La differenza fra medico e prescrittore di farmaco

giorgiocavallini
Dr. Giorgio Cavallini Iscritto decedutoChirurgo generale, Andrologo, Urologo

Chi più chi meno, siamo tutti quanti bombardati da notizie riguardanti l'effetto benefico di questo o quell' intruglio-farmaco-sostanza. Soprattutto da qando hanno preso piede i gli integratori alimentari, cui riconoscere una qualche attività benefica è un esercizio di fede incondizionata nei miracoli. 

La tal cosa fa bene per questo, e la tal' altra per quest' altro. Ed il medico? Il medico si rifugia nel ruolo di aggiornato scribacchino o prescrittore che dir si voglia. 

Per non parlare ormai di comuni florilegi: "Al cugino di mia prozia hanno prescritto la tal cosa e gli ha fatto bene, la prescrive anche a me?" oppure "Su internet ho letto che...", oppure "Il farmacista mi ha dato..."

Al di là della facile facezia coloro che incorrono in questi comuni eventi sono senza dubbio degli autolesionisti un po masochisti: si vogliono male. E non per il "fai da te" ma perchè si giocano una quota non indifferente di attività del farmaco.

Ho pubblicato recenetemente con Carlo Maretti a livello internazionale una ricerca durata un anno e qualche cosa che indica come il farmaco prescritto da medico con autorevolezza risulta essere più attivo di quello prescritto senza convinzione ovvero un tanto al chilo, come si dice. 

MORALE: IL MEDICO FA LA DIFFERENZA NELLA EFFICACIA DEL FARMACO.

 

Bibliografia

Cavallini G., Maretti C. Global Journal of Medical Research-B: Pharma, Drug Discovery, Toxicology and Medicine. In stampa. 

Data pubblicazione: 23 marzo 2017

5 commenti

#1
Dr. Giulio Biagiotti
Dr. Giulio Biagiotti

Giorgio, hai ragione da vendere.
la figura del medico è assassinata dai prescrittori incongrui e dai faidatetologhi che dopo aver letto due scemenze pontificano sui social. Addavenìpeppone....e falli secchi tutti quanti.
sei di medicina, tre di specializzazione , un esame di abilitazione e i il primo fesso pontifica corbellerie a tutta randa e ha letto per due giorni robe che nessuna controlla. PFUI!

#4
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Caro Giorgio e Carlo,

avete confermato quello che un buon medico sa, forse senza saperlo, e cioè che spesso una "buona" parola in medicina ha lo stesso effetto di un "buon" farmaco.
Oggi si parla molto di "Medicina Narrativa", disciplina, se così si può dire, che ha riportato alla ribalta l'importanza che ha nella nostra professione, quando si inizia un processo diagnostico e terapeutico, la narrazione, io direi anche l'empatia, nella relazione medico-paziente.

Diversi studiosi hanno, in questi ultimi anni, dimostrato come questo aspetto particolare e molto importante della medicina abbia anche basi fisiologiche reali e che, in molti casi, le parole e i farmaci hanno lo stesso meccanismo d’azione.

Se non ricordo male il collega Fabrizio Benedetti, professore di Fisiologia Umana e Neurofisiologia dell’Università di Torino, ha dimostrato, alcuni anni fa, come la parola può attivare nel cervello le medesime vie biochimiche percorse da alcuni farmaci, arrivando ad affermare che: “Il rituale dell’atto terapeutico non ha solamente un effetto psicologico positivo ma facilita anche la produzione di neurotrasmettitori che attivano gli stessi recettori sui quali agiscono poi alcuni farmaci importanti come, per esempio, l’aspirina”.

Le parole, la relazione complessiva che si tra un medico ed il suo paziente possono già di per sè essere terapeutiche e anche incrementare, in molte situazioni cliniche, l’effetto positivo di un farmaco.
Anche la mia ultradecennale esperienza clinica me lo conferma!

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