Diritto alla salute ed umanizzazione della medicina

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana

...a partire dal 1950 la Medicina si configura come il più gigantesco contesto di successi che la storia abbia mai conosciuto”

M. Jori

 

 

Questa frase di Jori ha toni forse eccessivamente trionfalistici ma segna a mio parere lo spartiacque tra la salute come aspirazione e la salute come diritto.

Prima del XX secolo, e sempre maggiormente andando indietro nel tempo, la buona salute dipendeva infatti quasi esclusivamente dalla Fortuna: quella di aver ereditato un buon corredo genetico e quella di non appartenere ai ceti bassi della popolazione dove, per le cattive condizioni igieniche e di nutrizione, la mortalità era significativamente più alta con punte incredibili per quella infantile.

Neanche i ricchi però se la passavano bene: anche per loro non esistevano cure efficaci e spesso si ammalavano di malattie legate ad eccessi e sbilanciamenti alimentari (pensiamo ad es. alla gotta legata ad eccessivo consumo di carni e di vino).

La migliore esemplificazione di quanto sopra è la durata media della vita nei secoli:

  • 15 anni nell'Età della Pietra
  • 20 anni nel V secolo a.C.
  • 35 anni nell'epoca della Rivoluzione Industriale
  • 45 anni nel primo 900
  • circa 80 anni oggi (ancora 30-40 anni però nelle zone povere del pianeta)      

(Enzo Brivio: magazine paginemediche.it)

Gli straordinari progressi della Medicina, unitamente al miglioramento delle condizioni di vita, hanno indubbiamente migliorato l'aspettativa di vita e di buona salute ma hanno anche contribuito all'affermarsi dell'idea che la salute non è solo un'aspirazione ma anche un diritto per i cittadini e di conseguenza un dovere per coloro che devono garantirla:

  • STATO
  • REGIONE
  • DIRETTORI DEGLI OSPEDALI
  • MEDICI
  • INFERMIERI
  • TECNICI

 

Questo diritto è anche fortemente tutelato dall'articolo 32 della nostra Costituzione, entrata in vigore il I Gennaio 1948:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. 

L'articolo 32 è certamente molto ricco di spunti di riflessione:

  • La salute non è solo un diritto del singolo individuo ma anche un interesse della collettività tanto è vero che in alcuni casi la Legge prevede anche il dovere di curarsi sempre però nel rispetto della persona umana. Ad esempio una persona con gravi disturbi psichiatrici per i quali è pericoloso per sè e per gli altri, dopo una lunga procedura volta ad accertare questa condizione, può essere obbligato a curarsi: il problema sorge però sulla condizione di rispetto della persona umana che, come la cronaca ci dimostra, non viene garantita sempre.
  • Lo stato garantisce cure gratuite agli indigenti.In Italia,a differenza di altri Stati, l'assistenza medica soprattutto in urgenza non si nega a nessuno. Il problema dei nostri tempi è la qualità dell'assistenza che non può non risentire delle differenze geografiche e delle terrificanti restrizioni imposte dalla congiuntura sulla Sanità: su questo punto non mi soffermo ulteriormente perchè se ne parla quotidianamente e soprattutto perchè nulla sarà risolto finchè si considererà la Sanità alla stregua di un'Azienda.
  • Il rispetto della persona umana:principio sacrosanto che richiama quello di una Medicina più "umana" che cercherò di affrontare più avanti.

 

L'articolo 32 della Costituzione è senza dubbio intriso di ideali e concetti di altissimo profilo. La riprova è data dal fatto che gli stessi concetti sono stati ripresi da altre Nazioni che consideriamo più evolute della nostra:

  • Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) si parla di "diritto alla sicurezza in caso di malattia e di invalidità"
  • La Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (1948) afferma che "il godimento del livello di salute più elevato possibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano,senza distinzione di razza,religione,credo politico,condizioni economiche e sociali"

Sono indubbiamente parole molto belle che però ci devono perlomeno fare vergognare, riflettere ed agire quando quotidianamente i mass media ci propongono storie ed immagini terrificanti e non solo dal "terzo mondo".

Restando alle nostre latitudini, la domanda che ci dobbiamo porre e che soprattutto dobbiamo girare alla Politica è perfino ovvia:

  • i continui tagli, spesso lineari, alla Sanità rispettano l'articolo 32 della nostra grande Costituzione?
  • Come si possono conciliare le esigenze economiche con il Diritto alla Salute?
  • Non si può cercare di porre rimedio al più grave errore storico di questi ultimi anni che è stato l'assimilare la Sanità e quindi la Salute ad un'Azienda?

 

L'articolo 32 afferma che il rispetto della persona umana è al centro di tutto ed è perfino superiore alla Legge. Questo punto, anche se indirettamente, pone al centro del diritto alla salute l'umanizzazione della Medicina.
Di questo argomento però, paradossalmente, si sta parlando solo da pochi anni. I motivi di questa colpevole dimenticanza sono svariati:

  • negli ultimi anni il mondo medico si è concentrato soprattutto sul progresso scientifico e tecnologico mettendo un pò da parte l'aspetto umano della Medicina che nasce semplicemente dal rapporto diretto tra una persona sofferente che chiede aiuto ed un operatore sanitario (non importa se medico, infermiere, tecnico o altro) che deve cercare di dare questo aiuto. Si è passati nel corso degli anni dal concetto paternalistico (medico semidio,arbitro del destino del paziente) all'alleanza terapeutica (equilibrio medico-paziente) al contratto (paziente come cliente che esige una prestazione).
  • Si è perso l'aspetto più importante del rapporto medico-paziente (la fiducia) e si è prestata più attenzione alla malattia che al malato. La tecnologia ha finito col prevalere sul rapporto umano tra il medico ed il paziente. Dire però che la tecnologia è disumanizzante è solo un alibi perchè le macchine dipendono ancora, per fortuna, dagli uomini che ne fanno uso.

 

Ed allora di chi è la principale colpa di una Medicina così poco "umana"?

Non delle macchine ma degli stessi operatori della salute che hanno dimenticato che "è più importante sapere che tipo di paziente è quello che ha la malattia (oggi diremmo è altrettanto importante) piuttosto che sapere che tipo di malattia è quella che ha il paziente (Osler,1890)".

Il Medico deve stabilire col paziente un contatto umano prima che professionale, deve sapere ascoltare senza porre fretta. Quante volte invece sentiamo stupide ed arroganti affermazioni del tipo: "qui decido io", "come vi permettete di disturbarmi?", "dite velocemente perchè ho da fare", "questo non è un problema mio".

Altro aspetto, figlio della medicina "disumana" è un concetto fortemente radicato e fonte di continue sofferenze per molti medici: il medico professionalmente più bravo è una specie di Divinità inavvicinabile e che incute soggezione mentre quello meno bravo compensa con la disponibilità ed il buon carattere. Per fortuna il continuo esempio di medici preparati ed anche "umani" sta cambiando progressivamente questa distorsione di giudizio.

 

Si può cercare di porre freno a questa disumanizzazione della Medicina?

Certamente il miglioramento delle condizioni di lavoro può essere di aiuto ma questo non è risolutivo e soprattutto non dipende dagli operatori sanitari che invece subiscono le restrizioni, i tagli del personale, i turni massacranti fonti di stress continuo. E' indiscutibile che lo stress è un nemico della serenità; ma quanti Colleghi conosciamo che pur con tante difficoltà riescono ad essere apprezzati dai pazienti proprio per le doti umane?

Il problema è quindi più complesso e coinvolge in particolare la Comunicazione in ambito sanitario che è notevolmente trascurata nella preparazione universitaria e dalla Aziende Sanitarie. Questo argomento è molto importante e richiede ulteriori approfondimenti in quanto penso che l'umanizzazione della medicina debba passare obbligatoriamente attraverso un miglioramento della comunicazione tra operatore sanitario e paziente affiancate da misure che riguardano l'accoglienza e l'organizzazione del lavoro.

Queste ultime misure non sono però sufficienti: perchè infatti quando abbiamo bisogno di una struttura sanitaria, soprattutto alle nostre latitudini, ci sforziamo di sapere se conosciamo qualcuno che ci lavora? Ovviamente ci sentiamo più sicuri se sappiamo di interagire con qualcuno e non con qualcosa.

 

C'è un ultimo punto di riflessione: una medicina più "umana" è un dovere etico professionale e morale per chi sceglie una professione sanitaria mentre è una contraddizione in termini il contrario considerando che curare significa prendersi cura di una persona e questo è un atto umano per eccellenza; ma è tutto qui?

La risposta è no: il rapporto umano migliora anche l'efficacia delle terapie. Alcuni esempi scientificamente validati:

  • La stessa terapia data ad un soggetto depresso funziona meglio se si stabilisce tra paziente e medico un rapporto di solidarietà e fiducia.
  • La serenità ed il buon umore aumentano le difese immunitarie mentre lo stress e la depressione le riducono.
  • Il buon umore aumenta la produzione di endorfine aumentando la soglia del dolore.
  • La clown-terapia è utile nel ridurre il consumo di antidolorifici in bambini affetti da neoplasie.
  • Una nuova disciplina(la gelotologia) studia il valore salutare del ridere.

 

Un approccio umano della professione medica non è quindi solo doveroso, giusto e gratificante ma migliora anche l'efficacia delle cure!

 

Data pubblicazione: 04 novembre 2013

Autore

vincenzorossi
Dr. Vincenzo Rossi Neurologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1976 presso università Federico II-Napoli.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Napoli tesserino n° 13218.

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