La ptosi palpebrale

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Si parla di ptosi quando il margine palpebrale superiore copre in parte o totalmente la pupilla. Si distinguono vari gradi di ptosi, dalla forma più leggera a quella più grave, in relazione al grado di copertura della pupilla.

Introduzione

Si parla di ptosi quando il margine palpebrale superiore copre in parte o totalmente la pupilla. Si distinguono vari gradi di ptosi, dalla forma più leggera a quella più grave, in relazione al grado di copertura della pupilla. Questa condizione s’instaura quando il muscolo elevatore (della palpebra superiore) non si contrae propriamente. La contrazione di questo muscolo può essere scarsa, a vari livelli, fino a mancare del tutto. Ogni grado d’insufficienza di contrazione può essere presente alla nascita (ptosi congenita) o comparire nel corso degli anni (ptosi acquisita).

 

Cause

Nella ptosi, l’abbassamento del margine palpebrale è causato da un alterato funzionamento del muscolo elevatore (un muscolo che proviene dall’interno della cavità orbitaria e si porta all’interno della palpebra superiore). Questo è un muscolo volontario, striato, che ha la funzione di sollevare la palpebra. La ptosi è presente nella sindrome di Marcus Gunn. In questa sindrome, il muscolo elevatore non è innervato, come di norma, dal nervo oculomotore, ma, in modo anomalo, dal nervo mascellare; questo è il motivo per cui il paziente solleva la palpebra quando apre la bocca.

 

Indagini preoperatorie

Prima dell’intervento, è indispensabile un accurato esame oculistico per escludere la presenza di diplopia: questa è una condizione nella quale i due bulbi non sono in asse. Nella ptosi il paziente è abituato a guardare con solo un occhio. Quando la palpebra potrà sollevarsi, dopo l’intervento chirurgico, il paziente guarderà con entrambi gli occhi e s’instaurerà la diplopia. Il sintomo conseguente è il mal di testa. L’uso di occhiali prismatici, o uno specifico intervento chirurgico, correggerà la diplopia.

 

Fattori di rischio

La condizione più problematica, da operare, è la ptosi congenita. Questa condizione è grave perché nello sviluppo della visione, le connessioni cerebrali fra i neuroni provenienti dalla retina e le cellule del cervello avvengono correttamente solo se il lattante vede. Quando la pupilla è coperta dalla palpebra, il piccolo non vede e le connessioni nervose non si formano. Se dopo il primo anno di vita la ptosi è ancora presente, s’instaura un difetto visivo permanente.

 

Terapia e trattamento

La ptosi richiede una correzione chirurgica. Nel caso di ptosi con insufficiente funzionamento del muscolo elevatore, l’intervento chirurgico prevede l’ accorciamento del muscolo stesso. Quando invece il muscolo elevatore manca di funzionalità, la chirurgia riparativa consiste nell’unire la palpebra superiore al muscolo frontale, situato nella fronte, in maniera che il paziente possa aprire la palpebra superiore, sollevando il sopracciglio.

Gli interventi praticati per unire la palpebra al muscolo frontale utilizzano materiale sintetico, oppure una striscia della fascia lata, prelevata dalla coscia del paziente stesso. Occorre però precisare che la fascia lata ha una sufficiente consistenza dopo i quattro anni di vita, per cui non può essere utilizzata nei bambini più piccoli; in questo caso la scelta è per forza di cose il materiale sintetico. Chiaramente, il materiale sintetico non cresce col bambino e possono intervenire complicanze, quali per esempio l’infezione, che possono manifestarsi anche dopo molti anni.

 

Una innovativa tecnica di correzione chirurgica

Dopo avere studiato attentamente i casi in cui il muscolo elevatore non funziona nei quali l’intervento obbligato è la sospensione della palpebra al muscolo frontale, con le difficoltà prima evidenziate, ho elaborato una tecnica personale, che utilizzo ormai da molti anni, con esiti sicuramente soddisfacenti. L’idea di partenza è di non impiegare il materiale sintetico, ma di utilizzare, al suo posto, lo stesso muscolo elevatore non funzionante.

 

Cenni sulla personale tecnica chirurgica

Il muscolo elevatore non funzionante è sezionato all’interno della cavità orbitale, portato (trasposto) nella fronte e suturato al muscolo frontale. Ho chiamato questa tecnica “EMT”, trasposizione del muscolo elevatore (EMT: Elevator Muscle Transposition). La tecnica è stata presentata e pubblicata nel 1999 al congresso ARVO a Fort Lauderdale (Florida). L’anno dopo, dimostrai, con l’elettromiografia (EMG), che il muscolo elevatore trasposto riesce a innervarsi di nuovo dal nervo facciale (che innerva normalmente il muscolo frontale).

Questi risultati di rilievo sono stati diffusi al congresso dell’ARVO nel 2000, sempre a Fort Lauderdale. Dal 1999 ho sempre utilizzato questa tecnica di trasposizione del muscolo elevatore per la ptosi senza funzionalità del muscolo elevatore. L’intervento è particolarmente indicato nel bambino piccolo, proprio per risolvere i problemi della visione, cui si è accennato sopra. Nel corso degli anni sono state praticate piccole modifiche alla tecnica originaria, con la semplificazione di alcuni passaggi chirurgici e la conseguente riduzione dei tempi chirurgici, per cui ora l’intervento può essere eseguito in meno di un’ora.

 

Applicazione della tecnica EMT nella sindrome di Marcus Gunn

Un’indicazione assoluta alla trasposizione del muscolo elevatore è la correzione della ptosi nei pazienti affetti da sindrome di Marcus Gunn. Con questo intervento si tagliano le fibre nervose anomale che innervano il muscolo elevatore, interrompendo così un circolo difettoso. Con questa tecnica, applicata da molti anni, non ho avuto complicanze, né di lagoftalmo, né d’infezione.

 

Modalità d’intervento chirurgico

L’intervento nei bambini si effettua con l’anestesia generale, mentre in un adulto si può eseguire in anestesia locale, con l’assistenza dell’Anestesista.

 

Controindicazioni

L’intervento ha sempre successo? Sì, quando è eseguito nei casi in cui la sospensione del muscolo elevatore è indicata. Pertanto, bisogna realizzare un attento studio del paziente e conoscere le controindicazioni all’intervento chirurgico perché il risultato non sarebbe quello desiderato. Le controindicazioni e le avvertenze che saranno di seguito presentate non sono specifiche dell’intervento di trasposizione del muscolo elevatore, ma sono riferite a tutti gli interventi di sospensione del muscolo elevatore.

 

Controindicazione nell’occhio cieco

Se la palpebra con la ptosi copre un occhio cieco, l’intervento non è indicato: infatti, l’apertura della palpebra rimane sempre un atto volontario e se il paziente non vedesse egli non contrarrebbe la fronte per sollevare il sopracciglio.

 

Controindicazione nella paralisi del nervo facciale

Altra controindicazione è la paralisi del muscolo frontale della fronte, che può presentarsi nella paralisi del nervo facciale: anche in questo caso, mancando la contrazione del muscolo frontale, la palpebra non potrebbe sollevarsi.

 

Sapere se ci sarà diplopia

Prima dell’intervento, come già detto, è indispensabile escludere la diplopia postoperatoria. Se con l’intervento chirurgico di correzione della ptosi si aprisse la palpebra e il paziente vedesse sdoppiato, egli tenderebbe a non contrarre il muscolo della fronte per non avere disturbi visivi e mal di testa. Bisogna informare il paziente che questi sintomi si potranno curare con occhiali con lenti prismatiche o potrà sottoporsi all’intervento per strabismo.

 

Conclusioni

L'intervento di trasposizione del muscolo elevatore, EMT, è indicato nella ptosi palpebrale senza funzionalità del muscolo elevatore. L'indicazione primaria della tecnica è nel bambino piccolo, che può essere operato al di sotto dell'anno di età, consentendogli un regolare sviluppo della visione; altra indicazione è la sindrome di Marcus Gunn. Gli adulti possono essere operati senza ricorrere al prelievo di fascia lata dalla loro coscia.

Evitare d'impiegare materiale sintetico annulla le complicanze dell'infezione e del rigetto. Inoltre, la reinnervazione del muscolo elevatore trasposto fa sì che tale muscolo acquisisca un'intrinseca contrattibilità: dopo un anno dall'intervento, il paziente solleverà la palpebra con un minimo sforzo.

 

Bibliografia

1. G.L. Zigiotti, Scorolli L. Meduri R.A., et al: A new technique of transposition of palpebrae superioris elevator muscle and Müller’s muscle to the frontalis muscle in the correction of blepharoptosis. Invest Ophthalmol Vis Sci. 1999; 40(4): B281. Abstract nr 4478

2. GL Zigiotti, L Scorolli, R.A Meduri, et al.: The reinnervation of the transposed elevators by the facial nerve in blepharoptosis surgery Invest Ophthalmol Vis Sci 2000; 41(4): B462

3. GL Zigiotti, FA Nesi, L Scorolli: Chirurgia Oftalmoplastica. Roma, Aracne Editrice, 2006

 

Data pubblicazione: 18 maggio 2012

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