Disturbi dell'umore?

Gentili dottori, innanzitutto vi saluto e vi ringrazio anticipatamente per la vostra consulenza.
Sono un ragazzo di 22 anni. Da tempo soffro di umore instabile: alterno periodi di gioia e serenità a periodi di depressione, durante i quali mi capita frequentemente addirittura di pensare e desiderare il suicidio. In questi momenti vedo tutto grigio, mi sento inetto e vedo un futuro senza prospettive. Non so se questa stato sia qualificabile come depressione.
Per fortuna questi momenti non sono costanti, in genere mi capita ogni otto-dieci giorni e hanno durata di tre-quattro giorni( anche se chiaramente non è una frequenza sempre regolare).
Il mio problema più grande credo che siano l’insicurezza e la scarsa autostima; mi sento non stimato e provo spesso di sensi di inferiorità. Spesso non riesco a guardare le persone negli occhi, non mi sento libero. Mi rendo conto che, entro certi limiti, tutto ciò sia comprensibile per un ragazzo della mia età, tuttavia ciò non toglie il fatto che sto spesso male, sono sfiduciato e molte volte non mi spiego bene neppure il perchè. E tutto ciò mi ha stancato e mi spaventa il pensiero che possa continuare per sempre! Ho inoltre difficoltà con l’altro sesso: ho avuto un’unica storia seria 4 anni fa. Non ho più avuto da allora contatti fisici di alcun tipo.
Vorrei che qualcosa cambiasse in meglio, anche se sto perdendo la speranza che questo possa succedere!
Non so se e in che misura questo mio stato sia legato a un’ infanzia non propriamente serena:quando avevo 6 anni i miei genitori si sono separati. Io sono andato a vivere con mia madre, che ha sofferto per un periodo di depressione, tanto da tentare il suicidio. Mi ha pesato molto il fatto che mia madre facesse pressione psicologica su di me e mi colpevolizzasse, perché, a suo parere, non stavo abbastanza “dalla sua parte”, dato che avevo un atteggiamento con mio padre da lei giudicato non abbastanza ostile. Per fortuna le relazioni familiari pian piano si sono tranquillizzate:mia mamma è pian piano è stata meglio, si è ripresa; si è risposata.
Un’ anno e mezzo fa ho iniziato un percorso psicoterapeutico, precisamente di psicoterapia breve strategica, ma non mi sento abbastanza soddisfatto dei risultati conseguiti; ho l’impressione che dopo i primi lievi miglioramenti mi sia arenato; è come se questo percorso non possa darmi più nulla. Allora ho pensato di provare qualcos’ altro. Vorrei quindi chiedere a voi consiglio, sperando che quanto vi ho scritto sia sufficiente per farvi una minima idea. Quale tipo di intervento sarebbe più indicato per me secondo voi, in base a quanto vi ho scritto? Pensate che dovrei continuare la psicoterapia breve strategica ho magari rivolgermi a qualcun’ altro? E in questo caso che tipo di terapia sarebbe più indicata (un’altra terapia breve ad esempio la cognitivo – comportamentale o una terapia più tradizionale non breve) ?
Mi hanno parlato della psicosintesi di Assaggioli: pensate potrebbe essere adatta?
Preciso per la cronica che non ho mai fatto uso di psicofarmaci.
Distinti saluti
[#1]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 995 63
Gentile utente,

i contenuti del suo post devono essere introdotti negli adatti ambiti di psicoterapia.
Per cio' che riguarda le sue domande, innanzitutto il solo trattamento psicoterapeutico non e' indicato per il suo disturbo, non mi pare che sia stata fatta una diagnosi ma sembra appartenere, da quello che descrive, ai disturbi dell'umore.
Inoltre, il trattamento farmacologico deve essere adeguato e protratto per un tempo lungo.
Quanto piu' ritarda l'introduzione di una terapia adatta tanto piu' il disturbo tende a cronicizzare.
Inoltre, data l'oscillazione repentina, sarebbe utile effettuare esami clinici che possano escludere patologie organiche, anche se cosi' protratto nel tempo il disturbo puo' avere principalmente cause psicogene.

Cordiali Saluti
Dr. F.S. Ruggiero

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[#2]
Dr. Massimo Ronchei Psicologo, Psicoterapeuta 18
Gentile utente,
credo che lei debba valutare in primis la fiducia che continua ad avere per il suo terapeuta e per il percorso svolto. Le consiglio di parlare con lui di queste sue perplessità, perchè è utilissimo nel possibile proseguio del percorso con lui o nella scelta di cambiare specialista.
La scelta dell'approccio non vuol dire per forza che il suo percorso sarà breve o lungo; un bravo terapeuta cognitivo comportamentale non le dovrebbe dire che in due mesi si risolve tutto se la valutazione ci dice che il percorso è più lungo, così come un bravo terapeuta di formazione analitica se riscontra l'importanza di un intervento concreto a breve termine, dovrebbe metterlo in atto o consigliarle uno specialista formato per quello.
Il tutto parte da una buona valutazione del suo momento attuale, e delle variabili che hanno concorso a sviluppare il problema e di quelle che lo mantengono.
In base a questo si scelgono le strategie opportune, che possono essere concrete inizialmente sulla sintomatologia se questa è invalidante (ad es. richiedere un consulto medico e psichiatrico per esculdere una possibile patologia organica e valutare una terapia farmacologica) chiarendo se è presente solo nei momenti depressivi e se invece si sente sicuro di sè in quelli positivi. Capire se i momenti depressivi sono innescati da qualche evento che lei vive in modo negativo, oppure sono indipendenti da questo; se nel tempo la loro frequenza è aumentata e se nel periodo in cui è sereno si sente bene oppure si sente particolarmente bene, molto attivo e molto energico.
Dovrebbe essere lo specialista a inquadrare il problema, non lei a chiedersi se si può definire depressione o no.

Non perda la speranza, si chiarisca con il suo terapeuta.
Ci sono ancora parecchie risorse da prendere in considerazione.

Cordiali Saluti
Massimo Ronchei

[#3]
Dr. Silvio Presta Psichiatra, Farmacologo 464
Gentile utente,
la sua storia può essere inquadrata in un disturbo dello spettro bipolare. Anche sua madre ne era affetta. Questi disturbi si muovono su due piani, sfalsati eppure complementari: quello clinico (i sintomi del 'malessere') e quello cognitivo-comportamentale. La psicoterapia potrà essere iniziata dopo aver ottenuto un compenso sintomatologico, ottenibile con farmaci specifici e da disegnarsi su misura per ogni singolo paziente.
Cari saluti
Silvio Presta

www.silvio-presta-psichiatra.tk

Silvio Presta

[#4]
Attivo dal 2006 al 2008
Psicoterapeuta, Medico di medicina generale
Gentile utente,

il percorso psicoterapeutico fatto sinora,l'ha portato a focalizzare i disagi che descrive, le possibili interpretazioni con esse connesse.
Credo che manchi un inquadramento diagnostico fatto da medico specialista ,per valutare un'opportuna farmacoterapia.
Parli col suo terapeuta delle sue perplessità, della sensazione di essersi arenato,insieme potrete valutare le dinamiche psichiche,che lei sta vivendo in questo momento.
Per cio' che concerne il tipo di psicoterapia e la durata della stessa ,sono in pieno accordo con il collega Dott Ronchei.

Con i migliori auguri,di sicuro ce la fa.


Dott.ssa I. Di Sipio


www.psicomedicina.mi.it
[#5]
Dr.ssa Roberta Cacioppo Psicologo, Psicoterapeuta 340 11 2
Gentile utente,

concordo con i colleghi nell'affermare che, data la complessità della situazione da lei descritta e il dolore da lei espresso - prolungatosi per anni -, sia opportuno innanzitutto un corretto inquadramento psichiatrico, considerando l'eventualità di seguire una corretta terapia farmacologica.

Per quanto concerne la psicoterapia, credo sia importante che esprima le sue perplessità all'attuale psicoterapeuta, che insieme a lei potrà andare a fondo per capire cosa sente mancarle, dove e perchè si sente arenato. Questo potrà sicuramente essere utile per il suo percorso personale, sia che la porti a rimanere dov è, sia che in seguito scelga di rivolgersi a qualcun altro.

Cordialmente,

Roberta Cacioppo
r.cacioppo@psicologia-milano.it

Roberta Cacioppo - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa clinica -
www.psicoterapia-milano.it
www.sessuologia-milano.it

[#6]
Attivo dal 2007 al 2012
Psichiatra
Gentile utente,
concordo in pieno con le considerazioni effettuate dall'amico e collega Dr. Presta.

Cordiali saluti
Giuseppe Ruffolo

www.psichiatria-online.it
[#7]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Gentile utente,
Le consiglio di focalizzare ciò che le dà fastidio, come elemento in sé, senza presentare a chi la valuta (psicologo o psichiatra che sia) l'interpretazione, o proponendo ragioni o meccanismi che le sembrano soddisfacenti. A parole qualsiasi dinamica può "tornare" ma il vero problema sta nel fatto che lei riesca o non riesca a gestire il rapporto una questione (l'altro sesso, la realizzazione personale) per far girare la ruota nel senso che lei auspicherebbe. Mi spiego meglio: la questione non deve diventare "devo risolvere i miei conflitti infantili" ma deve rimanere sempre e comuque "questo aspetto del mio vissuto non mi piace, mi dà fastidio e non riesco a modificarlo". Detto questo, descriva il suo disagio ad un operatore del settore, che le saprà spiegare se esistono tecniche utili al miglioramento delle sue condizioni. Sia la terapia che il farmaco deve concepirli come strumenti "amici", e lei sarà il primo a poter valutare se l'hanno o meno aiutata nel migliorare il suo adattamento all'ambiente, ai suoi limiti (come ne hanno tutti) e a utilizzare la meglio le sue capacità. Nessuna terapia "lega", quindi non deve essere frenato dal pensiero che deve prima farcela da solo e poi al limite chiedere aiuto. Se una delle preoccupazioni è che eventuali terapie debbano durare il meno possibile, il modo migliore è iniziare a seguirle quando si è poco gravi. In caso contrario, comunque, utilizzare per un lungo periodo un farmaco (p.e. uno stabilizzatore dell'umore o un antidepressivo) o una tecnica psicoterapica è soltanto uno strumento a lei utile per evitare di avere un disagio. Per quanto riguarda le tecniche psicoterapiche le dico la stessa cosa che le direi per un farmaco: se deve scegliere, scelga tra quelle scientificamente riconosciute, che esistono da un pò di tempo e si faccia sempre mostrare o spiegare quali risultati si possono ottenere, in quali tempi (mediamente) e qual'è percentuale di risposta alle terapie. In conclusione: non investa le sue speranze e le sue risorse in qualcosa che ha letto la settimana prima su qualche giornale, specializzato o meno, senza averne discusso con uno specialista del settore.
Saluti

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#8]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
gentile utente,
mi associo a quanto espresso dal Dott Ronchei, parlare di questi dubbi al proprio terapeuta (qualora non decida di andarsene prima) è un buon motivo di crescita per entrambi.

Per cui...

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

[#9]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori vorrei ringraziarvi per gli utili consigli. Vorrei però chiarire un punto. Noto che siete tutti concordi sul fatto che dovrei chiarire col mio terapeuta. Ecco il punto è che credo di averlo già fatto: gli ho più volte espresso le mie perplessità ma il suo modo di procedere, il suo approccio ai miei problemi (approccio che non mi soddisfa più) non è cambiato di molto; ecco perché ho pensato di interrompere con lui. Ho l’impressione di perdere tempo. Inoltre non ho più molta fiducia in lui, e a maggior ragione, questo mi sembra un motivo in più per interrompere la terapia. D’altra parte se la terapia non mi da beneficio, se non sto meglio del solito (l’ho interrotta temporaneamente da tre mesi e non mi sembra sia cambiato nulla) che senso ha?
Ciò detto, se io volessi interrompere definitivamente col mio terapeuta (per il momento, come ho già scritto, ho interrotto temporaneamente e dovrei fargli avere una risposta definitiva), e volessi contattarne un altro, quello che non mi è chiaro è: cosa dovrei fare? Come dovrei procedere?? Non so come è più corretto fare in questi casi. Devo contattare un terapeuta a caso o devo fare qualche esame o diagnosi prima? Devo scegliere qualche indirizzo di psicoterapia in particolare indicato o uno vale l’altro?Grazie
Cordiali saluti
[#10]
Dr. Giovanni Ronzani Psicoterapeuta, Medico igienista 329 8
Gentile Utente
Dai suoi messaggi appare senza grossi dubbi una buona fiducia per la psicoterapia ed una certa duttilità di pensiero che bene si adattano a questo tipo di percorso. Pertanto è consigliabile pensare di riprendere un percorso psicoterapeutico. Data la perdita di fiducia nell'attuale terapeuta, è necessario sceglierne uno che le sappia ispirare la neccesaria fiducia, condizione base per il proseguimento della terapia stessa. Dalle prime sedute dovrebbe iniziare a stabilirsi tra terapeuta ed utente una "relazione terapeutica" che come ribadisco, è alla base del successo della terapia. Qualora, nel malaugurato caso, non dovesse realizzarsi questa condizione, è auspicabile pensare di non avere troppe remore a cambiare nuovamente terapeuta.
Per quanto rigurda l'eventuale associazione con farmaci, questa è una scelta che andrà valutata e concordata nella fase diagnostica.
Per rispondere alla sua ultima domanda mi permetto di suggerirle uno specialista ad orientamento cognitivo-comportamentale. Un elenco di detti specialisti è reperibile sul sito della relativa Società Scientifica (www.sitcc.it).
Cordiali Saluti
dr Giovanni Ronzani

Cordiali Saluti

dr Giovanni Ronzani

[#11]
Dr. Silvio Presta Psichiatra, Farmacologo 464
Gentile utente,
è necessario, per l'ennesima volta, fare una necessaria precisazione. La diagnosi e la conseguente impostazione terapeutica è esclusivo appannaggio del medico (cioè del laureato in medicina, non in psicologia). Se il paziente, poi, accetta questa tecnica (perchè le gerarchie sono tecniche necessarie per evitare il caos e per evitare che, in una materia per certi versi ancora 'nebulosa' come la psichiatria, chiunque si senta in diritto di sostenere idee assoluta è un altro discorso: ma l'informazione che deve essere diffusa è solo e soltanto questa. Invito perciò i colleghi psicologi a suggerire questo tipo di iter, nonchè a non esprimere giudizi su efficacia o utilità della terapia farmacologica (della quale la psicoterapia è corollario, e non viceversa, secondo ogni linea-guida internazionale) poichè non hanno ovviamente competenza in merito.
Nel suo caso, come già affermato, il primo passo è impostare con il medico psichiatra una adeguata terapia farmacologica e solo in seguito, superata la fase 'acuta', rivalutare una eventuale (ma non necessariamente indispensabile) psicoterapia.
Cari saluti
Silvio Presta

www.silvio-presta-psichiatra.tk

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