Fuga dalla classe con il bambino autistico

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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta

Cosa fare se in classe con mio figlio c’è un bambino autistico? O un bambino dislessico? O un bambino con bisogni educativi speciali?

Dalla cronaca di ieri:

http://lastampa.it/2013/09/22/italia/cronache/fuga-in-massa-dalla-classe-con-il-bambino-autistico-JPsnD9uFCgrpk3WyeYPcSJ/pagina.html

Ogni genitore vorrebbe il meglio per il proprio figlio: insegnati preparatissime e sempre accoglienti, bambini o ragazzi amorevoli con il quale imparare e giocare in armonia, una crescita equilibrata e senza intoppi.

Questo non accade neanche nel mondo delle fiabe, dove ogni protagonista deve affrontare qualche situazione difficile, e, superarla, costituisce uno scatto nella maturazione personale.

Le insegnanti sono persone umane con i loro pregi e difetti, i bambini possono comportarsi in modo adorabile, o pestifero, con gli adulti e con i compagni. Ogni situazione che i figli andranno a vivere ed incontrare, positiva o negativa, sarà funzionale alla loro crescita. Proteggerli da situazioni non adatte alla loro età va bene, ma prevenire i problemi non è proprio possibile.

E’ un fatto: la presenza in classe di bambini “difficili” rallenta il processo didattico, mette in difficoltà le insegnanti, distrae i bambini.

Ma a cosa serve andare a scuola? Ad imparare nozioni, sviluppare capacità cognitive, andare avanti con il programma? Certamente, ma uno dei principali compiti educativi della scuola consiste nell’imparare a stare insieme, sviluppare relazioni con l’ “altro da me”: la relazione con adulti diversi dai genitori, la relazione con i pari. E “altro da me” è il compagno più alto o più basso di me, quello con un carattere più introverso del mio, o più aggressivo. Il bambino è per sua natura “egocentrico”. L’ingresso e la frequentazione del nido, della scuola materna, della scuola primaria, favoriscono la formazione dei legami sociali, insegnano a stare insieme agli altri. E nella vita chi si incontra?  Persone simili a noi, ma il più delle volte persone molto diverse con i quali si costruiscono, e si disfano, rapporti e relazioni.

Siamo tutti diversi, unici e irripetibili. Il bambino con bisogni educativi speciali, fa paura. Tanto che, nella scuola protagonista di questo fatto di cronaca, i genitori di alcuni bambini hanno spostato preventivamente i loro figli dalla classe. Perché?

- Si è creata una paura “preventiva”, ingiustificata, di insuccesso per i propri figli.

- Non conoscono l’autismo e non sanno che ogni bambino autistico è diverso dall’altro, proprio come lo sono i loro figli, pur non essendo autistici.

- Preferiscono garantire un percorso didattico lineare (che comunque non è assicurato) piuttosto che fargli vivere una situazione reale e vitale di crescita e arricchimento.

- Hanno messo in atto un comportamento sulla base di uno o più pregiudizi e facendosi sopraffare dalla paura della diversità.

Perché?

IL BISOGNO DI SEMPLIFICARE

Quando la mente si trova costantemente sommersa da una quantità smisurata di informazioni, informazioni che non può o non riesce a trattare una ad una, attiva una serie di strategie cognitive volte a selezionare e organizzare le informazioni in arrivo. Una di queste strategie è la categorizzazione, cioè la tendenza a raggruppare gli oggetti, le persone, gli eventi, le idee, in insiemi che possano essere considerati omogenei e trattati come entità complessive. 

L’ingresso in prima elementare fa sorgere molti interrogativi:

“Come si troverà mio figlio?” “Come saranno le insegnanti?” “Come saranno i compagni?”

Di fronte a tutte queste incertezze, si cerca qualcosa di controllabile: si individua un potenziale problema e lo si elimina prima che possa creare danni. Un bambino autistico crea problemi al bambino che non lo è. Si categorizza “autistico” “non autistico”.

GLI STEREOTIPI

Si considerano alcune caratteristiche particolarmente salienti e socialmente significative come elementi discriminanti, valutando le persone non per quello che realmente sono, nella loro irripetibile singolarità, bensì in funzione della loro appartenenza ad un certo gruppo, che viene di fatto considerato omogeneo. Si può fare in base alle caratteristiche fisiche, alle caratteristiche psicologiche e alle disposizioni: i tratti di personalità, i valori, le motivazioni e le capacità intellettive. Si vengono in tal modo a creare gli stereotipi, vale a dire delle configurazioni di tratti che si considerano applicabili ad interi gruppi e ad intere categorie sociali. 

In questo caso, si generalizzano gli autistici, considerandoli tutti ugualmente problematici, o aggressivi o pericolosi.

MECCANISMI DI DIFESA

Quando si effettuano certe scelte, non si considera che un domani, può essere il proprio figlio quello discriminato per qualcosa che lo differenzia dagli altri. Oppure, inconsciamente, si considera questa eventualità, e non la si accetta. Questo meccanismo si chiama “negazione”.

 

Il mio intento non è quello di esprimere un giudizio sul fatto di cronaca specifico, non so cosa sia accaduto di preciso, a parte il dato oggettivo del cambiamento di classe. Il mio obiettivo è quello di favorire una riflessione critica in tutti i genitori che si trova in una situazione simile.

Quando leggo notizie come questa però, non posso non comprendere tutti quei genitori che non accettano le difficoltà dei propri figli, per paura di discriminazioni nei loro confronti. Capisco anche le numerose insegnanti di sostegno che si lamentano della difficoltà di integrazione degli alunni che seguono.

E’ normale avere paura di ciò che è diverso da noi, non è giusto farsi sopraffare da questo timore. L’unico modo per superare situazioni del genere sarebbe quello di effettuare un lavoro sinergico tra tutti gli attori del contesto scolastico: insegnati, famiglie, dirigenza scolastica. Bisognerebbe creare una rete di informazione e di accoglienza che stemperi le paure di tutti e che crei legami costruttivi e arricchenti per tutti.

Il processo di crescita non può essere lineare e senza intoppi, anzi, si “diventa grandi” incontrando difficoltà e superandole, a volte sbattendoci il muso. A mio avviso, nella letteratura, descrive bene questo processo lo scrittore Erri De Luca in molti dei suoi romanzi, ad esempio ne “Il giorno prima della felicità” che consiglio a preadolescenti, adolescenti, genitori e insegnanti.

Un film molto istruttivo per tutti, genitori, insegnanti, bambini e ragazzi è Dietro la maschera. Tratta, in generale, il tema dell’handicap fisico.

 http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=7492


Temple Grandin

Sulle immense potenzialità dell’autismo consiglio il libro di Temple Grandin, donna affetta da autismo che è una professoressa associata dell’Università Statale del Colorado nota per la sua attività di progettista di attrezzature per il bestiame.

- Temple Grandin, La macchina degli abbracci, Adelphi

E il film per la tv

- Temple Grandin, Una donna straordinaria

 

Data pubblicazione: 23 settembre 2013

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