Se l'infertilità è inspiegata, studiamo il DNA degli spermatozoi

lambertocoppola
Prof. Lamberto Coppola Ginecologo, Andrologo, Sessuologo

Lo spermatozoo ha un’anima biologica che rappresenta il motivo della sua stessa esistenza. Si tratta del DNA, la parte più nascosta della cellula e soprattutto la più sensibile all’attacco dei ROS. L’azione ossidante dei Radicali, infatti, pur lasciando integro l’aspetto morfologico della cellula riproduttiva, può attaccare direttamente le eliche del DNA rendendola instabile e generando, al suo interno, rotture e mutazioni.

I Radicali Liberi sono molecole estremamente aggressive per gli spermatozoi, ma se presenti in piccole quantità svolgono un ruolo importante per la loro maturazione finale e per la fecondazione. L’azione perossidativa dei radicali sulla membrana dello spermatozoo, infatti, è fondamentale affinché questo si attivi e si fonda con l’ovocita. A livello seminale, invece, la loro reattività è sfruttata dal sistema immunitario per difendere le cellule germinali da agenti patogeni di varia natura. Recentemente, inoltre, è stata dimostrata la loro importanza nella trascrizione genica indotta dagli ormoni sessuali.

La quantità di Radicali è regolata dalla Barriera Antiossidante costituita da un insieme di molecole capaci di inattivarne la produzione, di impedirne la formazione in eccesso e di contrastarne gli effetti in modo tale che non prendano il sopravvento. Le ghiandole genitali producono una grande quantità di molecole antiossidanti che si riversano nel plasma seminale in una concentrazione pressoché doppia rispetto a quella riscontrabile nel sangue. Ciò dimostra la peculiare protezione che l’organismo cerca di riservare alle cellule germinali. Una protezione che, in condizioni normali, viene assicurata anche dopo l’eiaculazione visto che il corteo di molecole antiossidanti accompagna lo spermatozoo nelle vie genitali femminili scortandolo fino alla meta finale, l’ovulo.

L'idea che i radicali liberi potessero essere implicati nei processi di invecchiamento cellulare è stata ipotizzata per la prima volta nel 1956 da Denham Harman, il quale formulò la "Teoria radicalica dell'invecchiamento". La teoria suggerisce che i radicali liberi, prodotti durante il normale metabolismo della cellula, col tempo danneggino il DNA ed altre macromolecole, portando a malattie degenerative, lesioni tumorali ed infine a danno irreversibile di cellule e tessuti. Alla teoria di Harmann si ricollega quella più recente di Miquel (1986) , detta “Teoria mitocondriale dell’invecchiamento” secondo cui i mitocondri controllerebbero la velocità d’invecchiamento cellulare rappresentando non solo gli elementi chiave nella formazione dei ROS ma anche i bersagli del danno causato dallo stress ossidativo. In base a tale ipotesi, specie longeve produrrebbero meno ROS di specie a vita breve.

Comunque, qualsiasi sia la teoria giusta il processo, quando avviene a livello dei gameti, influenza inesorabilmente l’esito di una fecondazione, sia essa naturale che artificiale.

L’introduzione nei laboratori andrologici di metodiche per la valutazione dell’integrità genomica ha permesso di individuare la causa celata di alcuni casi di infertilità inspiegata in soggetti con parametri seminali apparentemente nella norma. Inoltre, la scoperta di alterazioni genomiche potrebbe mettere in discussione le modalità di scelta degli spermatozoi da utilizzare per tecniche di fecondazione in vitro, che oggi si basano principalmente su criteri morfologici.

Lo studio del grado di frammentazione del DNA associato al dosaggio dei lipoperossidi e dell’Attività radicalica permette di chiarire se l’origine dei danni sia di natura ossidativa, suggerendo quindi all’andrologo la strada per una possibile terapia antiossidante.

L’uso combinato delle metodiche, inoltre, permette di monitorare l’efficienza del trattamento farmacologico.

Data pubblicazione: 07 aprile 2011

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