La relazione psicoterapeutica

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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta

L'effetto terapeutico della psicoterapia passa attraverso la relazione tra due soggetti: lo psicoterapeuta e il paziente, che lavorano insieme per lo stesso obiettivo di benessere del paziente.

E' ormai diffusamente riconosciuto nella comunità scientifica che l'effetto terapeutico della psicoterapia passa attraverso la relazione tra due soggetti coinvolti: lo psicoterapeuta e il paziente.

Questa relazione è ben spiegata dalla definizione tecnica di alleanza terapeutica: affinchè tutto il lavoro che si svolge in seduta abbia la forza per essere utile, si deve creare una situazione nella quale il paziente abbia la sensazione che entrambi stiano lavorando insieme per uno stesso obiettivo di miglior benessere del paziente.

In particolare, nella prospettiva teorica e clinica della Psicologia Individuale, l'alleanza ha le sue basi nel sentirsi accettati dal proprio terapeuta (sensazione che non è scontata), compresi, accolti e incoraggiati nel processo di cambiamento che si affronterà.

Questo non significa che ci si sentirà sempre bene e felici nella stanza della terapia, ma che, anche nei momenti in cui ci sembrerà molto pesante e faticoso andare alla seduta, potremmo farlo con la sicurezza di compiere un viaggio insieme ad una persona (prima ancora che un professionista) che lavora con fiducia nelle nostre possibilità di riuscita.

 

Come scegliere lo psicoterapeuta?

Ci sono molti modi in cui si può arrivare a fissare un primo appuntamento con un terapeuta.

Se ci si rivolge al Servizio pubblico si ha garanzia sulla competenza e serietà del professionista. Poichè non è possibile scegliere il professionista o l'orientamento con cui ci si troverà a lavorare, non è detto che ci si trovi bene con il suo metodo di lavoro.

La scelta nel privato spesso avviene sulla base del consiglio di un amico o di un medico. Il vantaggio è che si ha la sicurezza di non incorrere in brutte sorprese (anche se è sempre meglio verificare che il professionista sia iscritto all'Ordine degli Psicologi e abbia l'abilitazione all'esercizio della psicoterapia). D'altra parte, però, non siamo tutti uguali e ciò che va bene per un amico può non corrispondere alle nostre esigenze, soprattutto quando si parla di relazioni umane.

In alternativa si può cercare negli elenchi on-line, consultare curriculum e schede personali, valutare le esperienze e competenze specifiche.

 

Il colloquio

Il primo colloquio è il modo migliore per valutare la nostra scelta. Ci viene sempre detto di non fidarsi delle apparenze, ma ascoltare l'istinto e ciò che si prova al primo incontro può offrire delle indicazioni utili alla scelta. La relazione profonda che si instaura in terapia necessita di un clima di fiducia: dunque la prima impressione deve essere, almeno, di chiarezza, serietà, decoro. Inoltre dovrebbe emergere una sorta di affinità emotiva e intellettuale con lo psicoterapeuta: sentirsi a proprio agio vuol dire che il terapeuta è stato capace di modulare le sue comunicazioni sulle modalità e sulle esigenze del paziente.

La fiducia è il sentimento basilare per ogni relazione di cura. Quando ci si affida ad un curante bisogna sentirsi sicuri di essere in buone mani. Questo significa, innanzi tutto, appurare la sua professionalità negli elenchi dell'Ordine degli Psicologi. Nel caso della psicoterapia, però, la fiducia non è un sentimento a senso unico: la relazione affonda la sua forza nella fiducia che il terapeuta ripone nelle possibilità di cambiamento dell'individuo che ha di fronte e nella capacità che ha di trasmetterla.

Da ciò emerge che la relazione psicoterapeutica deve essere asimmetrica per certi aspetti e simmetrica per altri. Risulta asimmetrica la posizione che necessariamente si instaura tra il terapeuta che possiede competenze e strumenti per la cura e il paziente che ha bisogno di aiuto. Queste posizioni sono evidenziate dal fatto che è il paziente a recarsi nello studio del terapeuta e che lo paga per il suo lavoro. Inoltre non sono previsti coinvolgimenti su un piano amichevole, come ad esempio lo scambio di regali. Tale “sproporzione” è però equilibrata da elementi che rendono la relazione maggiormente simmetrica: chi entra in gioco sono due individui, uguali sul piano umano ed etico, che si devono reciproco rispetto e stima, entrambi con le proprie capacità, competenze, vulnerabilità e sentimenti.

Quando si parla di relazioni si sente spesso usare la parola empatia. Essa si riferisce alla capacità di un individuo di immedesimarsi in un'altra persona e comprenderla oltrepassando ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. In questo modo la qualità della relazione si fonda sull'ascolto non valutativo e si concentra sulla comprensione dei sentimenti e dei bisogni fondamentali dell'altro. L'empatia, al contrario della “simpatia” che porta a condividere i sentimenti dell'altro, permettere al terapeuta di comprendere i sentimenti e le sofferenze del paziente, incorporandoli nella costruzione del rapporto di cura ma senza esserne sopraffatto.

La capacità di empatizzare è una caratteristica personale che lo psicologo ha affinato professionalmente per utilizzarla nel suo lavoro; essa è alla base della sensazione che percepiamo di essere umanamente compresi dalla persona con cui stiamo interagendo.

Uno strumento fondamentale per la comprensione dell'altro è l'ascolto. Sembra banale, ma chiunque può fare esperienza di come non sia così facile ascoltare chi ci parla: ci si distrae, si interrompe con domande, ci si lascia trasportare dalle emozioni che il racconto ci suscita oppure si rimane del tutto distaccati. L'ascolto che lo psicoterapeuta mette in atto, attento e non giudicante, è un continuo mediare tra tutte queste sollecitazioni che la relazione interpersonale suscita.

Tutto ciò che si muove all'interno della relazione professionale tra psicoterapeuta e paziente dovrebbe sostenere e incoraggiare quest'ultimo nel suo percorso di cambiamento verso un migliore adattamento del suo stile di vita.

 

In psicoterapia, dunque, ci si dovrebbe sentire a proprio agio con il terapeuta, perchè si percepisce una sensazione di fiducia, comprensione, ascolto, incoraggiamento e non ci si sente giudicati, svalutati, costretti o sfruttati. In questo clima, attraverso l'esperienza emotiva vissuta in prima persona delle proprie risorse e di soluzioni alternative a quelle fallimentari fin'ora attuate, si trova la strada verso la propria identità.

 

Fonti:

ADLER A. (1924), Praxis und Theorie der Individualpsychologie, tr.it. Prassi e teoria della Psicologia individuale, Astrolabio, Roma, 1967.

ANSBACHER H.L. e ANSBACHER R.R. (1956), The Individual Psychology of Alfred Adler, tr.it. La Psicologia Individuale di Alfred Adler, Psycho, Firenze, 1997.

DINKMEYER D., DREIKURS R. (1963), Il processo d’incoraggiamento, in SANFILIPPO B. (1998) Itinerari adleriani, Angeli, Milano

ROVERA G.G., GATTI A. (1982), Considerazioni psicopatologiche ed applicazioni cliniche in tema di strategie dell’incoraggiamento, Rass. Ig. Ment., IV, 1-4, 105-132.

ROVERA G. G., FASSINO S. (1988), La sub-cultura e lo stile di vita del paziente e dell’analista come variabili interdipendenti nella relazione psicoterapeutica, in Modelli e tecniche in psicoterapia, a cura di Petrella F., Centro Scientifico Torinese Editore.

Data pubblicazione: 22 settembre 2011

Autore

p.cattelan
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 2004 presso Università degli Studi di Torino.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Piemonte tesserino n° 4945.

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