Ripensare l'autismo

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Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

Ripensare l'autismo, dopo 10 anni è segno di lavoro umile e necessario. La via che porta a cause di natura organica va percorsa. Le infezioni da metalli provocano malattie degenerative in soggetti adulti e quindi potrebbero essere anche cause del manifestarsi dell'autismo nei bambini. L'autismo porta ad una serie di categorie logiche diverse? Ci sono onde elettromagnetiche, eventi naturali, polveri sottili, eventi atmosferici, infezioni atomiche sconosciute, modificazioni ambientali che possono provocare fenomeni autistici?

1. Le Manifestazioni dell'autismo

Il termine autismo è stato coniato dal Kanner nel 1943, anche se come vedremo, era stato già usato da Freud (“autisticamente”) e da altri.

Le ricerche sull’autismo partono dalla psicologia e dalla psicoanalisi, e poi approdano nel campo della medicina.

Le diverse ricerche, sia psicologiche sia mediche, parlano quasi tutte di alcune manifestazioni per descrivere i sintomi della malattia:

Il soggetto autistico è chiuso dentro se stesso, con esclusione di qualsiasi interesse per il mondo circostante; sembra che sia incapace di interessarsi a tutto quello che lo circonda, non riesce a stabilire contatti né con gli adulti né con soggetti a lui simili.

Lo sguardo è sfuggente, sono è assenti un sorriso o un’espressione che possano essere riconducibili a un contatto con il mondo esterno e con gli altri.

Non si riesce a tenere tra le braccia un bambino autistico perché si divincola.

Dai due ai cinque anni tende a isolarsi dal mondo circostante in modo progressivo sino a non mostrare segni di risposta se è chiamato con il suo nome.

Il soggetto autistico non condivide con l’altro nessun tipo di esperienza, né si sentimenti, né di espressioni emotive.

È compromessa totalmente una comunicazione sociale. Il soggetto sembra totalmente indifferente alle espressioni di codici linguistici, e se è presente in lui una forma di linguaggio, esso è arcaico, prettamente essenziale e rivolto soprattutto al soddisfacimento di alcuni bisogni primari.

Altre importanti manifestazioni sono date da una forma di deambulazione atassica, o nel tapparsi le orecchie come se i soggetti siano affetti da iperacusia e il rumore delle cose o la voce degli altri possano disturbarlo in quanto assordanti.

A volte i soggetti autistici mostrano forme di aggressività nei confronti degli altri, delle cose e delle persone, e di se stessi: sono spesso autolesionisti.

Mostrano anche comportamenti, movimenti e gesti stereotipati che producono in modo automatico e continuativo: a volte cantilenando, quasi tendessero a ripercorrere una prima fase di vita in cui sentivano nenie e cantilene da parte della persona che li teneva in braccio, nenie che inducevano verso un sonno sereno e rilassante.

Negli autistici, quindi, sono assenti il più delle volte linguaggi come la parola, il sorriso, la manifestazione del dolore fisico, i linguaggi del corpo (mimica ed altro) e manca ogni interesse per il mondo esterno.

Sono presenti altre espressioni come l'ira, la rabbia incontenibile, la paura, l'ecolalia, i dondolamenti, le nenie, le cantilene, lo sguardo fisso nel vuoto, le parole incontrollate, le stereotipie delle dita, i comportamenti ossessivo - compulsivi, il discorso in terza persona, l'accarezzarsi ripetutamente i capelli.

2. I primi sintomi

Il bambino ha necessità di un periodo di vita molto lungo per poter conquistare le sue capacità, specialmente quelle di tipo superiore come il linguaggio, il pensiero e l'affettività.

Nel bambino, tuttavia, il percepire, l’accogliere e l’avvertire gli stimoli esterni, sono ampiamente presenti sin dalla nascita e, di solito, il bambino riesce sempre a reagire alle sollecitazioni esterne.

Dapprima, tuttavia, il piccolo non percepisce il mondo esterno come una realtà diversa da sé. Egli vive rinchiuso in una dimensione dove stimolazioni esterne e sensazioni interne sono accomunate. Non esiste la dimensione esterna ed egli riferisce a se stesso, cioè al suo corpo tutte le stimolazioni, sia che vengano dal suo stesso corpo, sia che provengano dal mondo esterno: la voce della madre, le carezze, i colori, le forme, i suoni, i profumi. L’interno e l’esterno non sono mondi separati.

Per il bambino le cose e le voci a lui esterne sono come protesi del sé. Nel SE’ l'io e l’oggetto sono tutt’uno, non sono distinti.

Questa condizione è chiamata da Jean Piaget un "primitivo integrale egocentrismo". Il bambino è egocentrico perché ancora privo di ogni cognizione della sua “soggettività”.

Psicologi, psicoanalisti ed etnologi sono concordi nell’affermare che il bambino viva con la madre una vita unitiva, legati come sono, l’uno all’altra, da un legame sia fisico che psichico.

Il seno della madre, il corpo della madre, infatti, conferiscono al bambino una sensazione di calore, di fiducia e d’intima serenità.

Alcuni studiosi parlano di tale stadio come quello di un “autismo normale”.

Solitamente, l’involucro “autistico normale” si rompe e si dischiude. Ha inizio nel bambino una fase di separazione tra IO e non IO.
Il si divide in IO e TU. Si ha una prima emancipazione dall’egocentrismo, fase di che si protrarrà sino ad età matura.

Alcuni bambini, però, pur essendo in possesso di capacità sensoriali sviluppate, non manifestano questo importante fenomeno di trasformazione. Ovvero, se tale fenomeno è in parte avvenuto, esso subisce un arresto e il soggetto regredisce, ritirandosi verso un egocentrismo assoluto e primitivo, senza manifestare più alcuna apertura verso il mondo esterno.

Sia nel caso dell’arresto, che in quello del regredire, si manifesta una forma di autismo che porta ad un isolamento totale nei confronti della realtà esterna. Il bambino si rinchiude in sé e finisce per vivere in un mondo suo in cui nessuno può entrare e da cui egli non vuole o non riesce ad uscire.

Molti bambini cadono nel mutismo, altri no, ma tutti rifuggono dal contatto con il mondo e con gli altri.

Perché?
Non si sa. Non sappiamo perché ciò avviene.

Alcuni studiosi, psicologi e psicoanalisti, hanno avanzato l’ipotesi che il bambino abbia sperimentato qualcosa di terrificante, di pericoloso, e quindi si sia ritirato dentro di sé ed abbia allontanato da sé il mondo e gli altri.

È così?
Molti dicono che non è così, il fenomeno regressivo non è quindi imputabile né alle persone a lui vicine, la madre, il padre, la famiglia.

Ci si accapiglia anche tra studiosi per le ipotesi fatte e spesso, sia da una parte che dall’altra, poco verificate e poco sottoposte ad un processo di falsificazione. Tutto ciò con scarso beneficio per la ricerca e per la soluzione anche parziale del problema.

Sull’autismo non è stato accertato quasi nulla: né la provenienza, né le cause, né le cure che attualmente sono empiriche, di insufficiente diffusione e di scarso valore applicativo.

Negli autistici c'è, pertanto, l’inattività’ come l’intendiamo noi e le loro azioni non producono alcun effetto; ovvero sembra che i soggetti autistici abbiano l’inconscio presagio e la paura che le loro azioni potrebbero produrre qualcosa di devastante per loro stessi. E rimangono inattivi.

Il bambino autistico "quanto più crede di essere egli stesso il responsabile degli eventi generatori di effetti sgradevoli, tanto meno agirà" (Bettelheim).

Ma non riusciamo a capire cosa abbia determinato in loro un mancato sviluppo, o la distruzione delle categorie preesistenti.

Negli autistici di solito c'è un'assenza di linguaggio, e poiché il linguaggio è la categorizzazione dell’esperienza, ne risulta che c'è in loro anche un'assenza di esperienze e di apprendimento.

Sembra che essi temano che il linguaggio possa produrre effetti nefasti e negativi e allora tacciono, o se parlano non comunicano se non con loro stessi o con soggetti immaginari e fantastici (Bettelheim).

I soggetti autistici presentano una marcata anaffettività e una totale incomunicabilità.

Inoltre gli autistici difendono la loro bocca sia con il linguaggio che con il cibo per evitare che qualcuno possa entrare dentro di loro, e per escludere che altre ferite possano essere inferte al nucleo centrale della propria esistenza (Bettelheim).

Si può supporre, pertanto, che la loro malattia sia nata con la nutrizione e che la loro prima alimentazione sia stata associata a sentimenti negativi ed ostili. Ma a mio avviso è un’ipotesi debole e poco attendibile.

In tutti noi unitamente alla categoria della causalità si affacciano quelle della predittività e della prevedibilità.

Queste categorie, essenziali per stabilire ogni tipo di rapporto con il mondo del reale, sono assenti nei bambini autistici, per cui: o non si sono formate, o sono andate distrutte: ma non sappiamo come e perché ciò sia successo.

Ne consegue che in assenza delle categorie dello spazio e del tempo, i soggetti autistici non riescono a fare delle normali esperienze. Mancando le categorie della prevedibilità e della predittività, negli autistici, c'è anche l'impossibilità di progettare le proprie azioni come facciamo noi, ma possono manifestarsi linguaggi diversi, enigmatici e misteriosi, per noi.

Chi ha provato a dare delle spiegazioni psicologiche si è attirato addosso ire e insulti. Il motivo è che nella maggior parte dei casi è raro che ci sia una famiglia che allontani da sé il bambino, né tantomeno si trova sovente una madre fredda e glaciale, che provoca nel bambino un senso di terrore. Se si ammette che la causa sia nelle relazioni sociali, ci si scaglia contro la famiglia. E mal si sopporta che la responsabile di questo mancato sviluppo possa essere una madre fredda ed austera, chiusa essa stessa nel suo mondo e priva di capacità di calore umano e di attirare al suo seno il bambino.

E poi non si può provare su un piano oggettivamente osservabile e scientificamente riproducibile ciò che viene affermato da psicologi e psicoanalisti.

È possibile reputare colpevoli delle cause di natura organica e ritenere che tutto il fenomeno dell’autismo sia riconducibile ad una proteina, a delle sinapsi, a dei neuroni, a infezioni e avvelenamenti da metalli. 

 

3. L’ipotesi psicologica della malattia

Ci sono diverse ipotesi relativi all’insorgenza di tale malattia. Una di queste, tra le più avversate, è appunto una teoria psicologica, e psicoanalitica.

È opportuno e necessario citarla e descriverla. Poniamo il caso di avere una madre di questo tipo, anche se è un caso limite: 

 “Madre energica, nevrotica, ‘originale’, insofferente, che cerca di liberarsi del proprio figlio di due anni circa, mettendolo a letto. Ma il bambino non vuole dormire. Per costringerlo, la madre toglie la luce, lo lascia al buio, incurante del pianto, dei lamenti e delle invocazioni del piccolo…. il bambino si mostra spaventato. Dopo alcuni giorni, la madre non sente più il piccolo piangere e lamentarsi o invocare aiuto. La madre, a volte, scopre che il figlio si è rifugiato sotto il letto, che parla tra sé e sé, che cantilena, che si dondola. Da quel momento il bambino non risponde più a nessuno stimolo esterno, a nessun richiamo, e non parla più con nessuno. 

Quel bambino si è costruito un mondo suo proprio nel quale si è rifugiato e rinchiuso: è diventato autistico.

C’è da dire, tuttavia, che la sindrome autistica può essere confusa con una forma psicotica. Ed è sbagliato confondere la psicosi con l’autismo. Alcuni sintomi sono simili, altri non lo sono, e nonostante tutto si porta a confondere l’una malattia con l’altra.

Formuliamo delle ipotesi su cosa può aver sperimentato quel bambino che si è rifugiato in se stesso:

  • la violenza e la collera della madre
  • l’indifferenza della madre
  • l’abbandono della madre
  • il terrore e il panico
  • l’ineluttabilità della situazione

La violenza, la collera, l’indifferenza, l’abbandono comportano nel soggetto un dolore psichico, mentre lo sperimentare il panico, il terrore, lo porta verso una situazione devastante, ineluttabile, di morte.

Il soggetto scivola verso una voragine di dolore intenso, nell’impossibilità di porre rimedio a quella situazione.

Il senso dell'ineluttabilità dà al soggetto la sensazione di non poter essere in grado di controllare e di determinare gli eventi, e in tutti quelli che sperimentano il senso di ineluttabilità, nasce la tendenza verso una totale paralisi e di una conseguente impossibilità di intervenire per modificare la situazione.

Gli autistici dimostrano una totale incapacità di dominare il mondo del reale, incapacità che genera un dolore immenso e distruttivo. I soggetti si rinchiudono come ricci dentro se stessi perché soltanto lì si sentono al riparo dalla violenza del mondo esterno e degli altri.

È questa la tesi di Bettelheim ed altri, avversata, rifiutata, combattuta.

 

4. Interventi su chi soffre di autismo

Se riteniamo opportuno e legittimo “riportare “ il soggetto autistico dal suo mondo al nostro, occorre intervenire sul piano delle categorie mentali. E precisamente sulle categoria dello spazio, del tempo, e su quella più complessa della causalità.

Gli obiettivi che ci dovremmo proporre possono essere così riepilogati:

  • ricostruire le categorie del tempo e dello spazio;
  • ripristinare la categoria della causalità;
  • ripristinare quindi quelle della prevedibilità’ e della predizione (o attitudine anticipatrice); 
  • tranquillizzare e rasserenare;
  • cercare di far riemergere il linguaggio e la capacità di trasmissione;
  • sviluppare sensazioni, emozioni, e la consapevolezza di provarne;
  • cercare di annullare le sensazioni di terrore legate alle proprie e alle altrui esperienze;
  • ricondurre il soggetto autistico verso manifestazioni di affetto e verso l'espressione di sentimenti.

L’intervento deve essere condotto dalla famiglia, dalle insegnanti, da un insieme di specialisti tra cui uno psicologo, terapisti della riabilitazione, logopedisti. che devono lavorare in sinergia e in accordo. È necessario affidarsi alle esperienze già fatte da altri e che sono facilmente raggiungibili attraverso Internet. Occorre tuttavia aggiungere qualcosa d’innovativo e che si adegui al soggetto da curare. Occorre molta intuizione, sentimento di cura, d’ affetto e di sensibilità.

È necessario far uso di empatia e d’intuizione.

Oliver Sacks riusciva a far disegnare i soggetti autistici. Anche noi riusciremmo a farlo se entrassimo nel modo giusto in un universo sconosciuto e pieno di cose a noi completamente estranee e del tutto ignote.

È difficile fare degli esempi perché il metodo va inventato, i mezzi cambiano per ogni soggetto e in ogni momento e situazione.

Il soggetto, adolescente o bambino, va incontrato sul suo terreno, e va capito il suo modo di ragionare. Occorre leggere e studiare e inventarsi una gran mole di opportunità per intervenire. In questo modo va violata la personalità del soggetto che vive in un mondo suo e adopera strumenti a noi sconosciuti. Portarlo non nostro mondo, che primieramente era anche il suo, deve essere un atto d’amore e non di violenza.

È necessario affidarsi a elementi creativi, a mezzi inventati e provati con pazienza e con impegno.

Occorre seguire ogni situazione anche se modesta rispetto al cambiamento che ci aspettiamo dal soggetto.

Occorre seguire quel sentiero per afferrare il bambino e portarlo dolcemente nel mondo nostro.

È un lavoro difficile, da fare cautamente e con tanta calma perché i risultati non verranno immediatamente. Ci sono persone che ce l’hanno fatta.

Occorre mettersi in contatto con associazioni di genitori che si sono già aggregati ed hanno percorso le strade difficili della ricostruzione del soggetto.

Sappiamo che gli autistici non riescono ad accomodarsi a situazioni nuove: essi riescono ad associare un tipo di gioco con un ambiente che è sempre lo stesso. Se proviamo a destinare uno spazio per un uso diverso, il soggetto si agita, non capisce, non ha un processo di generalizzazione.

Non è facile raggiungere certi obiettivi. Il soggetto autistico non è più sicuro se lo costringiamo ad usare un luogo deputato al gioco per farlo mangiare. Si spaventa se si trova di fronte a qualche cosa d’ignoto e di nuovo. La sua mente non è flessibile, da poter pensare l’ambiente per azioni diverse. Egli è pervaso da un profondo timore dovuto ai cambiamenti, e le modificazioni non lo rassicurano, anzi, lo gettano in un mare di angoscia e di sconforto.

L’autistico è disorientato sia da cambiamenti spaziali sia da quelli temporali. Non si sente al sicuro.

Questa forma di spavento è quella che fa pensare agli psicologi che qualcosa abbia determinato in lui insicurezza e paura.

Ma forse è il caso anche di pensare che se modificazioni di tipo organico hanno influito nella percezione delle cose e del tempo, egli non può rassicurarsi con il modificare certi comportamenti. Succederebbe anche a noi se volessimo cambiare abitudini apprese e seguite per tanto tempo.

Occorre pertanto rassicurarlo, tranquillizzarlo. E' necessario sedare le sue ansie.

Modificando impercettibilmente situazioni sia spaziali sia temporali non dovremmo metterlo in uno stato d’ansia e di paura. Se procediamo in modo da modificare le sue abitudini con piccoli passi e piccoli tentativi, il soggetto autistico potrà rendersi conto che non c’è nulla di pericoloso in quello che fa.

Associata a quest’azione pedagogica e riabilitativa è necessaria anche un’attività psicoterapeutica.

Anche la musica può essere di aiuto e dare un adeguato appoggio a tutta l’azione di recupero. Come pure è efficace la presenza di animali domestici ad aiutare il soggetto ad approcciarsi a esseri viventi. È efficace l’ippoterapia, già sperimentata per altri soggetti in difficoltà, con enormi ed eccellenti risultati.

Non vanno escluse nemmeno attività funzionali come quelle che si avvalgono di materiale duttile e plasmabile.

 

5. Linguaggi e misteri

Nel film LA VOCE DEL SILENZIO, una bambina vive una serie di credenze che si stabiliscono tra soggetto e mondo esterno e culturale. La bambina inoltre sperimenta la perdita di suo padre. Conosce leggende legate al popolo Maya, che la porta a credere che il padre possa vivere, dopo la sua scomparsa, nella “culla della luna”. È presa anche da altre credenze come quella che non bisogna piangere dei propri dolori, perché nei sogni non ci sono parole, si sogna per vedere meglio le cose.

Tutto ciò provoca nella bambina una reazione insolita e strana che le causa una chiusura in se stessa, totale. Soltanto nei suoi rituali lei riesce a mettersi in contatto con suo padre. Qui non c’è violenza da parte della madre, al contrario, è donna di cultura, attenta ai propri figli; per loro, lei dà tutta se stessa. Ma la piccola sperimenta ugualmente l’ineluttabilità della perdita del padre. Infine sarà la madre a salvare la piccola.

C’è una scena del film che vale la pena ricordare e raccontare.

Quando la mamma della piccola, siamo negli Stati Uniti, va alla ricerca di medici e di associazioni che curano soggetti autistici, si imbatte in una scuola nel cui giardino, girando, lei scopre un gruppo di quattro adolescenti seduti a terra, come se giocassero una partita a carte. Questi ragazzi, due maschi e due femmine, autistici, senza guardarsi, a turno, comunicavano tra loro con serie di numeri di 4 cifre che recitavano, come fossero messaggi misteriosi e criptici.

La signora li segnò i numeri su una carta e tornata a casa cercò di capirne il significato: erano numeri primi, che si susseguivano come se fosse una serie, e che i quattro ragazzi recitavano con naturalezza. Per trovare una serie di numeri primi occorre, se aiutati da un PC, tempo e conoscenze adeguate. Essi li declamavano in modo naturale. Ecco perché spesso si dice che l’autismo è pieno di linguaggi straordinari e di misteri.

 

6. L'ipotesi di una genesi organica

L’autismo può essere determinato da problemi di carattere genetico, organico, neurologico?

Sì, è possibile che l’autismo abbia cause organiche.

Ritorniamo a parlare di categorie mentali, proprie degli autistici che non riusciamo a capire perché lontane dal nostro modo di pensare. Ricordiamo i quattro ragazzi che “giocavano” fra loro con i numeri primi di 4 cifre, e ad alcuni esempi di autistici con una memoria prodigiosa, con delle capacità di ragionamento deduttivo ed induttivo di un genere diverso da quello improntano sulle categorie causali che noi tutti ci formiamo nell’età evolutiva e che costituiscono le basi per il nostro modo di pensare.

Gli autistici potrebbero pensare in modo diverso.
E allora dove sta l’errore? Ovvero da cosa è determinata la loro “malattia”? Da una proteina, da sinapsi che hanno una vita differente e un modo inconsueto di manifestarsi, da linguaggi diversi, dal formarsi di una logica difforme? Ma da cosa dipende?

La costruzione delle categorie del pensiero può essere diversa.

Forse potrebbe dipendere dall’emisfero cerebrale destro, più sviluppato e funzionante. È questo che la scienza, la neurologia, la medicina in genere dovrebbero investigare. Chi ha fatto studi sull’emisfero destro come Oliver Sacks, riporta delle notizie importanti: nel disegno, i soggetti autistici, riescono a disegnare delle immagini, ma in modo tale che “”l’astratto e il categoriale non hanno alcun interesse: ciò che conta è il concreto, il particolare, il singolare””, cfr. in ””L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello””, Adelphi Edizioni.

Sembra quindi che gli autistici abbiano categorie mentali diverse dalle nostra, sviluppate da molti anni e alle quali riescono ad affidare la propria vita. Si legga anche il libro, un capolavoro di Mark Haddon, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” Einaudi Editore.
Qui l’autore ci conduce in un universo cognitivo diverso da quello che conosciamo e che agisce in noi.

Si potrebbe spiegare allora non soltanto la presenza di linguaggi differenti dai nostri, ma anche di ragionamenti e capacità diverse da quelle da noi usate. E raccordarsi con gli autistici non sarebbe più così difficile una volta conosciuta la grammatica e la sintassi dei loro linguaggi, sia iconici, sia simbolici: una volta che possiamo penetrare nella logica da essi usata, e nel valore semantico delle loro espressioni.

In altre parole la categoria della causalità, che per noi è fondamentale per ragionare e per dedurre, in loro è assente e sostituita da altre forme categoriali del pensiero, a noi del tutto sconosciute.

Forse anche la costruzione delle categorie dello spazio e del tempo sono altre, non alterate, ma diverse: il vedere gli oggetti, il sentire i profumi, l'udire i suoni e i rumori.

Quindi, ammettendo per ipotesi che gli autistici non riescano a fare esperienze più complesse per la mancanza della categoria della causalità’, ma siano invece capaci di farne altre, come quella di formulare dei numeri primi di 4 cifre soltanto in pochi secondi senza l’ausilio di strumenti idonei al calcolo, o di stabilire l’avvenuto delitto (Lo strano caso del cane cit.) su basi diverse, con categorie mentali differenti, in un mondo straordinario, ma del tutto nuovo per noi, è possibile che ciò avvenga per cause a noi sconosciute.

Ci potrebbero essere delle cause, diverse da quelle psicologiche e sociali di cui abbiamo sopra parlato, che determinano la perdita delle categorie logiche, in fase di formazione per il bambino, e l’acquisizione di altre.

Oggi si parla di intossicazione da metalli, di alimentazione con cibi sofisticati, onde elettromagnetiche, particelle atomiche distribuite nell’aria, buco nell’ozono, deterioramento dell’ambiente fisico vissuto da sostanze sconosciute, problemi genetici, alterazioni del S.N.C. dovute a cause ignote.

 

Prendiamo, ad esempio, le intossicazioni da metalli alle quali sono state imputate patologie simili anche in soggetti in età evolutiva. È già un’ipotesi abbastanza confermata da fatti che queste influenzano particolarmente la capacità di pensiero, di riflessione, di ragionamento logico con’involuzione progressiva di queste e molte altre funzioni psichiche sino a giungere forme di AUTISMO.

D’altra parte, però, sembra che non sia sostenibile affermare un legame tra i neuroni specchio e l’autismo, come affermano alcuni neurologi, in disaccordo con altri.

Ci sono sempre degli ottimi itinerari che si percorrono e che poi non si rivelano sicuri.

Potrebbero esserci sostanze che alterano le capacità mentali nei soggetti in età evolutiva, così come ci sono forme degenerative genetiche che portano ad un disfarsi del linguaggio nelle persone anziane (R. Jakobson, Il farsi e il disfarsi del linguaggio, Einaudi, Torino).

Lasciamo che le scienze neurologiche approfondiscano le loro ricerche e ottengano risultati soddisfacenti.

A loro affidiamo questo compito che se lasciato a noi psicologi non va al di là di quanto è stato detto sinora.

 

D’altronde è stato affermato da noi psicologi, in altra sede, e da me riportato, che per affrontare una malattia così oscura come l’autismo, la ricerca debba essere svolta anche da altre discipline, quali la neuropsicologia, la genetica, la teoria dell’informazione. È stato anche aggiunto che l'autismo infantile è un problema complesso che deve essere studiato e abbordato da una pluralità di approcci scientifici.

Non è il caso, in sede di ricerca, farsi prendere da rancori e dalla collera e abbandonarsi ad attacchi o a provocazioni se qualcuno, per una sua formazione (o deformazione) professionale, si avvicina a una malattia con le sue conoscenze e la sua preparazione.

In sede di ricerca e di scoperta tutto ha valore fino a quando uno non intralcia il cammino degli altri che perseguono strade diverse.

Quello che ci interessa è raggiungere la soluzione del problema. 

 

 

Note, siti per ricerca, breve indicazione bibliografica, sedi per cure

 

Indirizzi utili

  •  Fondazione Stella Maris, CALAMBRONE (Pisa) - Prof. Pfanner - 050/886111
  •  Istituto di Neuropsichiatria infantile - Prof. G. Levi - Roma - Via dei Fratelli 108
  • Istituto di Clinica Neurologica - Univers. di Bologna - Prof.ssa P. Giovanardi Rossi 051/6442155 -
  • Ist. di Scienze Neurologiche e psichiatrichge per l'Infanzia e l'Adolescenza - Prof.ssa Adriana Guareschi Cazzullo - Milano - 039/66212176
  • Laboratorio sull'autismo - Univers. di Pavia - Prof. Barale 0382/502627
  • Centro per l'autismo "La Stella" - Verona - 045/8302656
  • ASL senese - Servizio di Neuropsichiatria - Prof. Zappella - 0577/586585

 

Breve bibliografia

  • ADDON M., Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi To.
  • BETTELHEIM B., La fortezza vuota, Ed. Garzanti, Milano, 1998.
  • DELACATO C.H., Alla scoperta del bambino autistico, Armando ed. Roma, 1989.
  • ERIKSON H. E., Infanzia e società, Armando ed. Roma, 1970.
  • FREUD S., I due principi regolatori della vita psichica, Boringhieri Torino 1962.
  • FRITH V., Autismo, Laterza ed., Bari, 1997.
  • JAKOBSON R., Il farsi e il disfarsi del linguaggio, Einaudi, Torino).
  • JORDAN R.- POWEL, Autismo infantile ed intervento educativo - Erickson, Trento
  • KALFF D. M. Il gioco della sabbia, Ed. O. S., Firenze, 1974.
  • LÉVY-BRUHL L., Psiche e società primitive, Ed. Newton Compton, Roma 1970.
  • MAHLER M., Le psicosi infantili, Boringhieri ed. Torino 1972.
  • PIAGET J,, Psicologia dell'intelligenza, Ed: Giunti- Barbera 1952.
  • PIAGET J., La costruzione del reale nel bambino, Ed. la Nuova Italia. 1975.
  • PIAGET J., La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Ed. Borignhieri Torino, 1973.
  • SACKS O., L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi Ed..
  • SCHOPLER E., Strategie educative per bambini autistici, Ed. Masson
  • SPITZ R., Il no e il sì, Armando ed. Roma, 1970.
  • SPITZ. R., Il primo anno di vita del bambino, Universitaria, Firenze 1966.
  • BETTELHEIM B., La fortezza vuota, Ed. Garzanti, Milano, 1998.
Data pubblicazione: 05 aprile 2011 Ultimo aggiornamento: 02 aprile 2020

Autore

a.vita
Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1966 presso Univ. Urbino in Pedagogia.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Marche tesserino n° 200.

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