I fattori di mantenimento dell'ansia

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Dr. Massimiliano Iacucci Psicologo, Psicoterapeuta
I fattori di mantenimento dell'ansia sono quei meccanismi che appunto mantengono i sintomi ansiosi ed impediscono al paziente di liberarsene.
I principali sono:
  1. Evitamenti: Il paziente mette in atto degli evitamenti che gli danno l’impressione di salvarsi dalle conseguenze temute. Mantengono il problema perché confermano al paziente la credenza disfunzionale circa la sua incapacità di sopportare e gestire le conseguenze delle manifestazioni dell’ansia nelle situazioni temute. Ad esempio in un caso di fobia sociale, il paziente può decidere di evitare di andare a mangiare con gli amici nei luoghi affollati, di provare i vestiti nei negozi, di chiedere aiuto o informazioni se ha un problema per strada, di andare ai concerti, di fare la fila, di partecipare a cerimonie, etc.
  2. Attenzione e memoria selettiva: Ponendo attenzione ai sintomi aumentano i livelli di ansia e di attivazione fisiologica. Ciò non consente al paziente di testare ipotesi alternative rispetto a quella patogena e determinano una maggiore disponibilità di dati in memoria compatibili con essa. 
  3. Richiesta di rassicurazioni esterne sono un tentativo di ottenere delle conferme che le catastrofi temute non si verificheranno. Anche in questo caso, si tratta di tentativi “ingenui” di soluzione del problema. Questi comportamenti, pur contribuendo momentaneamente alla riduzione delle preoccupazioni e dell’ansia, a lungo andare mantengono e rinforzano il problema. Nella ricerca di rassicurazioni, molto spesso la persona potrebbe ottenere risposte contrastanti dai vari interlocutori, con un aumento, piuttosto che una diminuzione, delle preoccupazioni.
  4. Anxiety sensitivity: Le sensazioni legate all’ansia vengono considerate pericolose e possono produrre quindi maggiore ansia e perdita di controllo.
  5. Comportamenti protettivi:  tutti i comportamenti messi in atto per annullare o ridurre i segnali fisiologici dell’ansia (bere, fare respiri profondi, coprirsi in viso con le mani, controllare il battito cardiaco), aumentano gli stessi sintomi; non sortendo effetti positivi aumentano il carattere dell’incontrollabilità delle emozioni.
  6. Ruminazioni: I pensieri costanti e fissi sulla problematica, sul sintomo o sulla situazione temuta, determinano una focalizzazione sulla catastroficità, impedendo al paziente di costruire delle strategie di problem solving ovvero di generare pensieri e soluzioni alternative.
  7. Doverizzazioni: Ostacolano la scelta in base a desideri, preferenze.
  8. Problema secondario:  Il paziente si critica per il suo malessere non riconoscendone la legittimità. Le emozioni negative come senso di colpa, autosvalutazione, vergogna accrescono di conseguenza la sua tristezza e conducono a stati depressivi.
Data pubblicazione: 21 agosto 2014 Ultimo aggiornamento: 26 agosto 2014

6 commenti

#3
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Complimenti anche da parte mia. Articolo molto utile per la nostra Utenza. Spessissimo i pz alimentano i propri problemi proprio attuando strategie che mantengono e rafforzano la loro sofferenza

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