La rigenerazione ossea guidata (GBR)

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Dr. Enzo Di Iorio Dentista, Odontostomatologo

La rigenerazione ossea guidata (GBR) è una tecnica chirurgica che, rendendo possibile la riparazione dei difetti ossei, ha aperto nuovi orizzonti in implantologia odontoiatrica ed in altri campi della chirurgia oro-maxillo-facciale.

Introduzione

La rigenerazione ossea guidata (GBR) è una tecnica chirurgica che, rendendo possibile la riparazione dei difetti ossei, ha aperto nuovi orizzonti in implantologia odontoiatrica ed in altri campi della chirurgia oro-maxillo-facciale laddove risulti necessario un incremento osseo.

La GBR si avvale dell’ utilizzo di dispositivi barriera (membrane); la loro azione si esplica mediante:

  1. la creazione ed il mantenimento al di sotto di essa di spazio protetto entro andrà ad organizzarsi un coagulo ematico;
  2. l’esclusione dal coagulo ematico dei tessuti molli non osteogenici (cioè di quelle cellule che non sono in grado di produrre osso);
  3. la concentrazione locale di fattori di crescita ossea (le cosiddette Bone Morphogenetic Proteins) che si liberano dagli osteoblasti e da altre cellule in seguito alle lesioni ossee e dunque anche in seguito al trattamento chirurgico correlato al posizionamento degli impianti.

In definitiva, al di sotto dello spazio delimitato dalla membrana si formerà in un tempo di 6-9mesi un osso maturo.

In implantologia le membrane possono essere utilizzate nel trattamento di difetti ossei perimplantari, trovando indicazione sia nei casi di insufficienze della cresta ossea (che si manifestano con esposizioni di spire, deiscenze, fenestrazioni)

sia in associazione ad impianti immediati post-estrattivi.

E’ possibile anche che il posizionamento dell’impianto avvenga dopo che sia stato preventivamente trattato il difetto osseo mediante GBR.

 

Le membrane

Le membrane si dividono in due grandi categorie:

1. Non riassorbibili

2. Riassorbibili

Le prime ad esser state utilizzate e quelle più ampiamente studiate sono senza dubbio le membrane non riassorbibili di politetrafluoroetiIene-espanso (e-PTFE).

Il tentativo di ovviare almeno in parte alcune problematiche emerse con l’utilizzo di tali dispositivi, in particolar modo la necessità di rimuovere la membrana con un secondo intervento chirurgico, ha portato, allo studio prima e all’introduzione clinica poi, di membrane costituite da materiali che vengono degradati dall'organismo. Nascono così le membrane riassorbibili.

Sono state proposte membrane costituite da materiali riassorbibili quali collagene, cellulosa ossidata, acido polilattico, acido poligalattico, ecc..

 

Materiali da innesto

Al di sotto delle membrane, per evitare che esse collassino sotto la pressione dei tessuti molli che le ricoprono si possono utilizzare materiali da innesto osseo.

Gli innesti ossei vanno a costituire oltre che un sostegno per le membrane stesse, un'impalcatura per gli osteoblasti implicati nel processo di rigenerazione ossea e inoltre, possono stimolare essi stessi il processo di neoformazione ossea.

I materiali da innesto osseo possono essere suddivisi in:

Autoinnesti: osso proveniente dallo stesso paziente,

Alloinnesti: osso proveniente da individui della stessa specie,

Xenoinnesti: provenienti da speci diverse,

Materiali alloplastici: di derivazione sintetica.

Questi materiali possono presentare una o più delle proprietà comunemente descritte come: osteoconduttive, osteoinduttive o osteogenetiche.

I materiali con proprietà osteocontuttiva fungono da impalcatura per la deposizione del nuovo osso.

I materiali con proprietà osteoinduttive contengono proteine che stimolano la prolifrazione e la differenziazione delle cellule progenitrici in osteoblasti.

I materiali con proprietà osteogenetiche contengono cellule osteoblastiche e/o loro precursori e collocati in ambiente adeguato sono in grado di formare nuovo osso.

Indipendente dalla loro origine e dalle loro proprietà i materiali da innesto osseo devono essere sicuri e biocompatibili.

L'osso autologo rappresenta il materiale da innesto osseo ideale possedendo sia proprietà osteoconduttive che osteoinduttive che osteogenetiche.

I siti donatori possono essere intraorali o extraorali. I siti donatori intraorali più utilizzti sono il mento, il corpo e il ramo della mandibola e la tuberosità mascellare. Tra i siti donatori extraorali vanno annoverati la cresta iliaca, la tibia e la calvaria.

In definitiva l'osso autologo rappresenta il gold standard come materiale da innesto ma bisogna considerare che il suo grado di riassorbimento è imprevedibile ( fino al 60% negli innesti corticospongiosi ), inoltre vi è morbilità del sito donatore e non è disponibile in quantità illimitata.

Gli alloinnesti sono costituiti da osso prelevato da un donatore e utilizzato in individui della stessa specie (osso di banca) . In chirurgia ortopedica è un materiale utilizzato da oltre 120 anni.

Può essere FFB (fresh frozed bone): osso fresco congelato, FDBA (freeze dried bone allograft): osso liofilizzato o DFDBA (demineralized freeze dried bone allograft) osso liofilizzato e demineralizzato.

Gli alloinnesti indiscutibilmente contengono molecole osteoinduttive tuttavia è discutibile se tali molecole siano presenti in forma attiva e se le loro concentrazioni siano sufficienti ad indurre una reale neoformazione ossea. Inoltre gli alloinnesti si riassorbono come gli innesti di osso autologo . Ulteriori problematiche legate all’utilizzo di tali materiali potrebbero emergere in relazioen a considerazioni di carattere etico (si tratta di osso prelevato da cadavere da considerate al pari di un trapianto)e al rischio di trasmissione di malattie infettive, almeno teoricamente possibile (e riportato da alcuni autori in letteratura) per alcune presentazioni di questo materiale.

Gli xenoinnesti sono costituiti da materiale minerale derivato da animali o coralli o alghe a cui è stata rimossa la componente organica per ridurre immumogenicità e rischio di trasmissione di malattie.

Tra gli xenoinnesti più utilizzati senza dubbio va citato l'osso bovino in cui la componente organica in seguito a trattamento termico, chimico o entrambi, viene eliminata per ridurne l'immunogenicità ed il rischio di trasmissione di malattie infettive. I metodi di produzione dell'osso bovino deproteinizzato (DBBMs: Deproteinezed Bovine Bone Minerals) hanno un forte impatto sul loro comportamento biologico per via del cambiamento nelle caratteristiche di superficie mostrando perciò proprietà osteoconduttive e tassi di riassorbimento molto diversi.

I sostituti ossei alloplastici essendo di natura completamente sintetica non presentano rischi di trasmissione di malattie infettive.

I più utilizzati e maggiormente studiati, in quanto la loro composizione ricorda da vicino quella dell'osso, sono costituiti da diverse formulazioni di fosfato di calcio sotto forma di idrossiapatite (HA) e β-fosfato tricalcico (TCP) o combinazioni di questi chiamati fosfati di calcio bifasici.

Ad oggi i materiali alloplastici sono una valida alternativa ai sostituti ossei di origine biologica ma a non è stato ancora possibile sintetizzare il sostituto osseo ideale.

 

Conclusioni

In conclusione la scienza ci mette oggi a disposizione materiali e tecniche che ci consentono di raggiungere risultati un tempo insperati in chirurgia ossea rigenerativa pre-implantare, la scelta finale sulle metodiche da attuare e su cosa adoperare per ottenere i migliori risultati spetta al chirurgo sulla base di quella che è la sua esperienza, cultura e sensibilità clinica.

 

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Data pubblicazione: 22 dicembre 2012

Autore

enzodiiorio
Dr. Enzo Di Iorio Dentista, Odontostomatologo

Laureato in Odontoiatria nel 1998 presso Università degli studi di Chieti.
Iscritto all'Ordine degli Odontoiatri di Chieti tesserino n° 355.

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