Scoperto il gene che predispone agli attacchi di panico

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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta

Si chiama NTRK3 il gene che, secondo gli autori di uno studio recentemente pubblicato sul Journal of Neuroscience, rappresenterebbe il fattore più importante nell'eziopatogenesi del Disturbo di Panico (DP).

Da tempo gli scienziati conoscono l'importanza degli aspetti neurobiologici nello sviluppo di questa patologia, ma solo in questo momento pare si sia giunti ad una definizione precisa: il gene NTRK3, che codifica una proteina essenziale per la formazione e lo sviluppo del cervello, determina in modo significativo la predisposizione agli attacchi di panico.

In che modo?

Gli autori, tutti Professionisti in servizio al Cellular and Systems Neurobiology Group presso il Centre for Genomic Regulation di Barcellona, hanno chiarito il meccanismo secondo cui si creano e si mantengono i ricordi legati alle paure. La deregolazione del gene NTRK3 produrrebbe alcune modifiche durante lo sviluppo cerebrale, e tali modifiche sarebbero responsabili del malfunzionamento del meccanismo paura-ricordo della paura.

Cosa succede quando il meccanismo paura-ricordo della paura non funziona correttamente? Le persone tendono a sovrastimare il pericolo in un particolare contesto, e quindi a sentirsi più spaventate, perchè ricordano più intensamente la paura provata in contesti simili.

Tra le regioni cerebrali chiave in questo meccanismo ricordiamo ippocampo ed amigdala. L'ippocampo è coinvolto soprattutto nella formazione dei ricordi e nella elaborazione di informazioni contestuali. Nel DP, la persona ricorda intensamente le spiacevoli sensazioni provate durante un attacco di panico in un particolare momento (ad es. quella volta al supermercato).

L'amigdala è fondamentale nel convertire queste informazioni nella tipica risposta fisiologica del panico.

I ricercatori del CGR hanno scoperto che le persone con attacchi di panico manifestano una iperattivazione dell'ippocampo e attivazioni alterate nei circuiti dell'amigdala: tutto ciò porterebbe ad una esagerata formazione di ricordi legati alla paura.

In altre parole: dopo il primo attacco di panico, sappiamo che il soggetto sviluppa un circolo vizioso basato sull'ansia anticipatoria, detta comunemente paura della paura. Basta pensare di trovarsi in un contesto simile a quello in cui si è sviluppato il primo attacco di panico, ed ecco che compaiono tutti i sintomi della paura, ovvero la tachicardia, l'iperventilazione, ecc. Secondo gli autori del CGR, questi soggetti sarebbero predisposti a provare l'ansia anticipatoria proprio per la loro capacità ad anticipare le possibili conseguenze negative del trovarsi in quel particolare contesto. E tale capacità anticipatoria sarebbe legata alla vividezza di certi ricordi spaventosi.

Secondo Davide D'Amico, ricercatore al CGR, questi risultati potrebbero avere ricadute importanti nella ricerca psicofarmacologica in tema DP. Sviluppare molecole in grado di ridurre l'impatto di certi ricordi terrorizzanti, sottolinea D'Amico, permetterebbe di modificare radicalmente il trattamento del panico.

Infine, anche i livelli di stress, ricordano i ricercatori spagnoli, contribuiscono in modo significativo a peggiorare il quadro del soggetto ansioso.

Magari non possiamo fare molto per modificare certe predisposizioni genetiche. Ma sui fattori ambientali che ci producono stress non facciamo mai abbastanza.

Ansiosi, vedete di rispolverare i vecchi consigli della nonna: andare a letto presto, mangiare leggero, fare qualche camminata...

 

 

 Fonte CGR

 

 

Data pubblicazione: 02 dicembre 2013 Ultimo aggiornamento: 04 marzo 2017

Autore

danielbulla
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 2000 presso Università Cattolica Sacro Cuore.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 7211.

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2 commenti

#1
Dr.ssa Valentina Sciubba
Dr.ssa Valentina Sciubba

consigli della nonna?
E andare da uno psicoterapeuta? Non sarà troppo moderno e azzardato?

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