Ansia sociale, fobia sociale e personalità evitante

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

L'articolo descrive le sindromi riguardanti la cosiddetta ansia sociale, dalla forma caratteriale (timidezza), al disturbo maggiore (fobia sociale) alle forme croniche attenuate (personalità evitante).

"Ansia sociale" è un'espressione che indica una reazione di diffidenza, timore o vera e propria paura in situazioni in cui si è sottoposti al giudizio o al confronto con altre persone. Non importa che questo confronto sia sempre "fisico" o che gli altri esprimano opinioni o assumano atteggiamenti negativi rispetto a quel che si dice o si fa, è sufficiente che la loro presenza, o il sapere che potranno giudicare o commentare quello che la persona ha fatto o detto.

La persona tende ovviamente a concentrarsi sull'idea di come fare ad evitare o gestire atteggiamenti negativi, o di rifiuto o di derisione da parte degli altri, il che lo rende ipersensibile a questo tipo di atteggiamenti, e lo spinge a sopravvalutarne l'impatto e le conseguenze squalificanti.
Parallelamente, l'ansia sociale "paralizza" e riduce o toglie la capacità di reagire o semplicemente di "ignorare" il pensiero della propria inadeguatezza o inferiorità, per cui costringe in una posizione spiacevole e penosa, anche quando niente succede di quello che si era temuto.

L'idea che la persona con ansia sociale ha di sé può prendere due vie:

  • da un lato può pensare di essere effettivamente incapace, o goffa, o inadeguata (questo spesso accade quando subentra uno stato mentale depressivo, in cui l'autostima cala);
  • altrimenti, la persona può conservare una buona autostima teorica, ma ritenersi un "incapace" sociale, e pensare di essere quindi destinato ad una vita sociale difficoltosa e povera di occasioni o di risultati.

Inoltre, ciò che la persona con ansia sociale teme di più è l'essere riconosciuto come tale mentre si sta sforzando di camuffare il proprio disagio. Se gli altri notano l'impaccio, o vi ironizzano sopra benevolmente, o notano che la persona è "sulle spine", la persona si sente "scoperta" e umiliata.

Per questo, l'ansia sociale peggiora se all'ansia si associano segni, cioè elementi visibili come la sudorazione, il tremore, il balbettìo, il rossore. Ugualmente, il disagio è maggiore se la persona si rende conto di essere notato per alcuni atteggiamenti istintivi che accompagnano il disagio nel confronto con gli altri, tipo il tenere lo sguardo basso o sfuggente lateralmente ("non guardare negli occhi"), il non sorridere o ammiccare durante un dialogo, il prendere seriamente e alla lettera le battute o le ironie sul proprio conto.

Ansia e fobia

Questa forma di ansia può semplicemente generare un disagio durante le situazioni, o rendere talmente angosciose da spingere la persona ad evitarle sistematicamente.

Nel secondo caso si usa il termine "fobia": la persona è letteralmente spaventata quando è obbligata ad esporsi alle situazioni temute, e l'ansia non svanisce dopo i primi momenti, cioè non c'è un adattamento, anzi il contrario.
Comunque, anche senza l'evitamento, l'ansia sociale può compromettere le prestazioni, o spingere la persona a evitare di esporsi in maniera diretta di fronte agli altri, a scegliere o accettare le prime soluzioni che trova per il timore di non trovare di meglio, non riuscire a "dir di no" o a sostenere le proprie ragioni quando si contrappone agli altri o deve "lottare" per ottenere quel che vuole.

L'ansia sociale limita la libertà di commentare, di raccontare di sé, di proporre i propri pensieri o gusti, di fare proposte agli altri, insomma, di "giocare" le proprie carte e di sentirsi alla pari sul campo delle relazioni di tutti i giorni.
La persona può riuscire invece a gestire alcune relazioni, quelle con persone fidate, o quelle in cui è sicuro di essere nettamente superiore agli altri (per esempio per competenza professionale), anche se rispetto ai suoi pari (colleghi, per esempio) assumerà una posizione psicologicamente subalterna o timorosa.

Esiste anche un'ansia sociale da proiezione, ovvero sentirsi in imbarazzo per gli altri, quando si rendono ridicoli, o meglio perché si percepisce il ridicolo o il buffo degli altri che si esibiscono come spiacevole o imbarazzante su di noi, quasi ci si immedesimasse nella situazione da un punto di vista ansioso.

L'ansia o fobia sociale può iniziare ad un certo punto della vita, o iniziare come carattere, in maniera flessibile per poi trasformarsi in un disturbo, specialmente quando la persona viene a contatto con gli ambienti sociali dei coetanei, la scuola, la spinta a cercare rapporti sentimentali e sessuali, etc.

Personalità evitante

Quando l'ansia coinvolge più o meno tutti i tipi di relazioni (ansia sociale "generalizzata") ed inizia presto per poi rimanere, la personalità della persona diventa "evitante".
La persona "evitante" non appare più ansiosa, perché ha uno stile di vita improntato all'esclusione delle situazioni sociali, che non sono neanche prese in considerazione, e all'angoscia e al disagio può subentrare una specie di "avversione" per le occasioni obbligate di contatto con gli altri in gruppo, mentre alcune relazioni "individuali" sono possibili e coltivabili.
Le situazioni nuove sono mal tollerate, e la persona perde la spinta a cercare un migliore adattamento all'ambiente, convinto che l'unica soluzione possibile sia trovarsi da solo uno spazio abbastanza isolato. I contatti con gli altri sono accettati se necessari ma ridotti al minimo indispensabile.

L'ansia sociale trova una risposta peggiorativa nell'atteggiamento degli altri.

La persona timorosa è spesso oggetto di vessazioni o di esclusione negli ambienti di coetanei, ma a questo contribuisce anche la sua posizione "di difesa", che negli altri stimola l'istinto di sopraffazione. Inoltre, la persona sopravvaluta questi atteggiamenti "del branco" e si sente oltremodo squalificato anche se basterebbe un atteggiamento diverso per volgere le cose a proprio favore.
Gli altri non percepiscono la sofferenza della persona, spesso non la calcolano oltre il singolo episodio in cui lo vedono a disagio, e spesso equivocano la diffidenza ansiosa con una sorta di atteggiamento di snobismo o di disinteresse o aridità.
Peraltro, la persona con ansia sociale non ci tiene a chiarire il perché del suo disagio o della sua apparente chiusura, poiché non ama essere riconosciuto come "timido" e quindi potrà anche paradossalmente evitare di chiarire l'equivoco.

E' possibile curare questi disturbi?

L'ansia e la fobia sociale sono disturbi curabili, spesso al di là delle aspettative di chi ne soffre da anni o da tutta la vita.

Una variabile importante è però la diagnosi complessiva, che considera anche altri aspetti psichici, quali ad esempio la stabilità dell'umore o la presenza di ossessioni o deliri che alimentano forme diverse di disagio sociale.

La fobia sociale adolescenziale, così come ogni altro disturbo d'ansia, può essere il primo episodio di un disturbo bipolare.
Inoltre, è importante la diagnosi differenziale, cioè la distinzione, a partire da un disagio sociale, della matrice "fobia sociale" da altre matrici: alla base di un disagio sociale può esserci per esempio un delirio "di riferimento" che spinge la persona a ritenersi oggetto di commenti o attenzioni spiacevoli da parte degli altri, con conseguente disagio e isolamento sociale.

Questo ultimo quadro di disagio sociale, che motiva un'ansia sociale secondaria, è frequente come disturbo che si sviluppa in utilizzatori cronici di cannabinoidi o dopo un abuso di amfetamine.

Data pubblicazione: 10 giugno 2010

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

Iscriviti alla newsletter