Stare al buio per riguadagnare l’udito

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Come sappiamo, le persone cieche alla nascita hanno gli altri sensi più sviluppati della norma. Ma anche la cecità sopravvenuta in età adulta può portare a un affinamento dell’udito e degli altri sensi. Il cervello è dotato di plasticità, ovvero è in grado di riassegnare parti di se stesso che non possono più essere usate per una certa funzione ad altre funzioni più utili.

Ora ricercatori della University of Maryland e della Johns Hopkins University hanno mostrato che il cervello di topi adulti può andare incontro a un processo di compensazione (rewiring, cioè ricollegamento), producendo un miglioramento dell’udito dopo un breve periodo passato al buio.

I risultati sono pubblicati nella rivista Neuron del 5 febbraio e potrebbero portare a nuovi tipi di trattamento per le persone con perdita dell’udito o tinnito.

"Bloccando temporaneamente la vista, possiamo far sì che il cervello cambi le proprie interconnessioni in modo da processare meglio i suoni", dicono Patrick Kanold e Hey-Kyoung Lee, autori dello studio.

Topi adulti con vista e udito normali sono stati messi in un ambiente completamente buio per un periodo da 6 e 8 giorni. Dopodiché sono stati rimessi nel loro ambiente dotato di normale ciclo luce-buio. La loro vista è rimasta normale, ma l’udito è molto migliorato.

Gli scienziati hanno fatto ascoltare agli animali delle note e testato la risposta di singoli neuroni della corteccia uditiva, una parte del cervello dedicata esclusivamente all’udito, rilevando che le risposte di tali neuroni erano molto più frequenti e intense, più sensibili ai suoni di basso volume e che riuscivano a discriminare maggiormente fra i suoni. Il cervello di questi topi ha inoltre sviluppato più sinapsi (connessioni neurali) fra il talamo e la corteccia auditiva.

"Il fatto che tali cambiamenti siano avvenuti nella corteccia, un sistema avanzato di processamento sensoriale strutturato pressoché nello stesso modo in tutti i mammiferi, suggerisce che la flessibilità intersensoriale sia un tratto comune al cervello dei mammiferi", dice Kanold.

Esperimenti di questo tipo non sono ancora stati condotti con esseri umani e non è chiaro quanti giorni una persona dovrebbe restare al buio per ottenere effetti comparabili, né se sarebbe disposta a farlo. Ma potrebbe essere escogitata una qualche forma di training multi-sensoriale allo scopo di correggere difetti sensoriali anche negli esseri umani.

I topi usati nell’esperimento sono tornati alla loro soglia di udito normale dopo alcune settimane di esposizione all’ordinario ciclo di luce-buio. Le fasi successive dello studio indagheranno perciò sulle eventuali possibilità di rendere permanenti i cambiamenti.

Fonte: ScienceDaily online, 2014. A short stay in darkness may heal hearing woes.

Data pubblicazione: 07 febbraio 2014

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