La chemioterapia e le mie vene

r.lanocita
Dr. Rodolfo Lanocita Radiologo interventista, Radiologo

Esistono attrezzi che facilitano la vita di chi deve essere sottoposto allla chemioterapia per via endovenosa: i cateteri venosi centrali.

Non sempre viene spontaneo pensarci nel momento in cui ci hanno comunicato che "dovremo fare la chemio".....ma come la faremo?

Il nostro oncologo è disponibile, ci spiega esattamente la sequenza dei cicli e dei farmaci. Con dovizia di particolari ci illustra i benefici attesi ed i potenziali rischi che correremo nell'affrontare questo percorso. Ci porge un modulo per il consenso alle cure, alle trasfusioni ed ad ogni pratica che sarà necessaria per guarire.
A volte abbiamo domande ma riguardano per lo più aspetti della nostra normalità, potrò cucinare, guidare, viaggiare, vomiterò?....avrò ancora voglia di fare l'amore? ma scordiamo spesso di chiedere per quale via la cura sarà somministrata.....perchè è ovvio, è noto, si vede in ogni film dove c'è un malato.

Il sistema venoso è meravigliosamente complesso, un intrico tortuoso di tubi di calibro variabile che raggiunge, o meglio riporta, ai polmoni il sangue dopo che ha fornito l'ossigeno ai tessuti.

Nulla di più comodo quindi di un elastico diaframma che separa il dentro dal fuori, basta un oggetto cavo e puntuto per accedervi ed attarverso questo accesso è possibile distribuire all'intero organismo "qualsiasi" fluido. Ma a che prezzo questa praticità?

L'infusione di liquidi attraverso il sistema venoso può condurre ad una riduzione del patrimonio venoso superficiale, specie se questi fluidi hanno caratteristiche chimico-fisiche che per brevità definiremo "irritanti".

Il contatto tra il liquido e la parete della vena (che è progettatta solo per trasportare il sangue) determina lesione del rivestimento interno della vena stessa che puo "irritarsi" (flebite), oppure andare incontro a fenomeni di chiusura (trombosi).

Nella pratica clinica moderna esistono dei presidi medici che possono evitare la perdita del patrimonio venoso periferico: sono i cateteri venosi centrali (CVC). Questi attrezzi vengono inseriti attraverso una vena di medio calibro (giugulare, succlavia, brachiale o femorale) e posizionati con la punta poco al di sopra dell'ingresso del cuore (giunzione tra vena cava e atrio di destra).

A quessto livello il sangue scorre in un vaso di ampio diametro (circa 3cm) e la turbolenza dello stesso, generata anche dall'azione di "risucchio" che il cuore esercita, produce per effetto che i liquidi infusi attraveso il catatere non vengono in contatto con le pareti dei vasi e siano immediatamente miscelati con un grande quantitativo di sangue. E' pertanto inuitivo che utilizzando questo genere di presidi il rischio di flebite periferica è virtualemente scongiurato.

 

Tipi di Catetere

I cateteri venosi centrali vengono generalmente suddivisi in base al tempo previsto per l'utilizzo.

  • a breve termine: sono accessi utilizzati nel periodo post-operatorio e vanno rimossi entro le tre settimane.
  • a medio termine: sono CVC lasciati in sede per periodi compresi tra tre settimane e tre mesi. Sono costituiti da cateteri in plastica (poliuretano) o silicone e possono avere parziale decorso sotto la pelle (groshong, Hicmann, Broviac e PICC).
  • a lungo termine: attrezzi dedicati a terapie o nutrizioni parenterali di durata superiore a tre mesi. La categoria comprende gli accessi totalmete impiantabili (port a cath) ed i CVC parzialmente tunnellizzati come i Groshong.

Le attrezzature a medio e lungo termine sono quelle di maggior utilizzo in campo oncologico.

Le procedure d'inserimento in mani esperte non sono particolarmente fastidiose e le complicanze correlate all'impianto sono inferiori all'1%: tra le complicanze maggiormente "fastidiose" si annovera l'insorgenza del pneumotorace per le punture delle vene succlavie, anatomicamente adiacenti all'apice del pomone. L'utilizzo della tecnica di micropuntura (ago 21G) associata alla guida ecografica ha di fatto eliminato questo inconveniente.

I malfunzionamenti del CVC possono dipendere da cuse meccaniche (guaine di fibrina attorno al catetere) o da cause infettive (batteri dentro al catetere, infezione del sito di impianto).

In conclusione la chemioterapia, a prezzo di un piccolo ed "economico" intervento può essere praticata in sicurezza e senza intaccare il patrimonio venoso dei pazienti.

Data pubblicazione: 31 maggio 2011

Autore

r.lanocita
Dr. Rodolfo Lanocita Radiologo interventista, Radiologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1993 presso Univesità degli Studi di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Milano tesserino n° 33001.

Iscriviti alla newsletter