Il secondo figlio

a.vita
Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

(Risposta ad una mamma)

Gentile Dott. …..

sono preoccupata per Daniel, mio secondo figlio di 3 anni e 10 mesi.

Daniel si comporta sempre male ovunque, tanto che all'asilo spesso per punizione lo mandano in un'altra classe; quello che preoccupa molto è il menefreghismo e la strafottenza verso qualunque rimprovero o punizione. Non esagero se le dico che sembra un teppista di strada, e se lo rimproveri o gli neghi qualcosa comincia a gridare, sbattere tutto, buttarsi per terra.... ovunque si trovi.

Delle scene allucinanti da vergognarsi.....non so più che fare.....

Adesso gli abbiamo tolto la piscina e questa settimana non lo facciamo sciare; ma non so .....

Può darmi qualche consiglio....lo accetterei volentieri... La nostra famiglia è composta da me, mio marito, e un figlio maggiore di 9 anni.

La ringrazio.

Una mamma molto preoccupata.

 

Gentile Signora,

Lei mi sta ponendo un quesito a proposito del secondo figlio, il più piccolo.

Il primo figlio, spesse volte, per una crisi di gelosia verso il fratellino appena nato, manifesta fenomeni regressivi, come enuresi notturna, balbuzie, irregolarità della condotta, aggressività, e altre anomalie del comportamento. Se si fosse trattato di lui, l’avrei rimandata all’articolo pubblicato su questo sito e su quello di Medicitalia che può trovare all’indirizzo qui sotto riportato dal titolo "Un bambino ribelle". Tuttavia, anche se questo articolo che le cito non potrà darle una diretta spiegazione del comportamento del suo secondo figlio, leggerlo (e meditarlo) potrà favorire una più chiara comprensione di quello che Le sto per dire a proposito di Daniel.

Cfr.:  https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/367-un-bambino-ribelle.html

Chi ci assicura che Daniel non possa essere geloso del fratello grande?

Ovvero, si può convenire sul fatto che il bambino si percepisca inadeguato, perché è piccolo e non ascoltato? O perché al grande si permette, giustamente dico io, di fare alcune cose, giochi, uscite, o altro che al piccolo ancora non si può, legittimamente, accordare?

Il piccolo non si rende conto che ci sono specifici tempi per fare alcune esperienze o per dare adito a certi "legittimi" comportamenti, mentre ci sono alcune tappe da percorrere per soddisfare certe attese e per appagare certi desideri. Egli sente, tuttavia, che certi suoi comportamenti non sono idonei, non sono corretti, ma li mette in atto per dimostrare qualcosa a sé e agli altri.

Egli si sente inadeguato, e soffre. Può anche essere preso dalla paura di non “valere per gli altri”, di essere considerato in modo negativo e con ostilità, anche se ciò non risponde al vero.

Può provare un senso di abbandono, di mancanza d’affetto, sente di subire critiche ingiuste, tutte cose che vanno a ferire il suo amor proprio.

I genitori gli vogliono molto bene, ma forse il bambino non lo percepisce ed ha la sensazione sgradevole di non sentirsi amato.

Non solo, ma il bambino può temere che tutta la famiglia l’abbia preso come “capro espiatorio”. Veramente qualche volta può succedere che uno dei figli sia preso come "oggetto-soggetto" per scaricare tutti i conflitti che serpeggiano in famiglia per il lavoro, per gli avvenimenti pubblici che influenzano quelli privati, per i rapporti interpersonali, per molti altri problemi che possono costellare la vita familiare.

E il bambino “piccolo” teme questi atteggiamenti, a torto interpretati e a torto vissuti come tali, che egli percepisce in modo incomprensibile, sorretto dalla fantasia che li enfatizza e che genera assurde sensazioni di malessere.

Il bambino sbaglia, capisce di aver sbagliato e quindi si sente ancora “più sbagliato”, inadatto, non valido, avvitandosi in una specie di spirale senza fine. Spesso si colpevolizza.

Egli tende ad amplificare questo senso di malessere e d’inadeguatezza che prova per essere piccolo in mezzo ai grandi (a volte nervosi e strani per tutte le loro vicende che devono quotidianamente affrontare), facendo di tutto per essere diverso e per attirare l’attenzione verso di sé e verso la propria “sofferenza”.

Aggiungiamo a questo quadro, forse un po' inquietante, anche i castighi a cui va incontro e allora il profilo di sé diventa ancora più fosco, e lui si ammanta di sconforto.

Il suo comportamento scomposto, aggressivo e senza senso lo porta in una dimensione diversa, come se fosse cresciuto e diventato "grande" velocemente, mentre al contrario è diventato soltanto "esagerato", e quindi ancora “più sbagliato” di quanto lo fosse prima. Il suo presunto modo di diventare “grande” lo porta ancora una volta verso un modo di essere “non adeguato” perché con il suo modo di fare adesso fa arrabbiare a casa madre, padre e fratello.

Non solo, ma ritenendo di essere cresciuto agendo in tal modo, si comporta male anche quando sta a scuola o in mezzo agli amici dei genitori.

In questo modo egli crede di affermare la stima di se stesso, cioè quando riesce ad attirare l’attenzione di tutti, e per prima quella dei genitori.

Allora che fare?

Ricette non ce ne sono, o non le conosco. Ma se questa mia ipotesi è attendibile e giusta, qualche consiglio le potrà essere utile.

Suggerisco di:

  • Farlo sentire importante, per tutti. Non deve mai essere deriso, perché la derisione annienta l’autostima; nessuno deve criticarlo, né offenderlo. I genitori devono richiamarlo e correggerlo spiegando i motivi della loro disapprovazione, ma senza infierire su di lui.
  • Ricoprirlo di tanto affetto, chiamarlo più volte al giorno e sentire che cosa ha da dire riguardo a questo o a quel problema (piccoli problemi, per lui grandi e insormontabili).
  • Farlo sentire grande, affidabile. Occorre dargli alcuni compiti di cui deve essere responsabile, almeno quello di riporre il suo spazzolino da denti nell’apposito astuccio, di ripiegare i pantaloni, di indossare da solo il pigiama.
  • Avviarlo alla gestione dei suoi giocattoli, a fine giornata, per riporli nell’apposito cassettone o armadio, magari prima insieme alla mamma o al papà, poi da solo perché “ORMAI SEI GRANDE E LO PUOI FARE DA SOLO!”.
  • Interrogarlo su quello che vorrebbe mangiare o quando si esce dove vorrebbe andare. Ecco, quando si esce una volta si va dove dice il grande, una volta dove dice il piccolo. Ma ci sono luoghi dove i genitori decidono di andare per fare delle compere o per visitare qualche famiglia amica. Questo lo deve capire e condividere.
  • Il padre può fare molto. Il bambino deve uscire dall’”alveo" psicologico materno per passare pian piano a quello paterno. “Sei un maschietto tu, comportati come un ometto, provaci”. Il padre può guidarlo in questo progressivo trasferimento dal clan femminile a quello maschile.
  • Dite spesso al bambino che è bravo, appena fa una cosa giusta. Ne farà almeno una al giorno o in una settimana!. E voi rinforzatela con "bravo", ma niente di più, nessun premio, ma soltanto molta considerazione e stima. Enfatizzate anche questo suo comportamento. E magari fatevi sentire, come se ragionaste tra voi due, padre e madre, che state facendo degli apprezzamenti sul piccolo: “Sai, Daniel si sta comportando molto bene, ormai è cresciuto, non è più un bambino piccolo e capriccioso, sta diventando bravo” . Afferma con altre parole Rosenthal: “Dite ad un bambino che è tanto bello, non solo finirà per crederci, ma finirà per diventarlo”!
  • Provate a cambiare l’atmosfera di casa e a modificare o aggiustare le relazioni tra i diversi membri della famiglia.
  • Provate anche a stabilire delle regole per l’andamento della casa, della camera da letto dei figli, degli altri ambienti comuni, di chiamare a turno i bambini per aiutare la mamma o il papà in semplici lavori domestici.
  • Comprategli un cucciolo di cane di piccola taglia, se vivete in un appartamento o di taglia media se avete spazio a sufficienza. Il compito che dovete dare sia al piccolo che al grande è quello di occuparsi del cucciolo, per quello che possono fare. Così avvicinate anche i due figli e il secondo si sentirà più integrato nel nucleo familiare.
  • La presenza di animali domestici può essere di grande aiuto per colmare certi vuoti dell' "io" e abbattere le angosce dell'animo.
  • Infine, io credo e spero che voi amiate vostro figlio. Quando si ama qualcuno, occorre dimostrarglielo perché la persona amata ha bisogno sempre di una conferma. La conferma è data dal contatto fisico, dalla stretta di mano ad una persona amica sino all’abbraccio di una persona amata. Abbracciate vostro figlio, non spesso, ma fatelo, e se anche si divincolerà, voi scherzosamente continuate ad abbracciarlo, a dargli un bacio con lo "schiocco", come facevate quando era più piccolo. E arruffategli i capelli. Il bambino sentirà il vostro affetto, ne sarà rassicurato e ne gioirà.

 

Antonio Vita

2012-04-26

Data pubblicazione: 26 aprile 2012 Ultimo aggiornamento: 22 maggio 2012

3 commenti

Per aggiungere il tuo commento esegui il login

Non hai un account? Registrati ora gratuitamente!