I primi 3 anni furono fortissimi colpivano nel cuore della notte, erano devastanti , vomito,

È dal 2003 che soffro di attacchi di panico, non sono mai riuscita ad uscirne, i primi 3 anni furono fortissimi colpivano nel cuore della notte, erano devastanti , vomito, coliche , spasmi, tremori irrefrenabili, oltre al "senso di morte imminente"(così lo chiamano , ma non è esatto come termine , perché non è che tu CREDI o PENSI di morire, è proprio che ti senti il corpo che scoppia e senti perdere i sensi svenendo), insomma tutti questi sintomi si manifestavano tutti insieme. Sono stati anni terribili, negli anni non sono mai passati, ho imparato a gestirli , ho provato spesso a stroncarli sul nascere, molte volte ho avuto successo , molte altre no.. e ho dovuto aspettare che la notte passasse.. arrivavano per qualsiasi motivo ma bene o male riuscivo ad essere forte e ancora autosufficiente.. Ma già 4 fa le cose sono iniziate a cambiare , gli attacchi arrivavano a qualsiasi ora del giorno ed erano devastanti di nuovo come gli inizi .. allora ho iniziato a seguire uno specialista , ho iniziato a prendere daparox ed En , man mano doveva aumentare le dosi perché i miei attacchi non cessavano, poi per un mese ho iniziato a stare bene, poi di nuovo male nonostante i farmaci.. ho quasi buttato i farmaci nella rabbia, e ad oggi sto mantenendo le EN di tanto in tanto quando sto male prendo qualche goccia (quasi tutti i giorni) mi sorprendo con l'affanno spesso e per caso controllai i battiti ed erano 120b al minuto.. La situazione nell'ultimo anno è degenerata , si è aggiunta la claustrofobia, la paura di uscire di casa da sola e allontanarmi , la paura di viaggiare (che è la cosa che più amavo) e sopratutto nell'ultimo periodo non ho più voglia di vivere, non riesco a vedere il mio futuro, vedo tutto buio, e non c'è nulla e niente che mi trasmette gioia o una sola sensazione positiva , non c'è una sola ragione che mi stimoli.. in questi giorni sto realizzando (mi sto sforzando) di completare un percorso lavorativo in proprio , ma quando la mattina devo uscire di casa è un problema, scatta l'attacco, arrivo in ufficio e voglio andare via, perdo lucidità , non riesco a ragionare, poi dopo qualche ora (quando passa l'attacco) mi chiedo perché ?! e capisco che mi pentirei amaramente di buttare il mio progetto all'aria. (Premetto che ho perso il mio posto di lavoro 3 anni fa , non sono sposata e non ho figli) ho deciso di iniziare questo percorso in proprio , in virtù del fatto che non voglio più essere una dipendente. io so di essere forte , ma loro sono più forti di me.. non mi fanno più vivere , vedo pericoli ovunque , sento l'apatia peggiore del mondo, vivo nell'ansia di vivere.. e spesso penso alla morte come unica via d'uscita da questo inferno.. nei momenti in cui non sono lucida . ho paura dei miei momenti di non lucidità , perché sono i momenti in cui potrei farla finita .. e quando sono lucida capisco la mia follia, me lo ripeto che sono una persona fortunata ma questo non mi da la voglia di vivere e uscire fuori. Qualcuno mi aiuti vi prego.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.6k 572 66
Gentile utente,

dopo 14 (!) anni di attacchi di panico capisco che Lei sia esausta.

Lei accenna ad uno "specialista"; si trattava di psicoterapia? Per quanto eventualmente è stata seguita?

In realtà farmacoterapia + psicoterapia (cognitivo-comportamentale) dovrebbero portare i loro benefici effetti potenziandosi a vicenda.
Si affidi a specialisti veramente competenti. I disturbi di cui Lei soffre sono curabili.




Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr. Antonio Raia Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 140 5
Gentile utente,
capisco il suo sentirsi esausta da tutta la situazione che descrive. Non molli la presa, io le consiglierei vivamente di intraprendere un percorso psicoterapico. Lasciare questi fenomeni di panico senza un adeguato trattamento vuole dire, nella maggior parte dei casi, un cronicizzarsi degli stessi. Provi a fare qualche colloquio con un terapeuta di cui si fida e vedrà che si sentirà meglio. La saluto caramente.
AR
www.psicologibenevento.it
329.80.29.784

Dr. Antonio Raia
329.80.29.784
www.centropsicologicodelsannio.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Sono stata in cura 6 mesi circa due anni fa , ma il neurologo che era anche specializzato in psicoterapia mi ha somministrato solo cure farmacologiche che in qualche modo , non so come , mi hanno portato degli effetti quasi collaterali , per due mesi sembrava tutto essersi attenuato.. ma poi i miei sintomi sono diventati incontrollabili , non riuscivo neanche più a gestirli sul nascere.. in un momento di rabbia e disperazione ho gettato i farmaci e ho abbandonato le sedute ( nelle quali il dottore mi prescriveva diagnosi aumentando semplicemente le dosi dei farmaci) in questi due anni alti e bassi ,negli ultimi 10 mesi solo bassi, ho gestito le emergenze con l'uso di EN . Gli ultimi 10 mesi sono andata peggiorando aggiungendosi claustrofobia e paura di tutto quello che mi circonda , negli ultimi due mesi ho perso le forze , ho una tristezza che mi attanaglia e vi giuro che provo in tutti i modi a darmi forza.. ma resto bloccata nel letto , non riesco ad alzarmi , mi sveglio piangendo, se penso alla vita, se penso ad uscire fuori ho l'angoscia e indifferenza , non vedo stimoli neanche dove ci sono.. neanche di fronte ad un viaggio , neanche davanti alle cose più belle, e lucidamente mi sembra assurdo. Tutto mi spaventa , ma mi spaventa proprio nel senso che mi vengono malori fisici. Oltre agli attacchi sembrerebbe essersi aggiunta un apatia , ma non è esatto.. è proprio un rifiuto che non riesco a gestire , il mio corpo si rifiuta di vivere , si rifiuta di uscire , si rifiuta di agire colpendomi ogni volta che provo a sfidarlo, ogni volta che provo a prendere la mia vita.. perdo occasioni e perdo tutto quello che di bello si presenta.. io ho paura di iniziare di nuovo un percorso farmacologico.. vorrei cancellarle queste sensazioni , vorrei eliminare sintomi ..vorrei che non fossero mai venuti.. e non ricordo più cosa vuol dire non averli.. ma a chi dovrei rivolgermi? Psicologo, psicoterapeuta..? C'è una differenza sostanziale tra i due ? E nel frattempo avete un consiglio da darmi per uscire di casa? Ho paura anche di guidare.. stamattina è il secondo giorno che non vado a lavoro .. se non esco di casa oltre a minare il mio lavoro non sarò neanche in grado di andare dallo specialista .. vi ringrazio
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.6k 572 66


Gentile utente,

da quanto Lei descrive, quelle con il neurologo NON erano sedute di psicoterapia.
Inoltre per i farmaci è opportuno rivolgersi allo psichiatra.

Ora è il momento di seguire l'iter regolare.
Innanzi tutto una visita dallo psichiatra per valutare l'opportunità di una cura farmacologica.
E poi una richiesta di aiuto ad uno/a psicologo/a Psicoterapeuta (in grado dunque di effettuare una psicoterapia).
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-e-piu-efficace-dei-soli-farmaci-nel-lungo-periodo.html

Per quanto riguarda le specifiche competenze e differene, Le troverà in
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3761-psicologo-psicoterapeuta-psicoanalista-psichiatra-counselor-quali-differenze-ci-sono.html

Comprendo il Suo SOS. Ma noi qui - online - riusciamo a fornire un orientamento, non a curare.
E nel Suo caso è urgente che Lei prenda in mano la situazione come sopra indicato, senza perdere altro tempo, mi creda.







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dopo
Utente
Utente
Ringrazio per l'attenzione e per le prontissime e attente risposte , io capisco che questa non puó essere una seduta, ma se qualcuno riuscisse ad indicarmi un primo passo , quello più difficile , quello di uscire dal letto, quello che ti fa uscire di casa senza arrivare alla porta, aprirla e poi correre in bagno o correre di nuovo in casa ... purtroppo tutti credono che il primo passo è andare da uno specialista, ma ignorano che quello è il secondo passo se non il terzo.. ci deve pur essere un modo.. non so , farmi stordire da qualcuno e svegliarmi direttamente nello studio medico.. non so .. ci deve essere una soluzione meno eccessiva .. qualche comportamento che devo assumere che mi sfugge .. qualche comportamento da esseguire che mi carichi forza fisica e mentale da reagire .. sono sicura che ci sia.. e mi sento molto stupida a scriverlo, ma non si ha idea di quanto sia lunga la distanza tra il letto e il mondo esterno .. pochi metri che sembrano infiniti.. entrare in macchina con la tachicardia e uscirne con conati di vomito .. sembra una barzelletta .. ma purtroppo è la mia vita.. ma non mi voglio arrendere, ci deve essere un modo , una soluzione che non mi paralizzi le gambe.. ci deve essere qualcosa di pratico che si può fare .. La mia mente corre lontano e gira il mondo ma il mio corpo è incatenato .. deve esserci una chiave .. almeno per iniziare .. se qualcuno riescisse a darmi un consiglio pratico ne sarò grata a vita..
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> "senso di morte imminente"(così lo chiamano , ma non è esatto come termine , perché non è che tu CREDI o PENSI di morire, è proprio che ti senti il corpo che scoppia e senti perdere i sensi svenendo)
>>>

No, invece è proprio esatto. Il panicante CREDE o PENSA di stare per morire, ma in realtà di panico non si muore. Prova ne sia che lei è ancora qui, disperata ma viva.

Il primo passo è proprio rivolgersi a uno specialista, psicoterapeuta in questo caso, ritengo, perché dagli attacchi di panico si può uscire presto e bene anche con la sola psicoterapia. Ma occorre essere motivati.

Non diamo "consigli" pratici né chiavi da qui, perché farlo significherebbe colludere con il suo problema. Sarebbe come dirle: "Puoi continuare a startene chiusa in casa, tanto ci prendiamo cura noi di te". E invece no. Solo lei può decidere se andare a farsi curare o meno. Altrimenti significa, purtroppo, solo una cosa: che ancora non ha toccato il fondo, non ha ancora sofferto al punto da dire "basta", mettersi il cappotto e andare a cercare aiuto.

L'unica cosa pratica che mi sento di consigliarle è di cercare uno psicoterapeuta a indirizzo comportamentale o strategico, probabilmente più adatto al suo problema.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
>>>> No, invece è proprio esatto. Il panicante CREDE o PENSA di stare per morire, ma in realtà di panico non si muore. Prova ne sia che lei è ancora qui, disperata ma viva.
>>>>>
Per quanto riguarda la definizione che viene data mi riferivo non al fatto di morire davvero , chi ha un attacco di panico devastante e lo conosce , e sa cosa gli sta venendo, come me, sa benissimo che non può morire, in quei momenti sei cosciente che non puoi morire , sopratutto chi ha imparato a conviverci e a comprenderli , quindi per questo ho definito meglio ( come paziente) quello che viene definito sui libri con "senso di morte imminente " , è un senso che non viene dato dalla mente o da un pensiero o dal credere di morire o dalla paura di morire, ma proprio dal malore in sè per il quale nessuno trova le parole ( tutti dicono "mi sentivo morire") . Ho voluto essere più descrittiva e precisa nel dire soggettivamente cosa accade e spiegarlo magari a chi non lo ha mai avuto o avuto lievemente , a chi lo studia e a chi ha le competenze di trovare rimedi. Per questo dico non si PENSA e non si CREDE di morire , è il malore forte che si ha , per il quale non si trovano parole , che crea questa definizione; in altre parole "sentirsi morire" è una sorta di aggettivo per qualificare idiomaticamente una sensazione e un malore difficili da descrivere.
Invece per quanto riguarda chiavi, cappotti e fondali.. posso assicurare che in 14 anni ne ho messi cappotti , ne ho cercate di chiavi e toccati fondali.. e fin quando erano "solo " gli attacchi di panico , la mattina dopo la nottata o dopo che erano passati avevo le forze di alzarmi e correre ai ripari, quello che io scritto , oltre al mio storico , concerne anche nuovi fattori a me nuovi, come la claustrofobia, la paura di uscire e la mancanza di forze per reagire alla mancanza di forze stesse.. è un circolo vizioso dal quale non riesco ad uscirne , e se scrivo per chiedere un consiglio concreto per mettere un piede fuori questo vortice non esprime la mia volontà a restare a casa aspettando l'aiuto online ( perchè avrei semplicemente letto i migliaia di articoli su internet relative all'argomento senza espormi e scrivere di me) ed è per la gente che pensa che basti mettersi un cappotto per risolvere un problema, che le persone ,le quali soffrono di queste cose, sono restie a prendere il problema seriamente ed andare da un specialista .. perché pensano " e adesso cosa gli vado a dire a questo ? Che la mattina non riesco a mettermi il cappotto?" avevo solo chiesto un probabile consiglio per sbloccare questo ciclo vizioso .. ( come ad esempio fare una camomilla prima di andare a dormire, spegnere il cellulare , lavarsi i capelli la sera , appena alzati rifare subito il letto, scrivere la sera una lista di cose da fare, prepararsi la sera per il giorno dopo ) mille cose che ho trovato in queste ore su mille blog.. ho scritto qui perché cercavo un consiglio più serio o un riscontro rispetto ai metodi ufficiosi , se non si hanno risposte credo ci si possa anche astenere dal rispondere. Grazie
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
La differenza fra i siti d'informazione seri e i numerosi blog di auto-aiuto è proprio questa: che chi risponde sui primi può anche decidere di rispondere: "non posso risponderti". Per il tuo bene. O per evitarti delusioni o peggio.

Perché a consigliare camomille, fiori di Bach e pacche sulle spalle sono tutti bravi. Ma le prescrizioni specifiche per le psicopatologie e gli atti terapeutici, proprio come le medicine, NON si danno per email. Chiaro?

>>> se non si hanno risposte credo ci si possa anche astenere dal rispondere
>>>

Se non si è disposti a ricevere risposte che non confermino le proprie aspettative, ci si dovrebbe astenere dal domandare.

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3551-psicologo-devo-proprio-andarci-di-persona-perche-non-potete-aiutarmi-online.html

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Utente
Utente
Credevo che uno specialista in psicologia poteva darmi più risposte dal punto di vista comportamentale , non ho chiesto la prescrizione di farmaci o di terapie e non vedo dove lei lo abbia letto. Non cerco risposte da blog , per questo avevo scritto qui . Cercavo una risposta in merito ad un metodo comportamentale utile per superare il primo ostacolo, la prima barriera .. un metodo comportamentale per interrompere il circolo vizioso che si è creato.. "mettere il cappotto e uscire " lo sa consigliare anche mio padre che non è un medico e lo leggo spesso sui giornali più scadenti .. per questo se lei non è specializzato in procedure comportamentali ma lo è solo per le cure farmacologiche non è stato chiamato a rispondere.
Grazie
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Utente
Utente
E aggiungo che a questo punto se uno specialista non è in grado di dare delle linee guida generali comportamentali su come affrontare una situazione ben descritta (anche se non di persona ma in forma scritta) a questo punto sono scettica anche su terapie comportamentali da effettuare in sede . Di persona descriverei le stesse cose , e se non ci sono risposte minime adesso non posso aspettarmi risposte diverse in altra sede.
Conosco persone in terapia da anni e queste cose non se ne vanno mai per sempre . Da questi dialoghi è chiaro che bisogna solo imparare a conviverci , come ho fatto negli ultimi anni, ma con la consapevolezza che dovrò fare da sola.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Lei è libera di credere quello che preferisce. Fornirò adesso un'ultima risposta, a questo punto non tanto per lei ma piuttosto per le tante altre persone che leggeranno questo consulto. Magari con meno pregiudizi limitanti di lei.

>>> "mettere il cappotto e uscire " lo sa consigliare anche mio padre
>>>

L'ho detto apposta, proprio per farle toccare con mano quanto sia facile sottovalutare i "consigli" ricevuti per email. "Mettersi il cappotto e uscire", nel senso di cercare uno psicoterapeuta capace, è il consiglio probabilmente più adatto a lei in questo momento. È quello che le serve fare più di ogni altra cosa. Ma lei non è stata in grado di coglierne minimamente l'importanza. Mi dispiace per lei.

Lo psicologo non si occupa di farmaci, per propria scelta. Il paragone era: non si possono suggerire procedure comportamentali per email, così come non si possono prescrivere farmaci per email. Il paragone si ferma qui.

Alcune persone "possono solo imparare a conviverci" per due motivi: o perché non sono realmente motivate a uscire dal proprio problema, oppure perché semplicemente non sono adatte (eleggibili) alla psicoterapia. Tralascio di spiegarne i motivi.

In particolare la sua ultima replica mostra che non ha letto - o non è riuscita a capire - perché le psicoterapie online non possono funzionare bene quanto quelle di persona, e quindi perché ci rifiutiamo di dare "consigli" online, dato che finiremmo 1) per svilire la nostra professione e ancora peggio 2) deludere le aspettative delle persone che ci interpellano.

Concludo dicendole che la maggior parte di quanti decidono di intraprendere una psicoterapia comportamentale o strategica per disturbi relativi agli attacchi di panico in genere se la cavano in una decina di sedute o giù di lì.

Ma la psicoterapia, effettivamente, non è per tutti.

Le faccio molti auguri.

[#12]
dopo
Utente
Utente
Da quello che leggo sembrerebbe che lei si preoccupi solo di non fare brutta figura rispetto a chi leggerà, se non sbaglio questo sito si chiama CONSULTI e specialisti online , lei si ostina a non comprendere il testo di chi scrive , nessuno ha chiesto una terapia ! Ma solo un consulto , un consiglio su come procedere tra il dire e il fare di un momento delicato , e lei dovrebbe essere bene a conoscenza dello sforzo che ci vuole per oltre passare tale confine .. e nessuno ha detto che non si voleva procedere con una terapia in sede , ma sicuramente i suoi interventi non sono motivanti a dirigere una decisione verso tale direzione. Se questo è un sito per consulti non comprendo il senso dei suoi interventi. Per consulti non ho mai inteso di chiedere una terapia e figuriamoci la prescrizione di farmaci, ma non posso credere che non ci sia una linea guida generale comportamentale da attuare in fase di attivazione , attivarsi per riuscire ad aprire la porta di casa e recarsi fin dallo specialista .. come dice lei una persona deve arrivare all'estremo e in condizioni critiche tali da essere abbastanza disperato e estenuato da finalmente correre allo studio medico.. e mi chiedo qualcosa prima non si può fare? È necessario attendere l'esasperazione della persona per poter raggiungere la sede dello specialista? Se è così come non detto .. aspetterò il peggio , così potrò toccare con mano le sue parole.. grazie dei preziosi consigli . Buona serata

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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