Un minuto prima dell'alba

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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta

Verso il miglioramento - strategie di recupero

Nella depressione, in particolare in quella maggiore, c’è un momento delicato, quando la morsa dei sintomi si attenua, il dolore non è più così bruciante, ma ancora non c’è benessere, ancora la volontà non scorre come dovrebbe.

In alcune persone questa condizione è rischiosa, perché l’attivazione che prelude al miglioramento, associata all’umore ancora depresso, può indurre a comportamenti autolesivi, che prima erano bloccati dall’inerzia provocata dall’abulia. Occorre quindi molta attenzione da parte di chi vive accanto al paziente e che magari, vedendo il proprio caro meno depresso allenta un poco la sorveglianza.      

C’è un altro aspetto, più positivo, sul quale mi vorrei soffermare: quando la sofferenza si riduce un po’ è possibile che il paziente faccia qualche tentativo di riprendere la vita al punto in cui l’aveva lasciata in sospeso. Si tratta di azioni che viste da fuori sembrano banali, ma sono invece importanti e vanno valorizzate dai familiari e da chi cura il paziente.

Per esempio una donna depressa che decide di andare dal parrucchiere dopo mesi compie un’azione quasi eroica, che richiede tutta una serie di passaggi: togliersi la tuta da casa vecchia e informe, vestirsi, affrontare gli sguardi delle persone, scambiare qualche parola con la parrucchiera e le altre clienti. Per una depressa, che vive con l’impressione che tutti guardino proprio lei e la critichino ferocemente, è un’impresa immane.

Può essere utile, in questa fase intermedia, cercare di uscire di casa regolarmente per brevi passeggiate, da soli o accompagnati da familiari. Sarebbero preferibili luoghi non affollati e tranquilli, anche se alcuni si trovano meglio nella folla anonima dei centri commerciali, per cui non c’è una regola. Le uscite con gruppi di amici, le cene e così via sono premature in questo periodo, perché richiedono una energia che il convalescente ancora non ha recuperato.

Quando si sta un po’ meglio si comincia a mettere in ordine la casa, di lavorare in giardino o nell’orto, e infine si decide di riprendere il lavoro.

Il primo giorno è difficile superare la soglia dell’ufficio, si ha il terrore di dover dare spiegazioni, di intercettare sguardi di rimprovero (“È stato a casa a far niente”), o di compatimento (“Poveretto, non ci sta con la testa”). In realtà anche qui vale il concetto che la gente può essere un po’ curiosa, ma alla fine ognuno è interessato soprattutto ai fatti suoi, e l’interesse per il convalescente che torna al lavoro si limita a un distratto: “Ciao, come stai?” oppure: “Stai bene, adesso? No, perché ci sarebbe quella pratica...”, per cui è sufficiente una risposta standardizzata e breve, niente di quello che il depresso si è immaginato nelle sue notti insonni: nessun processo, nessuna gogna, ma la solita routine.

Occorre quindi gradualità nel riprendere le attività quotidiane e pazienza nell’assunzione dei farmaci per il periodo necessario, perché l’essenziale è recuperare il benessere psicofisico evitando il rischio di ricadute.    

       

Data pubblicazione: 20 gennaio 2014

10 commenti

#2
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

E' tutt'altro che banale questo bel contributo. E non riguarda solo i pazienti che sono in cura per depressione. Nella mia esperienza professionale riguarda tutti i pazienti, dico proprio tutti, che "fanno ritorno a casa" dopo la scoperta di una malattia grave e potenzialmente letale.

Non sono in cura per depressione, ma con una fase depressiva devono comunque fare i conti allorché dopo la fase di shock, cominciano a realizzare il significato della "cattiva notizia".

Non devono fare i conti con i disagi esistenziali comuni a tutti gli esseri umani. Devono fare i conti forse per la prima volta con
l'acquisizione che l'UOMO E'UN ESSERE MORTALE !

Di questi semplici e non banali suggerimenti ne terrò conto per integrarli nei capitoli "IL RITORNO A CASA e " Il Ritorno alla normalità", del mio metodo "DOTTORE SI SPOGLI" che insegno anche all'Università e nei corsi di Training oncologico attraverso diversi Master per operatori sanitari e psicologi che si tengono a Milano.

Grazie per il bel contributo che segnalerò immediatamente alle "mie
Ragazze Fuori di Seno"

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno.html

e per questa ragione ti invito a partecipare in quella discussione dove questi suggerimenti esposti in maniera così semplice e chiara
sarebbero molto apprezzati, in ragione del fatto che diverse di loro sono state marchiate da noi medici con prognosi infauste o addirittura sono in fase metastatica.

#3
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Anzi
>>Non sono in cura per depressione>>. Purtroppo alcuni sono già in cura per depressione ed il risultato è facilmente intuibile.

#4
Dr. Chiara Lestuzzi
Dr. Chiara Lestuzzi

Mi associo ai complimenti per un articolo frutto evidentemente di conoscenza professionale, ma molto "pratico". Infatti spesso, in perfetta buona fede, parenti e amici cercano di spingere il depresso a partecipare a cene o attività in gruppo pensando di aiutarlo a "distrarsi" o a "tirarsi su", mentre c' è invece il rischio che lo sforzo eccessivo non solo faccia star peggio, ma scoraggi anche l'ammalato ributtandolo nel suo isolamento. Meglio le piccole cose realizzabili, dopo le quali il malato si può dire "Ce la posso fare!" e avere lo stimolo a riprendere altre cose.
Anche nel mio campo (la cardiologia), abbiamo molti pazienti depressi (alcuni dopo un evento cardiaco, altri che invece hanno somatizzazioni che li portano da noi), e capire le loro esigenze è importante.

#5
Dr.ssa Franca Scapellato
Dr.ssa Franca Scapellato

Grazie! Ringrazio davvero tutti per i commenti. Avevo qualche timore a pubblicarlo, è basato sull'esperienza quotidiana e non su ricerche scientifiche; però mentre noi medici ci concentriamo su recettori e neurotrasmettitori, i pazienti si chiedono cosa penserà di lui la sua portinaia o il vicino di scrivania e anche questo influisce sulla terapia. Parteciperò volentieri al forum di discussione del collega Salvo Catania, grazie per l'invito.

#7
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Buongiorno,

mi presento: sono una delle Ragazzefuoridiseno, quel fantastico gruppo che si confronta sul Blog che ha creato il Dottor Catania.

Mi chiamo Rosella, ho subito un intervento di quadrantectomia al seno alla fine di agosto u.s..

Aprendo il link che il Dottor Catania ci ha suggerito di leggere, riga dopo riga mi sono rivista in una serie di confronti che ho vissuto sulla mia pelle, con le persone a me più care.

Quindi ogni cosa che scriverò a seguire è il frutto della mia diretta esperienza, descriverò mopmenti o sensazioni che ho vissuto e gestito confrontandomi con chi amo.
Farò riferimento a me stessa anche quando mi esprimerò al plurale, in quanto credo che le similitudini con esperienze parallele alla mia siano all'ordine del giorno.

Credo sia utile, prima di continuare, che io precisi quanto segue, a chi legge:

Io ho scelto di condividere l'esistenza del mio cancro solo con pochissime persone: mio figlio ormai grande, un compagno fantastico, due amiche molto diverse una dall'altra, ma assolutamente in sintonia con il mio modo di concepire la vita, mia sorella, mio cognato, mia nipote, anch'essa ormai grande (26 anni).
Ho fatto questa scelta in quanto, per mio carattere, non avrei potuto sopportare gli sguardi compassionevoli di chi avrei incrociato... è stata una scelta per difendermi dal dolore che mi avrebbe provocato questa cosa.
Non ho mai saltato mezza giornata di lavoro (insegno in una Scuola dell'Infanzia), in quanto il sorriso dei bimbi è la medicina del cuore...e io adoro assumere quella medicina! :-)
Adoro occuparmi della mia persona e dichiaro, senza tema di smentita, che "mi amo in toto" :-)

Nel tempo, dalla lieta novella ad oggi, le difficoltà di rapporto sono nate unicamente con mia sorella e la sua famiglia... fortunatamente con nessun altro in quanto la sintonia con il restante del "gruppo" è perfetta e la condivisione affonda le radici nella consapevolezza...

La prima cosa che mi viene in mente è che non è facile "accompagnare" una persona che ha subìto un intervento per estirpare un cancro... le paure successive sono sovente ancor più grandi di quelle provate nell'impatto iniziale.

Per farlo al meglio occorre essere presenti con discrezione, senza esagerare, senza "spingere" sull'acceleratore, dando tempo al tempo, ascoltando ed evitando, sovente, di commentare inutilmente...

Sebbene le sensibilità di ogni persona siano differenti, io credo che a ridosso di un percorso di malattia, o di post malattia, l'ansia accompagni non solamente il diretto interessato, ma tolga il respiro anche a chi gli sta accanto.

Sovente l'ammalato non chiede altro che di essere compreso, benché non sia affatto facile focalizzare COSA si debba "comprendere".

Solo chi vive una data situazione può capire fino in fondo... e lo affermo con cognizione di causa in quanto sono reduce da un "mea culpa" e dalla certezza, acquisita solo di recente, che nella malattia del mio Papà, pur sapendo di essermi adoperata al massimo delle mie possibiltà, non ho dato forse ciò di cui lui aveva, invece, bisogno realmente.

Ora comprendo, ora so.... ora sarei pronta a chiedere a quel Papà che "non ce la faceva più" altre cose, altre azioni, quel Papà che io accompagnavo a destra e a manca con il solo obiettivo di far si che la sua mente dimenticasse per qualche istante la malattia e che la sua attenzione si fermasse su qualcos'altro che non fosse il dolore o la paura...

Ora però mi chiedo se davvero NOI vogliamo "dimenticare"... forse ciò che cerchiamo è la condivisione, è la sicurezza di essere compresi nelle nostre paure...e nelle paure delle paure. Forse abbiamo bisogno di CONDIVIDERE, non di DIMENTICARE...

Una sorta di serenità consapevole, con il tempo, ritorna a far capolino, certamente, ma non si tratta della stessa serenità per come la concepivamo prima dell'evento.

Il dover "dimostrare" che sappiamo affrontare con il "sorriso sulle labbra" anche le paure più recondite, non fa di noi delle persone forti, ma certamente concede respiro a chi ci ama...

Forse LORO hanno bisogno di stare "tranquilli", non per egoismo, o forse anche, ma soprattutto perché altrimenti non saprebbero nè COSA FARE, nè COME COMPORTARSI...forse hanno paura, anch'essi per se stessi...

Come stai?
Bella domanda... e se dico la verità cosa accade? Mando in depressione qualcuno? Risulto negativa ed oppressa dall'idea del cancro?
E se racconto una palla? Magari poi si pensa che io non voglia rendere partecipe nessuno proprio perché ho paura di parlare della cosa...

Insomma, per assurdo, in un modo o nell'altro risulta sempre terribilmente difficile rapportarsi con il "sano"... altrochè con l'"ammalato"! :-)

La faccenda assume di tanto in tanto tinte fosche, o tinte allegre, a seconda di come ci si barcamena di fronte alle eventualità, alle nuove prospettive... il dolore più grande diventa quello di sapere che chi amiamo soffre e noi ne siamo la causa...
Ci lasciamo anche trasportare, saltuariamente, dai sensi di colpa fino ad arrivare a decidere di non dire "proprio sempre la verità", così, giusto per non creare problematiche di sorta.

E se qualche volta, per un motivo che sarebbe lo stesso anche se non fossimo "ammalate", non abbiamo voglia di ballare o di cantare, o se la lacrimuccia ci buca l'occhietto, allora leggiamo nello sguardo di chi ci sta accanto una sorta di panico...e alla fine dobbiamo capitolare e preoccuparci di regalare noi un po' di coraggio a loro...

Siamo forti, determinate, affrontiamo la vicenda a muso duro, chi più e chi meno, con le proprie modalità e con l'auito di chi ruota attorno a noi.

Ma dobbiamo imparare ad essere anche un po' "egoiste", a pensare al nostro benessere, a non sentirci causa dell'infelicità altrui perché in realtà, NOI, non lo abbiamo mica cercato, quel cancro, ce lo siamo trovato fra capo e collo: "ma che colpa abbiamo noi", canterebbe qualcuno... :-)

La ciclicità dell'umore e l'altalena della serenità ci appartengono, non possiamo esimerci da essi!

Chiediamo a chi ci ama di ricordarsi ANCHE di quando tutti i giorni usciamo di casa perfettamente truccate, vestite in maniera ineccepibile, sorridenti ed affabili, con le unghie smaltate di fresco... con lo sguardo estasiato dal rosso del tramonto o con la bocca aperta a raccogliere i fiocchi di neve che scendono dal cielo...
Non soffermate la vostra attenzione SOLO su quello sguardo offuscato da un pensiero passeggero o su quella sporadica lacrimuccia che non riusciamo a nascondere quando sgorga dai nostri occhi...

Siamo così.... a pensarci bene, neppure troppo complicate, ma terribilmente spaventate all'idea di essere la causa dell'infelicità di chi amiamo...

Non chiedeteci prove continue, raccogliete goccia a goccia il nostro essere e siate felici per noi!

NOI di questo abbiamo bisogno! :-)


#8
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Buonasera, mi chiamo Francesca e sono una RFS, mi sono rivista, nel suo articolo. la diagnosi di cancro e la vita normale che non c'è più e non perchè le cure sono debilitanti, ma perchè ti senti dall'altra parte di una barricata. gli altri, le loro vite che vanno avanti proiettate verso il futuro che tutti immaginano radioso o comunque sereno e la tua?
La tua si ferma, anche se hai famiglia, anche se hai due figli piccoli, l'ultimo appena nato. la tua si ferma perchè il futuro non lo vedi più e se ti sforzi è nero, nerissimo.
in tutti i mesi a seguire mi sono sentita come Biancaneve dentro alla bara di cristallo.
la cosa strana è che i miei medici sono diventati i miei migliori amici, con l'eccezione di alcune amiche, io non ho voluto più frequentare nessuno, andare ai campetti con i bambini è stato un trauma, gli occhi adosso, le parole , lo capisco bene, imbarazzate, a volte invadenti, superficiali, insomma cosa si dice ad un'ammalata di cancro? e allora ho parlato io.
il mio momento prima dell'alba ( che bella questa immagine!) è sorto dopo l'perazione e proprio sul blog del dott. Salvo, che tanto mi ha aiutato ed ancora ora, quando torna un pò di notte, mi aiuta a ricordarmi che di nuovo l'alba sorgerà e che domani è un altro giorno.

Grazie.
Francesca

#9
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Mi associo ai complimenti per questa bella riflessione! :)
E ringrazio l'autrice! :)

#10
Ex utente
Ex utente

Che bell'articolo

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