Uso delle protesi nella chirurgia del prolasso uro-genitale

ivanomorra
Dr. Ivano Morra Urologo, Andrologo

Negli ultimi decenni si è registrato un crescente interesse sull’uso di protesi sintetiche per la chirurgia del prolasso vaginale e dell’incontinenza femminile.

L’idea di utilizzare delle reti di rinforzo per la chirurgia del prolasso deriva dall’osservazione che le riparazioni delle ernie addominali con un rete di prolene avevano tassi di guarigione molto più alti.

Con le riparazioni tradizionali (cioè non utilizzando reti sintetiche o biologiche per migliorare le nostre riparazioni) si utilizzano dei tessuti deboli per riparare un tessuto indebolito che ha prolassato (il che va contro tutti i principi di base chirurgici!). Non c'è da meravigliarsi quindi che i tassi di recidiva siano alti!

In questi anni si sono diffuse diverse tecniche che prevodono l’utilizzo di materiale protesico; nella nostra casistica è dal 2001 che utilizziamo reti parzialmente riassorbibili in prolene e vycril (Vypro II) per la riparazione del prolasso della vescica con ottimi risultati che abbiamo presentato in occasione di diversi congressi nazionali. Abbiamo documentato un notevole aumento dei tassi di guarigione (> 90% rispetto al 60% con le riparazioni tradizionali).

Le reti vengono utilizzate soprattutto in pazienti che hanno avuto precedenti operazioni non riuscite, pazienti anziane con tessuti deboli e pazienti con prolassi di alto grado.

Le tecniche di riparazione tradizionale sono solitamente molto invasive poiché vengono eseguite per via addominale, e presentano alti tassi di complicanze quali emorragie, lesioni vescicali, lesioni nervose, e recidive.

L’utilizzo di reti sintetiche di rinforzo per via vaginale consente la riparazione di prolassi anche di alto grado; questo accesso permette una ricostruzione totale del pavimento pelvico senza alcun danno estetico per la paziente; e inoltre può essere eseguita in anestesia spinale con un indubbio vantaggio soprattutto per le pazienti più anziane.

L’approccio transotturatorio: una tecnica nuova e sicura

Nei primi mesi del 2000, lo spazio transotturatorio è stato inizialmente descritto e utilizzato per il posizionamento delle sling per il trattamento di incontinenza urinaria da sforzo femminile.

Successivi studi sullo spazio otturatorio hanno dimostrato come fosse possibile utilizzare questa via per correggere anche il prolasso vescicale.

Quali sono i vantaggi dell’approccio vaginale transotturatorio?

La correzione per via vaginale con approccio transotturatorio mediante il dispositivo Perigee è una procedura ben standardizzata e ripetibile che rende sicuro, veloce ed efficice l’intervento.

L’utilizzo della via vaginale presenta, rispetto all’accesso addominale, il vantaggio di una riduzione del rischio di lesioni intestinali, vescicali e vascolari, e del rischio emorragico. L’approccio transotturatorio consente un più anatomico posizionamento della rete in prolene al di sotto del piano vescicale.

Come avviene la procedura transotturatoria di correzione del prolasso vescicale?

Incisioni molto piccole vengono fatte nelle pieghe inguinali (due per ciascun lato) e una incisione viene effettuata nella vagina sotto la vescica in modo da consentire di porre una rete sotto la vescica nella posizione corretta, senza dover passare attraverso lo spazio retropubico e la parete addominale.

Lo spazio attraversato dall'ago del Perigee è stato ampiamente studiato mediante numerose dissezioni su cadavere e presenta un rischio minimo di sanguinamenti maggiori. Molti chirurghi sono preoccupati del percorso attraverso il forame otturato e in particolare dalla possibilità di lesionare il nervo otturatorio e pudendo: in realtà se la procedura viene eseguita correttamente l'otturatore e il pudendo sono lontani dal tragitto degli aghi.

L'ago è guidato da un dito lungo tutto il suo tratto vaginale, quindi vi è un minimo passaggio cieco degli aghi. Come può essere visualizzato con il disegno, il nervo e i vasi otturatori sono molto laterali e superiori e ben distanti dalla zona di passaggio degli aghi del Perigee.

L'approccio transotturatorio permette al chirurgo di ottenere un forte punto di ancoraggio per la rete con un approccio sicuro e mini-invasivo.

La rete forma un nuovo piano di sostegno sotto la vescica. La procedura richiede circa 30 minuti e può essere effettuata in anestesia spinale. La percentuale di successo riportata in letteratura è del 90%.

Quali sono i rischi e le complicanze della procedura transotturatoria di correzione del prolasso vescicale con il Perigee?

Come con qualsiasi procedura chirurgica, i rischi esistono. Si deve sempre valutare i vantaggi di utilizzare reti sintetiche (aumento della percentuale di guarigione), con i rischi connessi. Per esempio, se un paziente ha avuto 2 interventi precedenti che hanno fallito, è molto dubbio che ripetere la stessa procedura ancora una volta possa essere utile, quindi è molto facile affermare che questa particolare paziente ha bisogno di una rete sintetica per la sua riparazione e che i benefici supereranno di gran lunga i piccoli rischi associati.

Per la maggior parte, i rischi associati con l'uso di protesi nella chirurgia del pavimento pelvico sono relativamente bassi, tuttavia, come con qualsiasi procedura chirurgica, i rischi esistono. Una rete è un corpo estraneo e quindi i rischi includono l'infezione, il rigetto o l'erosione in vagina o nella vescica. Questo tipo di complicanze sono molto rare e i materiali utilizzati oggi hanno dimostrato di essere molto ben tollerati con rischio minimo (tutti in genere meno dell'1%); anche l’esperienza del chirurgo nell’utilizzare materiale protesico ha un impatto notevole su tali rischi.

Altri rischi comprendono: sanguinamento, dolore nella vagina o a livello inguinale, dolore durante i rapporti. Una delle complicanze più comuni è l’erosione della rete in vagina (2% - 6%): ciò si può verificare quando la guarigione avviene con difficoltà, in presenza di una mucosa vaginale poco estrogenizzata.

Questa è considerata una complicanza minore e molte volte guarisce con terapia medica; in rari casi può essere risolta con l’asportazione del tratto eroso, procedura questa eseguibile ambulatorialmente.

Data pubblicazione: 10 giugno 2010

Autore

ivanomorra
Dr. Ivano Morra Urologo, Andrologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1992 presso università di Torino.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Torino tesserino n° 15458.

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