Spermatozoi, antibiotici e antiossidanti: le relazioni pericolose e i dubbi sul margine terapeutico

BACKGROUND

La prostatite cronica batterica è una diagnosi comune negli uomini in età fertile ed è caratterizzata da un insieme di sintomi tra cui dolore pelvico, urgenza minzionale e dolore durante la minzione. Si associa spesso al deficit erettile. La cura prevede lunghi periodi con antibatterici e non sono rare le recidive, fonte di sconforto nel paziente e spesso anche nel medico. Non tutti sanno che tra gli antibatterici disponibili solo alcuni hanno caratteristiche chimico fisiche tali da arrivare alla prostata in concentrazioni sufficienti come non sanno che se non si associa alla terapia un’alimentazione priva di cibi “calorosi” i risultati sono inferiori alle aspettative. Dieta leggera e pazienza sono ingredienti fondamentali della terapia.

Detto questo va ricordato che oltre la citata prostatite batterica esiste anche la abatterica ovvero stesso corteo di scocciature ma senza la presenza di batteri.

Va ricordato infine che infezione e infiammazione non sono la stessa cosa anche se possono coesistere come essere una la conseguenza dell’altra.

REVIEW 

Nel 2013 la Cochrane ha editato una interessante review le cui conclusioni sono condivisibili. Fluorochinolonici, tetracicline e macrolidi sono le classi di antibatterici studiate. I risultati sono: i Fluorochinolonici, al netto degli effetti collaterali, sono abbastanza efficaci e sono grosso modo comparabili nell’efficacia con i non-fluorochinolonici. Non ci sono conclusioni per cui una lunga durata di terapia possa sortire effetti migliori di una terapia breve.

Del tutto recentemente, è di due mesi fa, la pubblicazione sul IJRM, di un’altra review che prende in considerazione gli effetti degli antibatterici succitati sulla salute degli spermatozoi. Considerando che le prostatiti sono un reperto pressoché costante nei soggetti sub fertili superando di gran lunga il varicocele e le disendocrinie, i risultati della review sono probabilmente molto utili.

La lotta tra non fluorochinolonici e fluorochinolonici rimane però senza vincitori né vinti, entrambe le classi sono in grado di danneggiare, in vario modo, i testicoli creando problemi non secondari alla fertilità. In ogni caso la tossicità sembra legata alla durata e alla dose impiegata. Interessante è il fatto che una quota dei danni causati sono reversibili con la somministrazione di antiossidanti.

 

IL MARGINE TERAPEUTICO

Mentre l’indice terapeutico è un calcoletto che si studia in Farmacologia, il margine terapeutico non è un calcolo ma un ragionamento che il medico fa dopo aver fatto una diagnosi.

Il primo, l’indice, si calcolava quando sia aveva a disposizione i test di letalità sugli animali, sono stati banditi nel 2002. Ora si usa la finestra terapeutica, definita come l'intervallo fra la concentrazione minima, al di sotto della quale il farmaco è clinicamente inefficace, ed la concentrazione massima al di sopra della quale compaiono effetti tossici.

Tanto più è ampia la finestra terapeutica, tanto più il farmaco è sicuro (maneggevole).

 

Gli indici terapeutici variano significativamente tra diverse classi di farmaci, e anche da un principio attivo all'altro. Tra gli oppioidi il farmaco con il più ampio indice terapeutico (33 000:1) è il remifentanil, seguito dal tetraidrocannabinolo, un sedativo analgesico di origine naturale (dalla Cannabis) avente un indice terapeutico di 1000:1, mentre il diazepam, una benzodiazepina ipnotico-sedativo e rilassante muscolo scheletrico ha un più stretto IT di 100:1 e la morfina, un sedativo, antidepressivo e analgesico anch'essa di origine naturale (Papaver Somniferum) ha un IT di 70:1 (tuttavia ancora considerato relativamente sicuro).

Meno sicure sono la codeina, uno stimolante e anestetico locale e l'alcol etilico, un sedativo ampiamente disponibile e consumato in tutto il mondo con IT rispettivamente di 15:1 e 10:1. Ancora meno sicuri sono farmaci come i digitalici tra cui la digossina, un glicoside cardiotonico, con un indice terapeutico di circa 2:1.[2] Altri farmaci caratterizzati da un indice terapeutico stretto sono il dimercaprolo, la teofillina, il warfarin e il carbonato di litio. Anche alcuni antibiotici richiedono il monitoraggio delle concentrazioni ematiche per bilanciare l'efficacia minimizzando gli effetti collaterali, tra essi la gentamicina, la vancomicina, l'amfotericina B e la polimixina B.

 

QUINDI

Il medico che si trova a dover affrontare la necessità di curare una prostatite cronica batterica in un soggetto che magari sta cercando di riprodursi dovrà per forza di cose tenere presente tutte queste premesse valutando con attenzione la carica batterica, la virulenza del germe, la situazione immunitaria del paziente e altro. Quindi deve decidere quale antibatterico usare, a quale dose e per quanto tempo correlandolo magari con la situazione seminale di partenza e ricordandosi che mentre l’eradicazione del batterio è cosa verificabile a breve, dopo pochi giorni di wash out dalla fine dell’ antibiotico, le variazioni in negativo se le deve aspettare dopo due mesi.

Le review, indicando che gli antiossidanti limitano i danni da antibatterici, si rivelano quindi utili ad migliorare il margine terapeutico, definibile come il rapporto tra i danni ed i benefici di una determinata terapia su un determinato paziente.

Conclusioni: Un invito a meditare per coloro che pensano che curare la fertilità sia cosa facile, a portata di mouse.

 

 

Fonti:

 

 

Data pubblicazione: 27 maggio 2015

3 commenti

#3

Complimenti vivissimi! Articolo molto interessante.

<< La cura prevede lunghi periodi con antibatterici e non sono rare le recidive, fonte di sconforto nel paziente>>.

Lavorando frequentemente in psicoterapia con pazienti affetti da prostatiti, spesso si delineano quadri sindromici di depressioni reattive alle quali si associano non di rado periodi di stress con radici ansiose che alimentano un circolo vizioso che a mio parere, possono delinearsi come variabili di mantenimento della sintomatologia.

Che ne pensa a proposito Dr. Biagiotti?

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