A cosa serve rimuginare?

rosa.riccio
Dr.ssa Rosa Riccio Psicologo, Psicoterapeuta

Il rimuginio consiste in un pensiero ansioso di natura verbale caratterizzato dalla rievocazione persistente e ripetuta di uno o più problemi che ci assillano e di possibili eventi futuri negativi che potrebbero accadere e peggiorare la situazione. In questo breve scritto cercheremo di comprendere cosa accade quando rimuginiamo e cosa ci impedisce di smettere.

Cos'è il rimuginio?

Il rimuginio consiste in un pensiero ansioso di natura verbale caratterizzato dalla rievocazione persistente e ripetuta di uno o più problemi che ci assillano e di possibili eventi futuri negativi che potrebbero accadere e peggiorare la situazione. In questo breve scritto cercheremo di comprendere cosa accade quando rimuginiamo e cosa ci impedisce di smettere.
 

Dottoressa, è proprio così come le ho detto! Io esco dal lavoro e mi auguro sempre che una volta timbrato il cartellino smetterò di pensare alle cose che ho da fare l’indomani al lavoro…ma finisce sempre che non ci riesco e passo tutta la serata a ruminare sulle cose che ho da fare e che temo di non riuscire a fare…!
Mentre preparo la cena, mentre mangio, mentre parlo con mio marito, io non faccio altro che rievocare nella mia mente le scadenze che ho nei giorni successivi, immagino cosa potrebbe andare storto e immagino le mille catastrofi e i mille contrattempi che potrebbero accadere. All’idea di avere queste scadenze mi sento terribilmente in ansia e provo, per ognuna di queste catastrofi, ad  immaginare cosa potrei fare per porvi rimedio. Ogni volta, però, non riesco mai a trovare una soluzione definitiva, mi arrovello e mi agito senza trovare pace. A volte penso che questi pensieri e quest’ansia mi aiutino ad essere “preparata” nel caso in cui le cose che immagino accadano per davvero. Nella realtà, però, io non trovo soluzioni ai problemi…Sto solo male e non riesco a smettere
  

Questo stralcio tratto dal resoconto di una seduta di psicoterapia riassume, a mio avviso, tutte le caratteristiche distintive del rimuginio ansioso, così come lo definì Thomas Borkovec, che per primo descrisse questo sintomo.

Quando rimuginiamo siamo incapaci di scegliere con decisione una strategia di risposta al pericolo e di soluzione al problema perché tendiamo a giudicare ogni soluzione come insufficiente o poco risolutiva.

L’ansia che si prova nel rimuginare non è un’ansia estrema, è un’ansia moderata. Nel rimuginare siamo semi-allertati e abbiamo la sensazione di padroneggiare la nostra ansia, in realtà è proprio questa sensazione di padroneggiamento che ci impedisce di “darci un taglio” e dedicare le nostre risorse cognitive ad altri pensieri e ad altre attività.

Quando rimuginiamo ci ripetiamo mentalmente quali sono le cose che vanno male o che qualcosa di brutto potrebbe accadere da un momento all’altro, ma lo facciamo con assoluta mancanza di dettaglio.

L’evento o gli eventi temuti rappresenterebbero per noi un danno irreparabile ma, spesso, non siamo in grado di rappresentarci in cosa consisterebbe la “catastroficità” dell’evento e non siamo in grado di comprendere quali sarebbero i dettagli di questa presunta “catastrofe”. Diamo per scontato che, se si verificasse l’evento che temiamo sarebbe in ogni caso un’immane tragedia e non siamo in grado di ipotizzare esiti alternativi, forse, meno catastrofici e magari più realistici.

Chi rimugina tende ad attribuire al rimuginare delle funzioni positive, degli scopi vantaggiosi. Così facendo, pur accorgendosi delle emozioni spiacevoli che prova mentre rimugina, non prende mai la decisione di abbandonare definitivamente quest’attività.

Vediamo di capire quali sono le funzioni positive illusorie che spesso vengono attribuite al rimuginio.

Il primo scopo positivo attribuito al rimuginio è l’attenuazione di uno stato d’animo immediatamente sgradevole, ovvero l’ansia. In effetti l’attività rimuginativa mantiene l’ansia su un livello moderato ma non la “spegne” mai del tutto. In questo modo abbiamo l’impressione che rimuginare ci aiuti a gestire l’ansia più intensa che potremmo provare se smettessimo di farlo ma, così facendo, continuiamo a rimuginare.

In secondo luogo, il rimuginio può essere scambiato per una strategia efficace di risoluzione del problema. Molti pazienti, quando rimuginano, ritengono di essere impegnati ad affrontare il problema. In realtà, si tratta di un’illusione. Chi rimugina non raggiunge mai la soluzione del problema e continua ossessivamente a cercarla.

In altri casi, invece, chi rimugina giustifica il proprio rimuginio in maniera differente. Conosce perfettamente lo scarso valore risolutivo dei suoi pensieri ripetitivi ma ritiene che preoccuparsi “serva” a non farsi trovare impreparato davanti al pericolo e ritiene che mantenendosi sempre sufficientemente all’erta, soffrirà o si spaventerà di meno se l’evento da lui temuto dovesse realizzarsi.

Altre valutazioni sul rimuginare

Esistono poi pazienti che sviluppano convinzioni negative sul proprio rimuginio (Wells, 2000). Alcuni, infatti, ritengono di non avere alcun controllo sul proprio rimuginio e proprio per questo motivo temono che prima o poi impazziranno. Altri pazienti, invece, si svalutano fortemente per il fatto di rimuginare, si sentono in colpa perché il rimuginare è per loro una prova della propria debolezza.

Una funzione assolta spesso dal rimuginio è quella di “distrarre” il soggetto da emozioni o situazioni ben più pericolose e problematiche di quelle per le quali in realtà lui si sta preoccupando.

Come affrontare il problema?

Interrompere il rimuginio deve essere uno dei primi obiettivi di una psicoterapia dal momento che l’attività rimuginativa è un elemento che, il più delle volte, alimenta e mantiene in vita la sofferenza mentale. Il trattamento del rimuginio passa necessariamente attraverso la “ristrutturazione” delle convinzioni positive o negative che il paziente ha del rimuginio stesso e di sè in relazione all’attività rimuginativa.

E’ intuitivo che, se il paziente rimane fermamente convinto che rimuginare abbia una qualche utilità per lui, difficilmente penserà di abbandonare quest’attività e difficilmente troverà risorse e motivazione per dedicare il suo tempo ad attività più piacevoli e fonte di benessere psicologico.

Altrettanto importante è trattare l’idea che i rimuginatori hanno di se stessi in relazione al rimuginio, interrompere i circoli viziosi del rimuginio e riportare il paziente e modalità cognitive ed emotive più funzionali e adattive.

 

Bibliografia

  • Borkovec, D. T., Inz, J. (1990), “The Nature of Worry in generalized anxiety disorders: a predominance of thought activity”. In Behaviour Research & Therapy, 28, 2.
  • Borkovec, D. T., Roemer L. (1995), “Perceived Function of worry among generalized anxiety disorder subject: distraction from more emotional topics?” In Journal of behavior therapy & Experimental Psychiatry, 26.
  • Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G.M. (2006), Psicoterapia Cognitiva dell’ansia, Raffello Cortina.
  • Wells A. (2000), Disturbi emozionali e metacognizione, Erickson.
Data pubblicazione: 13 dicembre 2010

Autore

rosa.riccio
Dr.ssa Rosa Riccio Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 2005 presso Università Cattolica del Sacro Cuore.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 10365.

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