Infertilità maschile: attenzione alla carenza di Taurina!

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

 Questa informazione ci viene suggerita da una recente lavoro, condotto da alcuni ricercatori dell’Università giapponese di Tsukuba e della Cornell University di New York ed ora pubblicato sulla importante rivista della Federation of European Biochemical Societies: The FEBS Journal.

Sappiamo che la Taurina è un amminoacido essenziale, presente in numerosi cibi e che viene aggiunto anche in molti integratori ed in alcune bevande energizzanti.

 

  

 

Il suo nome deriva dal latino “taurus”, e fu così chiamata perché fu isolata, per la prima volta, nella bile di tori; è una sostanza chimica acida, abbondante in molti tessuti di diversi animali, uomo compreso.

Ora questa ricerca, condotta su topi selezionati, sembra che dimostri che, se questi vengono privati di questa sostanza, hanno un’alta probabilità di essere sterili, cioè i loro spermatozoi sembrano presentare importanti alterazioni soprattutto a livello della coda.

 

   

 

In particolare il lavoro ha messo in evidenza come i topolini maschi che hanno una carenza di Cisteina Di-Ossigenasi (CDO), che è la proteina conosciuta come capace di produrre la Taurina, hanno una probabilità di essere non capaci di fertilizzare un ovocita dieci volte superiore rispetto ai topolini che non hanno questo problema.

Sappiamo che gli spermatozoi sono immobili prima di passare dal testicolo all’epididimo, questo è un tubicino microscopico lungo circa sette-otto metri, raggomitolato in due-tre centimetri e posto sopra il testicolo; è in questa struttura anatomica complessa e particolare che lo spermatozoo, che non produce proteine, trova la Cisteina Di-Ossigenasi e la Taurina che viene da loro assorbita ed in questo modo completano la loro maturazione acquistando una morfologica normale e diventando anche mobili.

 

  

 

Su queste considerazioni, aggiungendo alla dieta dei nostri topolini la taurina i loro gameti ritornavano morfologicamente normali, soprattutto scomparivano le alterazioni viste a carico delle code.

I ricercatori hanno inoltre dimostrato che la CDO sembra più presente a livello della testa dell’epididimo e che gli spermatozoi dei topi con la carenza di Taurina avevano anche più difficolta a fertilizzare un ovocita in vitro.

Osservazioni tutte interessanti e che potenzialmente aprono nuovi scenari clinici su questo interessante aminoacido essenziale.

 

Fonte:

https://febs.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/febs.14449

Altre informazioni:

https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/660-miti-e-realta-sul-maschio-infertile.html

https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/1446-antiossidanti-radicali-liberi-e-fertilita-maschile.html

 

Data pubblicazione: 20 giugno 2018

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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5 commenti

#3
Utente 155XXX
Utente 155XXX

Cosa ne pensa di questo studio del San Raffaele (Mi):


19 Giugno 2018
Azoospermia E Alterazione Del Microbioma Testicolare

La completa assenza di spermatozoi nel liquido seminale, chiamata azoospermia, colpisce circa un uomo su 100. Nella maggior parte dei casi questa condizione non ha una causa nota: ciò significa che non può essere attribuita a nessun meccanismo fisiopatologico conosciuto, né si associa alla presenza di fattori di rischio particolari o all’impiego di terapie per altre condizioni mediche. Capire il meccanismo biologico alla sua origine è sempre più importante, dal momento che recenti dati mostrano una correlazione tra l’infertilità maschile, la salute complessiva dell’uomo e il fenomeno dell’invecchiamento precoce.
Un recente studio, appena pubblicato su Human Reproduction, rivista del gruppo Oxford University Press, indaga per la prima volta la relazione tra azoospermia e alterazione del microbioma a livello del tessuto testicolare. La scoperta, frutto del lavoro di un gruppo di scienziati dell’Istituto di ricerca urologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – in collaborazione con il Laboratorio di Microbiologia e Virologia dello stesso ospedale – fornisce la prima prova della presenza di batteri nel tessuto testicolare, che fino a ora si pensava fosse microbiologicamente sterile, grazie all’uso di una tecnica molto sensibile per l’amplificazione del DNA batterico. Se confermato, questo risultato potrebbe supportare lo sviluppo di future terapie traslazionali per l’infertilità maschile basate sulla ricostituzione di un corretto microambiente testicolare.
Il gruppo di ricercatori, guidati dal dottor Massimo Alfano, ha studiato la popolazione batterica nel tessuto testicolare di 15 uomini, tra cui individui affetti da azoospermia con cause sconosciute e individui sani. Si tratta del primo tentativo in questo senso, essendo i testicoli uno dei pochi organi ancora non caratterizzati microbiologicamente. Nonostante il numero dei campioni di questo studio pilota sia basso e necessiti di ulteriori conferme, l’analisi del microbioma ha mostrato una differenza tra i due gruppi di individui: chi è sano ospita nel tessuto testicolare un basso ma più diversificato numero di batteri, appartenenti a quattro dei principali gruppi, mentre chi è affetto da azoospermia ospita batteri in numero più alto ma meno ricchi in biodiversità, dal momento che risultano del tutto assenti il gruppo dei Bacteroidetes e quello dei Protobacteria.
“Questa è la prima dimostrazione in assoluto del fatto che il microambiente testicolare, a differenza di quanto abbiamo sempre pensato, non è sterile. Nei tessuti testicolari esistono dei batteri e possiamo supporre che abbiano un ruolo rilevante nei processi fisiologici che lo riguardano, come accade nel resto dei tessuti e sistemi umani studiati fino a ora” spiega Andrea Salonia, direttore di URI. “Si tratta di un’evidenza molto solida, poiché abbiamo utilizzato tessuti prelevati durante operazioni chirurgiche, in un ambiente pulito e sterile, evitando ogni possibilità di contaminazione”.
Se confermati e ampliati, questi risultati potrebbero supportare future terapie traslazionali e l’istituzione di nuovi marcatori clinici per diagnosticare e trattare l’azoospermia negli uomini.

Grazie. Saluti

#4
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Studio preliminare molto interessante, attendiamo ora gli eventuali ed ulteriori sviluppi a livello clinico, soprattutto per quanto riguarda le future indicazioni di tipo terapeutico.
Ho comunque la sensazione che ancora molta strada deve essere fatta ma questo è un primo passo che potrebbe avere, in seguito, prospettive nuove e da non sottovalutare.

#5
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Al momento ci rimangono indicazioni terapeutiche più vicine, forse meno mirate, come la Taurina.

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