Suspiria - stregoneria dell'ansia e della depressione

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

In occasione del restauro del film Suspiria di Argento (1977), propongo alcune considerazioni sul tema della paura, e dei meccanismi che caratterizzano la sua forza e il suo superamento.

Le malattie psichatriche che consistono in uno stato di paura, o che comprendono anche paure tra i loro sintomi, sono ad esempio le fobie specifiche, il disturbo di panico, il disturbo ossessivo, la depressione in tutte le sue forme.

I film horror, spesso definiti come film “di paura”, spesso non hanno lo scopo di far paura. In questo senso i thriller sono più “di paura”. L'horror utilizza lo stato di paura, o di orrore, per descrivere qualcosa che è più generale. Si parte da archetipi, cioè da immagini o situazioni che siamo tutti d'accordo nel ritenere “inquietanti”, o da figure che rappresentano esse stesse il mito della paura.

La strega per esempio. La storia di Suspiria è semplice: una ragazza entra in un'accademia di danza, e deve confrontarsi con il potere di una strega che vi dimora. Cos'è la strega, rispetto al vampiro, al demonio etc? Nello specifico, la strega è una forza che si oppone alla propria volontà, cercando di farla indietreggiare, di deviarla, di sedurla anche per toglierle i propri veri scopi. La stregoneria è l'arte, come si dice nel film, di “fare il male”, cioè di rubare il potere mentale alle persone, o di distruggerle se non si prestano a questo. Si va oltre però, perchè si dice che in realtà la stregoneria è “ciò che da chiunque, dovunque e in ogni tempo è creduto”. La stregoneria è uno stato di soggezione mentale, di allarme, di paura che tiene imprigionati, fermi, rinunciatari e umiliati.

Metaforicamente quindi esistono le streghe e le stregonerie, in realtà la strega può essere la depressione, e la stregoneria lo stato mentale in cui ci porta. Da cosa deriva la forza della stregoneria, se in realtà si svolge tutta dentro di noi, e quindi non è una forza imposta da fuori?

La forza delle malattie depressive e ansiose consiste anche nel fatto che, una volta che si sviluppano, non impongono solo dei sintomi isolati, ma plasmano il modo di vedere le cose.

Una persona col panico non ha solo crisi di paura, ma inizia anche a pensare come se dovesse davvero morire di panico. Una persona con le ossessioni comincia davvero a pensare che l'unica via è tenersi al riparo dalle ossessioni, tenerle buone, dar loro da mangiare per evitare di esserne divorato. Una persone con una depressione si convince piano piano che in fondo si merita di star male, che non c'è via d'uscita, e che evidentemente tutto doveva andare in rovina.

In altre parole, chi è "dentro" il problema cambia chiave di lettura, e adotta quella imposta dalla malattia. Cambiando chiave di lettura delle cose si percepisce la propria condizione come inevitabile ma anche, in qualche modo, immutabile, e quindi si elimina il problema di poterla cambiare. Cambiare le cose infatti comporta uno sforzo, e finché questo sforzo appare maggiore della sofferenza data dal disturbo, si resta dentro il disturbo. Il fatto è che però, se le cose si vedono dal punto di vista dell'ansia e della depressione, lo sforzo "sembra" grande, e più grande della sofferenza data dal male, ma non è così. Semplicemente, non si riesce più a vedere bene che le cose possono anche stare in un altro modo, e che la prospettiva ansiosa o depressiva è una prospettiva "alterata", relativa al punto di vista della malattia, e non più oggettiva, anzi meno (perché più rigida).

La strega di Suspiria lavora proprio su questo: far pensare gli altri come vuole, per evitare che riescano a scappare, a opporsi, a imporsi. Alla strega non interessa ucciderli, non subito almeno. Uccide chi vorrebbe scappare, ribellarsi. Accoglie chi accetta di sottomettersi alle sue regole, magari anche premiandolo. La protagonista, che fin da subito si rivela fragile ma determinata, per la strega finisce presto per essere una spina nel fianco. Così cerca di non farla pensare, di stordirla, di spaventarla. Allo stesso tempo però non la uccide, non la scaccia. Il disturbo non ti schiaccia, piuttosto ti tiene in una morsa, e ti costringe a adattarti a quella morsa. Chi è dentro la morsa comincia a pensare che la morsa sia normale, e che non ci sia altro se non starci in maniera meno scomoda possibile.

La scena rivelatrice del film, nel finale, è il modo in cui la protagonista sconfigge la strega, quando ci si trova a tu per tu. E qui, chi non vuole veder rovinato il finale si fermi; altrimenti prosegua nella lettura.

La strega utilizza le paure della ragazza per paralizzarla, e si nasconde alla sua vista. Apparentemente è invisibile, cosicché lei esita a colpirla col pugnale. Invece, si concentra sul morto vivente che la strega le scatena contro, che simboleggia appunto la paura. Alla ragazza è sufficiente raccogliere coraggio e astuzia, e capire che la strega è proprio lì dove sembra che non ci sia, e infilare il pugnale nell'aria che sembra vuota. Con questa semplice mossa la strega è trafitta e diviene visibile, e il suo castello di paure crolla e prende fuoco.

Rapportato ai disturbi mentali, la soluzione non sta laddove il disturbo ti fa pensare che stia. Ma nel cuore del disturbo, laddove sembra proprio che non ci sia nulla. Bisogna cioè diffidare dalle soluzioni che vengono in mente quando si è sotto panico, sotto ossessioni, sotto dipendenze, sotto depressione. Non sono le vie d'uscita, ma sono le regole di convivenza con il disturbo. Viste da dentro sembrano, eccome, delle soluzioni, magari geniali, e che non si discutono. Sono in realtà sempre gli stessi errori, o la ripetizione degli schemi della malattia, esattamente quelli con cui uno si è già avvitato intorno alla malattia stessa e ne è rimasto stritolato.

Alla persona afflitta dal panico verrà in mente cosa può prendere per evitare la crisi. Alla persona con ossessioni verrà in mente che deve avere una risposta, e che magari ne ha quasi trovata una perfetta, basta solo insistere. Alla persona con una depressione verrà in mente che è bene lasciar perdere tutto, non provare a curarsi, isolarsi da tutto e tutti. Alla persona con una dipendenza che deve "ripulirsi" e farcela da sé, perché è un problema di testa e volontà.

Queste non sono soluzioni, ma sintomi. Esprimono il problema, ne fanno parte, sono la strada per girare in tondo, travestita da soluzioni. Sono le "stregonerie" che vivono dentro le malattie mentali. In termini tecnici, la perdita di consapevolezza, o "insight" (vista interiore) è la forza della "strega". Secondo il film: "ciò che dovunque, da chiunque e in qualunque tempo è creduto vero", cioè la concretezza e la forza di ciò che è temuto.

Data pubblicazione: 27 novembre 2017

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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1 commenti

#1
Ex utente
Ex utente

Articolo molto bello dottore.
Il parallelismo tra il film e le dinamiche dei disturbi citati è molto suggestivo.
La confusione che spinge a scambiare un sintomo per una soluzione è centrale ma molto difficile da risolvere nel momento stesso in cui si presenta. Però è proprio la ripetizione degli stessi schemi che non ci libera dalla trappola e ci rende sempre più succubi di essa. Bisogna colpire proprio dove non riusciamo a vedere, perchè quello che invece vediamo è solo la proiezione del nostro problema.
Complimenti per l'intuizione alla base dell'articolo.

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