Il disagio psicologico nella malattia cronica: adolescenza e diabete di tipo 1

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Dr.ssa Irene Bellodi Psicologo, Psicoterapeuta

Quando una malattia cronica come il diabete di tipo 1 incontra l'adolescenza nuovi interrogativi si aprono e l'unione di professionisti diversi diventa fondamentale per cercare di risolvere l'interferenza creata dalla malattia tra la mente ed il corpo

Mente e Corpo

La dicotomia mente corpo è una realtà abbandonata ormai da tempo nella teorizzazione dell’essere umano, la prima forma ufficiale di questa concettualizzazione si ebbe nel 1948 quando l’O.M.S definì la salute come “[..]uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità. Il possesso del massimo stato di salute che è capace di raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”

Mentre per tutti gli anni precedenti a questa ufficializzazione dell’ O.M.S ci si è battuti per disconfermare questa filosofia arcaica, forse oggi, ci si sofferma ancora poco sul teorizzare la complessità e la sinergia di queste due entità: la mente ed il corpo.

La malattia, intacca il corpo ed è fonte di sofferenza, sia fisica che psichica e, in alcuni casi diventa una costante all’interno della vita di tutti i giorni portando cambianti radicali nei rapporti sociali, nelle relazioni affettive, nelle abitudini quotidiane: uno dei casi più eclatanti di questa influenza è la malattia cronica.

Mentre al professionista medico si lascia la fondamentale gestione della parte riguardante il corpo, al professionista psicologo si affida l’altrettanto importante parte detta mente, che talvolta necessita supporto per adattarsi alle nuove abitudini che la malattia cronica porta con sé.

Una delle malattie croniche che incide maggiormente sulle abitudini di vita della persona è sicuramente il diabete, in particolare il diabete di tipo 1.

Lasciando la parte legata alla gestione pratica del diabete a trattazioni medico-specialistiche, ciò che questo articolo vuole trattare è una tematica più strettamente psicologica legata secondariamente al diabete, ovvero lo sviluppo di problematiche psicopatologiche in adolescenti diabetici e come queste possano essere prevenute.

 

L'adolescenza

L’adolescenza è una fase evolutiva caratterizzata da numerosi cambiamenti di diversa natura ed entità. Una delle teorizzazioni più importanti dell’adolescenza va attribuita a Erik Erikson che, attraverso la sua teoria dello sviluppo psicosociale, o teoria degli otto stadi, concettualizzò lo sviluppo umano in un ottica di continua ricerca per lo sviluppo dell’identità. In questa teoria, l’identità è raggiunta dall’individuo attraverso il superamento di problematiche esistenziali definite crisi evolutive.

L’adolescenza e la pre-adolescenza, secondo Erikson, sono caratterizzate da una fase di ricerca di identità in opposizione a una dispersione e confusione di ruoli, questo significa che il compito primario dell’adolescente è, appunto, la conquista dell’identità attraverso lo sviluppo di un proprio senso critico, proprie norme sociali e valori morali, per forgiare quelle inclinazioni e quelle strutture mentali che l'accompagneranno per tutta la vita.

 

Il corollario dei cambiamenti a cui va incontro il ragazzo è molto ampio e comprende anche una maturazione fisica e sessuale, con repentini cambi di forme e di attributi, non sempre desiderati, non sempre previsti e, certamente immutabili. Mentre da un lato, lo sviluppo fisico-sessuale può avere tempi molto rapidi e cambiamenti evidenti dall’altro, lo sviluppo cognitivo, con la relativa formazione di strutture cerebrali sofisticate non si mostra in maniera altrettanto evidente e può non essere conseguente allo sviluppo corporeo, mostrando tempi molto più dilatati.

Il vissuto dell’adolescente è generalmente di grande confusione e messa in discussione di valori e concetti prima accettati acriticamente dai familiari ed ora fonte di continuo screditamento e messa alla prova, la maturazione intellettiva e la comparsa del pensiero formale rendono il ragazzo capace di fare previsioni, vagliare alternative, percorrere sentieri nuovi.

Per tutti questi motivi, da sempre l’adolescenza è un periodo definito di scompenso, è un periodo di messa in discussione, di costruzione e di crescita e tutti noi lo ricordiamo, bene o male, molto di più che altri periodi di vita, proprio perché denso di criticità interpersonale.

Gli esiti dell’adolescenza sono diversi, possono essere positivi, con l’entrata nel mondo adulto, possono essere ritardati, o possono avere delle criticità che possono sfociare in psicopatologia.

Ma se l’adolescenza è un periodo critico di default per tutti gli individui, cosa succede quando a diventare adolescente è un individuo con malattia cronica, ovvero con diabete?

 

L'adolescente e il diabete

L’adolescente diabetico si trova ad affrontare un paradosso che nessun altro suo coetaneo dovrà mai considerare: il non potersi permettere di essere irresponsabile nella gestione del diabete. Mentre la caratteristica “da manuale” dell’adolescente è quella di avere una dose, seppur variabile, di irresponsabilità, per il diabetico questo margine è molto più labile e ovviamente con conseguenze drasticamente diverse.

Quando la richiesta evolutiva è quella della formazione di mappe descrittive sul mondo e sugli altri e le mappe che ci hanno fornito fino ad ora non sono nostre e non vi crediamo più, l’unico modo per formarsene di nuove è quello di uscire, esplorare e talvolta oltrepassare il limite per vedere cosa c’è di là. Chi torna indietro conclude uno sviluppo “normale”, chi rimane “di là” sviluppa conseguenze che possono sfociare nella devianza sociale o nella psicopatologia.

Il ragazzino diabetico ha una possibilità di esplorazione del limite molto più limitata: l’uso di alcolici, così come di sostanze è altamente rischioso, la modifica dei ritmi veglia sonno e il controllo dell’alimentazione sono solo alcuni aspetti in cui la sperimentazione del limite è denso di criticità.

Uno dei luoghi in cui il ragazzo sperimenta maggiormente esperienze di vita è sicuramente lo spazio del gruppo. Questo luogo fisico, ma soprattutto relazionale, è una palestra in cui si mettono alla prova parti del sé ottenendo in cambio feedback di idoneità o non idoneità. Nelle relazione con i coetanei, l’adolescente diabetico si trova necessariamente a doversi confrontare con il portare una parte della propria persona che non sempre è accettata, nemmeno da lui stesso, si trova quindi a doversi relazionare inserendo anche il diabete come parte integrante di un sé non necessariamente integrato.

Ecco che quindi, la mente si trova a dover integrare un “limite” del corpo e non sempre, l’integrazione è automatica o ad esito positivo.

La negazione di una parte malata è una caratteristica che spesso si trova nelle prime fasi di assestamento dentro una realtà come quella della diagnosi di malattia cronica, ma mentre nell’adulto, la struttura più matura e conservatrice porta ad un rapido cambiamento comportamentale (non necessariamente seguito da quello cognitivo), nell’adolescente ciò può non avvenire.

 

I rischi

I rischi che il professionista può trovare nel comportamento del ragazzo sono diversi e si differenziano sia per intensità, sia per caratteristiche legate al genere; i soggetti di genere maschile sono infatti più inclini ad agiti sul lato impulsivo, mentre i soggetti di genere femminile mostrano criticità sul lato emotivo e della percezione corporea.

Uno dei comportamenti di sfida, legato alla percezione ed individuazione del limite è quello legato al controllo e alla misurazione dell’insulina, il ragazzo per sperimentare “cosa succederebbe se..” e può ritardare l’assunzione dell’insulina.

Un’altra situazione di rischio è quella legata alla gestione dei rapporti sociali e delle relazioni con gli amici. L’adolescente è carente nelle strategie di coping (repertorio di azioni possibili che servono per la soluzione di problemi), e in assertività (modalità comunicativa atta all’ottenimento dello scopo) e questo non lo aiuta nella gestione delle dinamiche di gruppo. In situazioni in cui le decisioni del gruppo vanno in senso opposto alle scelte che l’adolescente diabetico deve fare per la corretta gestione del diabete, il dilemma che si crea nella mente del ragazzo non ha sempre esito conforme alle norme per la preservazione della salute ad esempio nel caso in cui c’è un uso di bevande alcoliche o di cibi non idonei.

Il diabete è una malattia che necessariamente va ad influire sull’assunzione di alimenti e, la gestione dello stesso deve passare per un’attenzione selettiva per tutto quello che riguarda il contenuto di zucchero, le calorie, l’assunzione di quantità specifiche. Questa attenzione obbligata, soprattutto per quanto riguarda il genere femminile, può legarsi ad un emotività ansiosa e legarsi a tematiche riguardanti l’aspetto fisico e al controllo del peso, ponendo le basi per lo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare.

Inoltre, tutta la sfera dell’emotività, già caratterizzata da forte instabilità, può risentire della presenza del diabete e portare con sé problematiche legate a scarsa autostima, vergogna, ansia sociale.

 

Cosa fare?

Come adulti, genitori, professionisti, il nostro compito è quello di assistere l’adolescente in questa fase di passaggio.

È importante riconoscere e fare attenzione ai sintomi che possono essere dei campanelli d’allarme che ci avvertono che qualcosa “non sta andando” e aiutare il ragazzo a fare un passo verso la responsabilizzazione.

Importante è informarsi sulla presenza di eventuali servizi di psicologia che spesso collaborano con il servizio di diabetologia all’interno dell’ospedale per avere un supporto specializzato e multi-disciplinare sul tema.

Molta importanza si attribuisce anche al passaggio da una gestione genitoriale del controllo dell’insulina ad una gestione totalmente di responsabilità del ragazzo. Questo infatti assume significati molto importanti per l’adolescente e per la famiglia, poiché legato a tematiche di responsabilità, fiducia e maturità ed è importante che venga fatto con gradualità ed attenzione, in conformità alla maturazione cognitivo-emotiva del ragazzo. In quest’ottica, la responsabilizzare diventa un processo da attuare non in maniera oppressiva ma possibilistica, portatrice di opportunità, sotto forma di vantaggi concreti, che possono toccare anche altri ambiti di vita del ragazzo (se c’è fiducia su una corretta gestione del diabete ci sarà anche sulla frequentazione di amici, coprifuoco, altre libertà).

L’aiuto ed il supporto dei ragazzi in questa fase di sviluppo e di criticità può determinare la buona riuscita nel processo di formazione di un adulto sereno e cosciente del proprio stato di salute.

 

Bibliografia:

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Data pubblicazione: 20 ottobre 2011

Autore

irene.bellodi
Dr.ssa Irene Bellodi Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 2008 presso Università di Psicologia Bologna.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna tesserino n° 6339.

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