Scuola ed insegnanti: quale responsabilità, quale professionalità?

daniela.benedetto
Dr. Daniela Benedetto Psicologo, Psicoterapeuta

E' sempre più frequente nella mia pratica clinica ascoltare  famiglie che riportano storie di  realtà scolastiche che non si allineano con le attese che ciascun genitore ha nei confronti di una istituzione che dovrebbe invece garantire paramentri non solo di competenza didattica dei docenti ma anche professionalità intesa come capacità personale, conoscenza di sè e conoscenza delle dinamiche proprie dei ragazzi di cui si occupano.

Spesso i genitori giungono presso lo studio dello psicologo, colpevolizzati e appesantiti  da una delega scolastica (deresponsabilizzazione) su richieste che travalicano il loro ambito.

La collaborazione che la famiglia mette a disposizione della scuola rendendola  partecipe  e sensibilizzandola sul  carattere  e sulle specificità del figlio,  trova a volte un ostacolo contro    un vuoto di conoscenza rispetto all'uso di  appropriate strategie didattiche  idonee ad affrontare le problematiche dei ragazzi (es. insicurezza, disistima). I segnali più comuni del malessere infantile ed adolescenziale li abbiamo attraverso diverse sintomatologie sia relazionali che personali come ad es.  atti di bullismo, atteggiamenti di chiusura, di evitamento,  disattenzione ecc..

Accogliere l'altro e farlo crescere significa comprendere il suo mondo, individuare ed accettare la diversità individuale scegliendo  quei percorsi  e quegli  stili di approccio che meglio si allineano con l'età e la persona.

Siamo purtroppo lontani dal comprendere quanto ciascuno di noi, famiglia e scuola, sia poi responsabile dello sviluppo e della crescita sana dei ragazzi. Viene spesso denunciato nei confronti della scuola e dei docenti un atteggiamento prevenuto, di insoddisfazione, demotivazione e disinteresse  non solo verso i ragazzi  ma anche rispetto alla stessa scuola che li accoglie come insegnanti. 

Un insegnante non è solo un dipendente di una istituzione, pubblica o privata che sia, ma svolge una professione per la quale è responsabile in prima persona e non solo didatticamente, ma anche a livello relazionale e personale considerando il fatto che non si può fare docenza in assenza della relazione con l'altro e quindi evitando di prendersi carico anche dell'individuo che abbiamo di fronte.

La capacità professionale del docente si valuta sulla base di tutti questi parametri e soprattutto dei risultati non solo in termini di profitto ma anche in termini di capacità di stimolare l'attenzione dell'altro, di saperlo motivare, di farlo sentire parte della classe, di renderlo speciale all'interno di un contesto più ampio, di renderlo parte di un gruppo.

 Lo spazio di crescita deve essere assicurato facendo leva sulla differenza, insegnando ai ragazzi ad accettare se stessi e non l'immagine perfetta che ciascuno di loro pensa di dover rappresentare per essere accolti.

Per favorire nel ragazzo questo processo di crescita, la scuola  deve lavorare  non solo  in armonia con la famiglia  ma deve attivare sistemi di sensibilizzazione, di sviluppo e di formazione del corpo docente.

E' per questo che è auspicabile che vengano attivati percorsi di supporto rivolti non solamente alla famiglia ma anche  ai docenti  perchè possano lavorare sulla propria crescita personale e garantire un atteggiamento competente e professionale nei confronti dei propri studenti senza delegare le responsabilità di atteggiamenti evitanti, disillusi, distanti e aggressivi dei ragazzi sulla  sola famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

Data pubblicazione: 26 aprile 2012

8 commenti

#1
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Trovo questo articolo unilaterale. Troppo sbilanciato dalla parte delle famiglie.
"Spesso i genitori giungono presso lo studio dello psicologo, colpevolizzati e appesantiti da una delega scolastica (deresponsabilizzazione) su richieste che travalicano il loro ambito."
Molte volte sono proprio i genitori che delegano alla scuola funzioni che dovrebbero essere di loro pertinenza. Allora si chiede alla scuola di essere una sorta di famiglia sostitutiva caricandola di aspettative irrealistiche. Quante volte mi sono trovato di fronte a genitori che mi hanno posto la seguente domanda dopo un brutto voto in pagella: "Ma non sono stata avvertita per tempo!". Forse se avessero seguito con maggiore attenzione il loro figlio e in casa ci fosse più dialogo e collaborazione con la scuola la tempistica sarebbe stata diversa. Il retropensiero è ovviamente di matrice proiettiva: non è mio figlio che dovrebbe essere responsabile e io come genitore più attento, ma è l'insegnante che dovrebbe essere più funzionale!! Ma che bravi questi genitori! Ecco che poi i loro figli sono sempre più arroganti e spalleggiati dalla famiglia si sentono in diritto di lavorare poco e pretendere tanto.

"Accogliere l'altro e farlo crescere significa comprendere il suo mondo, individuare ed accettare la diversità individuale scegliendo quei percorsi e quegli stili di approccio che meglio si allineano con l'età e la persona."
Belle parole! Sono le stesse che cerco di concretizzare durante le lezioni; ma quanto è difficile di fronte ad alunni che vivono sempre più in "superficie". Lo sa dottoressa che molti alunni di terza media di fronte ad un brano sulla Shoa o su un argomento di attualità fanno fatica a seguire e mostrano in interesse minimo? Sicuramente sarà colpa mia! Non riesco a coinvolgerli con una didattica al "passo con i tempi"; forse dovrei far vedere loro più video, o fare teatro. In fondo la pagina scritta è obsoleta, la grammatica sa di muffa, puntare alla comprensione di un testo roba da libro Cuore. IN fondo questa generazione vive di immagini, perché allora non adeguare la didattica a questo stile di apprendimento? Peccato poi che alla fine della terza media non sappiano capire un articolo di giornale o scrivere con chiarezza.

Grazie per l'attenzione.

#2
Dr. Daniela Benedetto
Dr. Daniela Benedetto

Gentile Signora condivido con lei i suoi pensieri e la sua realtà. Infatti sono tanti gli aspetti da affrontare e sicuramente non si può generalizzare su nulla.
E' difficile far "digerire" testi di altri tempi ai giovani di oggi soprattutto se l'ambiente non sostiene culturalmente il ragazzo. Ma è proprio questo il punto che lei con la sua sensibilità e la sua capacità di riconoscere i "limiti" personali e dei programmi scolastici individua.
Riconoscere i propri limiti, i nostri limiti e cioè il non avere la bacchetta magica per cambiare il programma o per far amare autori non contemporanei fa sentire l'altro in grado di riconoscere i propri e rendersi più disponibile a trovare insieme una soluzione.
E'importante dare senso, ma questo lei me lo insegna, alle cose e trovarlo insieme con loro.
Nella mia nota io volevo portare l'attenzione su quelle situazioni particolari in cui alcuni docenti, assolutamente non voglio generalizzare nè escludere l'importanza della comune collaborazione con la famiglia, usano le punizioni in modo generalizzato senza porsi il problema di chi hanno di fronte, quale risposta ad un personale disagio a fronte di una non corretta gestione dell'impegno scolastico del ragazzo.
Grazie molte del suo intervento perchè dà modo di approfondire la discussione.
Un cordiale saluto

#3
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Gent.ma Dottoressa,

innanzitutto La ringrazio per la risposta. Prima della replica però una precisazione: non sono una signora, sono un uomo ;)

Mi sembra che Lei attribuisca le difficoltà che i ragazzi hanno di seguire le lezioni alla obsolescenza dei programmi. Io invece mi lamento di un'altra cosa: vivono troppo in superficie.
Mi creda, un tempo mi dannavo cercando di individuare i limiti delle mie lezioni e mi affannavo in tutti i modi per cercare di trovare un modo "alternativo". Evidentemente avevo focalizzato la mia visuale solo su me stesso. Adesso con l'esperienza riesco ad avere una visione più equilibrata e mi rendo conto che le responsabilità vanno ripartite. E' vero, noi insegnanti dobbiamo sforzarci di esprimerci con la massima chiarezza, di ascoltare, di utilizzare supporti visivi, di rispettare i tempi di attenzione dei ragazzi, ecc., ecc. Eppure, una volta raggiunti questi obiettivi, molto spesso ho comunque di fronte a me l'indifferenza assoluta. Ecco che allora quella ricerca di senso condivisa - che Lei giustamente auspica - va in corto circuito e tutto sembra naufragare.
Secondo me alla base di questi problemi non ci sono tanto programmi da rivedere, quanto una società che ha perso di vista la cura dell'interiorità perché troppo presa dal mito dell'utile e delle "competenze". Per questa ragione delle volte trovo degli alunni che mi trasmettono un senso di vuoto e di futilità sconvolgente; vivono cioè troppo in superficie.

#4
Dr. Daniela Benedetto
Dr. Daniela Benedetto

Gentile Professore,le sue osservazioni e i suoi vissuti a fronte di un contesto "difficile" che la costringe a confrontarsi con una sensazione di impotenza ed inutilità, riportano comunque a riconoscere che ci troviamo spesso di fronte a situazioni in cui è necessario un tempo ed uno spazio che accolgano insieme la scuola e la famiglia per uno scambio di riflessioni e la costruzione di una linea comune che si sostenga reciprocamente.
Eviteremmo anche situazioni di stress che rischiano in alcuni casi, pochi per fortuna, di valutare genericamente l'origine di eventuali atteggiamenti di chiusura o di "ribellione", propri dell'età adolescenziale e di scaturire reazioni da parte degli adulti poco consone all'età del ragazzo. Reazioni non rassicuranti sul piano non tanto didattico ma della persona e dell'individuo. Faccio un esempio: un bambino oggetto di bullismo non può essere sgridato dall'insegnante ed invitato a stare più attento a se stesso e ai propri oggetti per evitare di essere di nuovo oggetto di "aggressioni" nè tanto meno il ragazzo aggressivo non va solamente redarguito e categorizzato come "cattivo". Il comportamento si ripeterà finchè non entriamo in contatto con il ragazzo ed insieme con lui non ri-conosciamo il suo senso di svalutazione del sè e di impotenza che lo spingono a svalutare l'altro per non soffrire.
Ci sono poi altre evidenze legate a comportamenti "non adulti" del docente a fronte di azioni sgradevoli dei discenti.
Ad es. se ci troviamo a dover gestire la "risposta" ad un evento in cui un ragazzo è intento a copiare durante un compito in classe, non possiamo semplicemente agire una "reazione" emotiva e quindi soggettiva legata al "risentimento" del docente per il gesto fatto dall'alunno ma dobbiamo dare una "risposta" che sia il risultato di un pensiero "adulto" che abbia come presupposto un contesto, quello scolastico, in cui alla base c'è non solo l'apprendimento ma anche la persona. Quanto poi le due cose vadano di pari passo è inutile dirlo. E' giusto in questo caso considerare l'azione del copiare non in linea con i principi e i valori scolastici e non "equo" rispetto all'operato degli altri ragazzi ma il ragazzo non va umiliato davanti alla classe, ma va cercato il motivo del gesto. Può essere menefreghismo e quindi svalutazione del sè e del contesto scolastico, insicurezza, disistima, paura delle conseguenze ad un voto brutto o altro. A volte i ragazzi sentono la necessità di avere con sè dei supporti per sentirsi più sicuri, per la paura di essere giudicati male. L'umiliazione della persona per il gesto commesso non farebbe in questi casi che peggiorare la situazione e quindi contribuirebbe a creare un "danno" ulteriore alla persona. La risposta aggraverebbe la "distanza" dal docente e dalla scuola nonchè dai compagni ecc. (comportamenti di evitamento)
Questi sono evidentemente esempi e come tali si riferiscono a situazioni isolate legate anche a dinamiche proprie del docente. Ma è giusto notare quanto la relazione con i discenti, minori di età, non può essere condizionata dalle dinamiche personali del docente, in quanto quale professionista, deve ricevere ma anche cercare gli strumenti necessari per essere in grado di gestire un corretto comportamento di relazione con l'alunno.

#5
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Dice bene, gentile Dott.ssa, quando indica la necessità uno spazio di riflessione comune.
Lei ha riportato un esempio molto valido che riflette una situazione frequente nella vita scolastica: il ragazzino con una scarsa opinione di se stesso che svaluta la lezione, i compagni e l'insegnante. Come si può riconoscere all'interno della relazione quel suo senso di svalutazione del sé e di impotenza? Come riuscire ad elaborare in modo maturo all'interno della relazione un comportamento del genere?

Grazie.

#6
Dr. Daniela Benedetto
Dr. Daniela Benedetto

Per esempio decidendo un bel giorno di iniziare la sua lezione raccontando ciò che un amico psicologo le ha raccontato il giorno prima riguardo alle persone con atteggiamento sprezzante e svalutativo nei confronti di tutto e di tutti. Queste di solito sono persone che non si apprezzano, che hanno paura di fallire e per evitare pericoli mettono le mani avanti aggredendo attraverso la svalutazione o di fatto diventando davvero violenti.
Di solito sono persone che a loro volta vengono svalutati in famiglia, non sanno accettare i propri limiti perchè nessuno ha dato loro il buon esempio.
Dopodichè lancia una esercitazione prima individuale attraverso un compito scritto sul loro pensiero, sulla loro esperienza.
Poi il giorno dopo li fa esercitare in gruppo.
Per esempio, fa leggere loro i vari elaborati e ogni gruppo deve mettere giù una serie di punti importanti per descrivere il personaggio in questione,la sofferenza, la storia, gli esiti della sintomatologia e le loro possibili soluzioni, le loro proposte. Sostenga molto le loro proposte e soprattutto i ragazzi più aggressivi qualora si aprano, l'obiettivo deve essere il lavoro sulla consapevolezza e il fatto che se ne può uscire ad esempio attraverso il contatto, la relazione , il parlare. Potreste poi decidere una volta alla settimana di dedicare 30 minuti a scambi in piccoli gruppi, sempre diversi, dove ognuno di loro esprime le proprie difficoltà ma anche i punti di forza. I ragazzi non devono temere di confrontarsi tra di loro sui limiti ma invece devono imparare a sostenersi a vicenda....

#7
Dr. Daniela Benedetto
Dr. Daniela Benedetto

inoltre penso possa aiutarsi facendo loro leggere, sempre divisi in piccoli gruppi, dei brani, dei testi..di storie di vita (pasolini?)..non so..su questo lei sicuramente ne sa più di me....

#8
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Bella idea. La attuerò e poi Le dirò com'è andata :)

Grazie!

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