeuti (giusto per capire se mi ispirano fiducia) prima di abbandonare la vecchia ?
Questo mi darebbe maggiore sicurezza, piuttosto che abbandonare tutto ed andare a finire chissà dove.
Che poi è la mia preoccupazione maggiore.

Grazie 1000.
[#6]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Potrebbe rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta che utilizza un approccio attivo e prescrittivo (ad es. il cognitivo-comportamentale), perché va bene comprendere tante cose di se stessi e molte dinamiche, ma il problema degli evitamenti si spezza iniziando a fare delle cose diverse rispetto a ciò che fino ad ora si è fatto.

Questo a mio avviso è l'aspetto più importante. Poi, va bene trovarsi bene con il professionista, aspetto altrettanto importante, ma a questo punto e dopo dieci anni di terapia, probabilmente bisogna impostare un metodo più diretto.

Cordiali saluti,
[#7]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Non è facile, ha ragione.

Chiedere a noi specialisti che professionista scegliere è una domanda a cui possiamo provare a rispondere, ma ognuno di noi abbraccia un proprio pensiero e in esso crede, di questo deve tenere conto.

Sono importanti le sue aspettative ed è fondamentale capire in quale approccio lei possa sentirsi meglio. Inoltre purtroppo non sono sicuro di avere capito che tipo di approccio ha seguito finora.
Dura da 10 anni, sono stati stabiliti degli obiettivi che però lei non sentiva congrui con se stesso. Non comprendo chiaramente il senso di questo procedere che, dalle sue parole, mi sembra rischi di essere vissuto forse un po' come una forzatura, mi corregga pure se mi sbaglio.

Per me un percorso terapeutico è uno spazio in cui la persona deve esprimersi creativamente ed essere se stessa senza forzature, facendo i conti con le proprie ferite e vulnerabilità, i possibili freni inibitori, le proprie ansie e paure.

Ci sono "un sacco di specialisti diversi", come lei dice, e capisco che sia complicato muoversi.
Dal mio punto di vista, non c'è un tipo di terapia migliore in funzione della diagnosi. Penso che la persona non debba essere ridotta a un disturbo mentale o a una serie di sintomi, ma considerata nella sua complessità e umanità.

Quando chiede se "ha senso fare dei primi incontri con i nuovi terapeuti (giusto per capire se mi ispirano fiducia) prima di abbandonare la vecchia", penso che se ha questo desiderio possa procedere in tal senso e misurarsi con l'esperienza dei primi incontri.
Inoltre può parlare di tutto questo alla sua psicologa, dei suoi dubbi e incertezze. Un terapeuta è lì per quello, dal mio punto di vista, per ascoltare i suoi stati d'animo e comprenderli. Forse questo lo ha già fatto?

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#8]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Ringrazio la Dr.ssa Angela Pileci per il consiglio, in effetti come ho scritto sopra, mi hanno parlato molto bene della cognitivo-comportamentale, anche perchè a quanto ho capito danno degli esercizi da fare a casa, ho trovato sempre molto interessante questa cosa.

In risposta al Dr. Enrico De Sanctis: non ho mai capito nemmeno io che tipo di approccio ho seguito... sul biglietto da visita c'è scritto "psicologa clinica, psicoterapeuta, specialista in psicodiagnostica" ma non so altro.
Una volta espressi alcuni dubbi riguardo l'efficacia della terapia e la possibilità di vedere un altro specialista, perchè nel periodo di crisi pre-esame non mi sembrava di ricevere il supporto adatto, ma ha sempre "sminuito" le altre terapie dicendo che sono molto superficiali, poi la situazione migliorò e non ci pensai più.

Inoltre, sembra buffo, ma ho come il timore di offenderla o di passare per arrogante o che ci rimanga male... ma credo che sia opportuno fare il punto della situazione a breve.

Nel frattempo vi ringrazio.
[#9]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

in dieci anni Lei ha raggiunto importanti traguardi:
<<ho aperto un'attività, ho dei nuovi amici e sono pure stato fidanzato per un periodo. <<
traguardi che non vanno proprio sottovalutati o sminuiti neppure ora che è ritornata la difficoltà, perchè corre il rischio di svalutare il lavoro fatto da Lei e dalla Sua terapeuta rendendolo inutile.

Occorre pensare che un terapeuta, per quanto bravo capace e competente, non è detto ci possa accompagnare lungo tutto il percorso per noi necessario. Forse solo per un certo tratto, nel quale dà il meglio. E poi passa la mano.

Per questo non mi farei troppi problemi nell'ipotizzare un cambiamento, sia di terapeuta sia di orientamento: non è un matricidio, non è un rifiuto, non è un'ingratitudine.

Tutto questo può avvenire con serenità se si riesce ad elaborare il cambiamento assieme alla attuale terapeuta. Come del resto quella certa dipendenza (dopo 10 anni..., se non altro l'abitudine, se non la dipendenza) a cui Lei accenna.





Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#10]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Per quanto mi riguarda, il cambiamento avviene attraverso la relazione terapeutica, quindi attraverso la possibilità di parlare con lei del suo "timore di offenderla o di passare per arrogante o che ci rimanga male...".

Bisogna aprire i suoi vissuti, da una parte capire come mai sente così. E dall'altra fare una nuova esperienza relazionale scoprendo, ad esempio, che esprimersi non è offensivo. E questa nuova esperienza va fatta con il proprio terapeuta.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#11]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Per la dottoressa Carla Maria Brunialti: No infatti, assolutamente non sottovaluto i traguardi ottenuti fin ora e che all'epoca neanche immaginavo che potessero arrivare, ci mancherebbe.
Purtroppo da quando è iniziata la "fase discendente" mi sento come al limite di questa terapia e forse la necessità di cambiare.

Se vogliamo, possiamo dividere le sedute in 3 gruppi:
-Il periodo in cui sto bene e non succede nulla in cui mi sembra di andare a fare solo due chiacchere.
Uscite ? tutto ok bla, bla, bla.
Lavoro ? Mah si tutto ok, è successo questo, questo e quest'altro.
Situazione in casa ? Tutto bene, bla, bla, bla.

-Il periodo in cui ho ansia o attacchi di panico per un evento o una situazione improvvisa da affrontare (che ho descritto nel primo messaggio) dove però non mi sembra di ricevere l'aiuto che mi serve.

-E infine il periodo in cui mi sento stressato/depresso/ansioso per motivi più generici, dove effettivamente trovo benessere ed è il motivo per il quale sono restio a cambiare terapeuta.

Intanto tutti di cuore per il supporto, mi è stato davvero utile a capire meglio cosa è necessario fare.
A risentirci.
[#12]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Ci fa proprio piacere se il nostro contatto/portale Le è stato utile.

Se ritiene, a risentirci.

Saluti cari.






[#13]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Vi riporto un po' di aggiornamenti.
Nell'incontro di ieri abbiamo fatto un po' il punto della situazione, sebbene non gli abbia ancora detto dell'intenzione di cambiare.
Pare che il nostro obiettivo sia la mia indipendenza economica e il distacco dai genitori ai quali sono troppo legato: abito ancora con loro e ci esco spesso quando non ho nulla da fare.
C'è da dire che in casa non si respira un clima sano, si alternano periodi di calma a periodi in cui il clima è teso e vi sono litigi tra i miei genitori, ai quali sono costretto (abitando lì) ad assistere.

In questi giorni sto vivendo un periodo di forte stress a causa di alcuni malesseri fisici che mi stanno causando anche depressione e apatia, lei sostiene che la causa di tutto questo sia dovuta al mio non vivere come un uomo di 34 anni.

E' vero, se guardo ai miei coetanei vedo gente sposata, che convive, con figli, ma vedo anche gente con una situazione simile alla mia che per quanto possa essere stressante o anormale, non mi pare il male assoluto!
Anche senza considerare gli impedimenti materiali come il reddito basso e la mancanza di una casa, devo scontrarmi con tutte le problematiche ansiose che ho descritto nel primo messaggio e sulle quali VORREI lavorare perchè mi causano problemi nell'immediato.
Per questo motivo non credo che il cambiamento avverrà a breve termine, anche perchè in me non è ancora scattata la molla di voler andare via o sentire tutto questo disagio come dice lei.
[#14]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buongiorno,

dalle sue parole mi sembra di sentire che ci tiene alla sua terapeuta e allo stesso tempo si sente insoddisfatto. Comprendo che sia difficile quindi decidere se cambiare o meno.

Sembra che lei non condivida i suggerimenti della terapeuta e metta in dubbio, legittimamente, la sua affermazione: "Lei sostiene che la causa di tutto questo sia dovuta al mio non vivere come un uomo di 34 anni".

Si domanda infatti che cosa significhi "vivere come un uomo di 34 anni" e ritiene che non sia semplicemente un discorso di indipendenza economica o abitativa il punto.

Dice chiaramente che il punto sono le sue problematiche ansiose, i 1000 pensieri, gli evitamenti, un senso di depressione e apatia, che sono per lei una forte sofferenza da cui non riesce a uscire.

Penso che essere uomini adulti non significa avere raggiunto le tappe della vita conformi a una normalità prevista, ma significa essere capaci di vivere secondo la propria soggettività, significa sapere affrontare i limiti della vita, a volte accettarli, e allo stesso tempo riuscire a trovare un po' di piacere.
E può essere senz'altro un piacere anche farsi una passeggiata con i propri genitori, a qualsiasi età, dipende da come vive questo momento e dal significato che porta con sé.

Lei ha il coraggio di scriverci e affrontare un tema tanto delicato e tanto doloroso che riguarda se stesso e la sua terapia. Mostra quindi di avere un senso di responsabilità nel dire che sente di voler affrontare nel modo corretto il suo malessere. Questo è profondamente giusto, forse non si sente capito, ma a volte giudicato?

È necessario aprire i capitoli della sua vita che possono avere sviluppato negli anni, in lei, il suo malessere attuale, è necessario disporsi a comprenderli, affinché un giorno possa acquisire quella forza necessaria per essere se stesso e uscire nel mondo senza più ansie né paure invalidanti.

Probabilmente il passo successivo sarà quello di esporsi di più con la terapeuta, quando si sentirà pronto per farlo, come dicevamo, relativamente al suo senso di insoddisfazione. Questo sarà anche un momento per capire come reagisce la sua terapeuta, se cioè sosterrà il suo vissuto, legittimandolo e comprendendolo, sforzandosi di capire il modo in cui nasce nella vostra relazione terapeutica e utilizzando questo come preziosa occasione di cambiamento per voi e per lei stesso.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#15]
Attivo dal 2011 al 2018
Psicologo
Salve,

Alla luce del disagio che sta sperimentando, la inviterei per prima cosa a farne argomento di discussione e confronto nella sua relazione terapeutica.
Le suggerisco di procedere in tal senso perche' da questo confronto potrebbero emergere degli aspetti nuovi sia legati al suo problema sia al come gli stessi problemi di evitamento si possano essere generati anche nella relazione con il suo terapeuta.

Potrebbe essere il caso che in terapia si sia creato un certo adattamento che non le permette di andare avanti nell'acquisizione della indipendenza e della sua autodefinizione.

Cordiali saluti,

Dott. Pietro De Trucco

[#16]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Rieccomi.

Oggi sono finalmente riuscito a comunicarle il mio senso di insoddisfazione riguardo la terapia che stiamo portando avanti, le ho parlato del senso di "blocco" e del fatto che in questi giorni sono stato spinto a cercare altri approcci terapeutici.

Ovviamente mi ha fatto delle domande specifiche al riguardo, ma era d'accordo con me sul fatto che a questo punto della terapia può darsi che abbia bisogno di altro.
Mi sono sentito compreso e sento di essermi liberato di un grosso peso.

Mi ha detto che non c'è nessun problema nel sospendere la terapia e se le nuove non dovessero funzionare, la sua porta è sempre aperta, quindi anche il problema della "sicurezza" è stato risolto.

Credo che, come mi ha consigliato oggi, farò qualche primo incontro per capire a sensazione chi mi convince di più.

Volevo ringraziarvi per il supporto, perchè se non fosse stato per voi, probabilmente mi sarei tenuto questo peso per chissà quanto tempo ancora.

Grazie :)
[#17]
Attivo dal 2011 al 2018
Psicologo
Salve,

Mi fa piacere sentire che ha trovato una modalita' utile e adattiva per gestire il suo senso di insoddisfazione.

Resto a disposizione per ulteriori richieste,

Cordiali saluti,
[#18]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66

Gentile utente,

fa piacere il Suo feedback positivo.

Talvolta - anche se on-line - una indicazione di percorso può rappresentare un incoraggiamento significativo per la persona.

Saluti cordiali.



[#19]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Come i colleghi, anche io penso che sia importante che lei si sia aperto.

Da come dice, sente di essersi tolto un peso, questo è importante. Mi sono però chiesto se non ci sia una parte di lei che possa vivere anche un sentimento di delusione.
Me lo chiedo perché accanto al disagio, lei sentiva importante il vostro legame, se ho capito bene. È un dubbio su cui sento utile poterci soffermare.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

[#20]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Caro dottore,

Non saprei se delusione sia il sentimento esatto; in effetti non sono deluso dei risultati ottenuti fin'ora, della tipo di terapia fatta o della professionalità della mia psicoterapeuta.
In tutti questi anni si è certamente creata una figura importante in cui ripongo fiducia, un legame importante, una guida.
Essendo spesso abbastanza insicuro, ricordo che svariate volte prima di prendere una decisione importante aspettavo di avere l'incontro per discuterne insieme. Iniziavo a preoccuparmi quando c'era la pausa estiva di ferragosto o a natale al pensiero che potesse capitare qualcosa, sapendo che il prossimo incontro era lontano.
Sebbene ci siamo SEMPRE dati del lei e nonostante si trattasse di un rapporto professionale, lo considero un legame d'amicizia.

Queste sono le cose che principalmente mi mancheranno nel passaggio al nuovo, ma sento che bisogna almeno provare, perchè attualmente sto peggiorando...
Sto passando un periodo di forte depressione, apatia, insonnia a cui si è aggiunta anche l'ipocondria e con i metodi fin'ora usati e le soluzioni (tutte a lungo termine) trovate, sento di non ricevere il supporto adatto.

Ancora però non ho "realizzato" l'idea di andare da un'altra parte, visto che non ho ancora contattato nessun professionista, probabilmente farò diversi primi incontri prima di poter decidere.
[#21]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Quando durante una terapia si viene a creare un legame fine a se stesso con il terapeuta, ossia la terapia non progredisce più ma si ha paura di interromperla, questo dice qualcosa sia sulla terapia che sul paziente. Sul paziente dice che è insicuro, come riconosce anche lei e ciò, dal mio punto di vista, si scontra con l'obiettivo di qualsiasi psicoterapia, che dovrebbe come minimo rendere il paziente più sicuro di sé e indipendente. Non più dipendente.

La buona qualità della relazione fra paziente e terapeuta dovrebbe sempre essere strumentale a far sì che la terapia proceda. Ove questo non accada, ha perfettamente senso cambiare.

Perciò prenda questa interruzione di cordone ombelicale come nient'altro che una prova ulteriore e necessaria del suo percorso di cambiamento e crescita. E vada avanti.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#22]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Le sue parole mi fanno pensare a un legame intenso. Non si tratta di un'amicizia, ma di una relazione unica, con caratteristiche specifiche. L'intensità che comunica è una di queste.

Il punto è che bisogna potersi esprimere durante una terapia. Esprimere i propri vissuti positivi e negativi ad esempio. Anche il senso di insicurezza e di preoccupazione per la separazione, che viveva con fatica durante le interruzioni, sono elementi preziosi. Quando ci sono questi vissuti negativi può essere un momento importante. Dipende dalla situazione, ma non è detto che bisogna interrompere il lavoro, anzi. Emergono i suoi vissuti e lei è lì per quello.

Il proprio stato d'animo, anche quando è angoscioso e inquietante, quando significa mal contento, non è distruttivo, è un suo vissuto di cui prendersi cura. Forse la terapeuta non ha sollecitato durante il vostro lavoro l'espressione di sé, questo non glielo so dire. Forse si teneva tutto dentro o sentiva banalizzati i suoi sentimenti, non lo so.
Siamo online e non conosco nulla della situazione, ma mi colpisce anche questo accordo della terapeuta sulla sospensione senza approfondire di più, sempre che io abbia capito correttamente le sue parole.

L'importante comunque è che non rifugga i suoi vissuti più difficili e profondi perché attraverso quelli, almeno per il mio modo di lavorare, bisogna passare. Questo è quello che tenevo a comunicarle, cioè di non trascurare questi suoi vissuti e, se ne sentisse l'esigenza, si senta libero di parlarne con il terapeuta che sceglierà.

Ci sono tanti orientamenti in psicoterapia e colleghi che lavorano in modi molto diversi tra loro. Dal mio punto di vista, i suoi vissuti devono essere accolti, compresi, rispettati. Deve emergere attraverso la relazione con il terapeuta la sua autenticità.

Un caro augurio,
Enrico de Sanctis