Cybercondriaci: l’ansia versione digitale

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

Gli ipocondriaci diventano cybercondriaci, la variante “digitale” dei malati immaginari.

I “cybercondriaci”, acronimo fra “cyber ed ipocondriaci”, termine coniato già nel 2000, sta ad indicare una macro categoria di ansiosi, che mal gestendo la loro ansia ed ipocondria, contribuiscono ad alimentarla via web.

Questo fenomeno, in America colpisce circa otto persone su dieci, mentre in Italia interessa il 32,4% della popolazione (secondo i dati di una ricerca del Censis).

Un recente articolo pubblicato su un settimanale edito da Mondadori, effettua una disamina degli utenti che cercano online medici sempre disponibili ed accoglienti. Oltre a twitter viene citato Medicitalia come primo portale dedicato alla salute.

Internet viene consultato come se fosse il medico generico, anzi spesso ha il significato segreto di oracolo; gli utenti/pazienti cercano online i loro sintomi, li comparano, richiedono consulenze mediche e non contenti del confronto tra reale e virtuale, perseverano mantenendo in vita la loro nevrosi d’ansia.

Il sottofondo psicologico di questa ricerca compulsiva è la tendenza malsana di sedare l’ansia, di stemperarla, transitando da un sito all’altro la paura delle malattie e della morte.

La cybercondria, secondo uno studio svolto da Thomas Fergus della Baylor University di Waco (Texas), può essere anche più pericolosa della tradizionale ipocondria.

Tutta colpa di google?

Certamente no!

Il corpo grida aiuto e necessita ascolto, spesso dietro il corteo sintomatologico si cela un disagio psicologico e tanta solitudine, il corpo solitamente non mente mai.

La prima tappa diagnostica è sicuramente di tipo medico, ma l’ansioso non si ferma né davanti ad una diagnosi certa, né dinanzi ad esami ematochimici in ordine, prosegue alla ricerca compulsiva di “altro”, tanto altro che lo renda infelice ed incompreso, proseguirà infatti con tac, risonanze, accertamenti diagnostici costosi e di varia natura, auto-somministrazioni di farmaci ed altro, ma negherà fortemente, soprattutto a se stesso, la possibilità di andare “oltre” il corpo e leggere tra le riga la sofferenza della propria psiche.

Le variabili spazio-tempo della rete facilitano l’ansioso, il consulto online per esempio, è disponibile a tutte le ore e tutti i giorni della settimana, conferendo all’ansioso la sensazione di poter essere sempre ascoltato e soprattutto di poter fare sempre il paziente, ventiquattro ore al giorno.

Il web, rispetto alle mura dello studio del medico, non ha limiti spazio-temporali.

Il medico/psicologo, solitamente confina il paziente in uno spazio tempo concordato e ristretto, che per l’ansioso non è mai bastevole e dopo la prima visita, anche se esaustiva e completa, cerca già un secondo consulto online e poi ancora un terzo e così via.

Esiste inoltre un altro fenomeno detto “body checking”, ossia la rimuginazione ossessiva ed intrusiva di una certa parte del corpo, secondo la logica dell’ansioso, non funzionante e sofferente.

La scelta dell’organo compromesso ha ovviamente un significato simbolico e correla spesso con la storia di vita psichica ed affettiva dell’utente.

Guarire dai disturbi psico/somatici è un processo lungo e faticoso e prevede il passaggio dal “sintomo al simbolo”, passaggio che obbliga il paziente, non solo a lasciare il mouse del pc, ma ad effettuare un lavoro di tipo psicologico che gli consenta di ricreare quell’antico dialogo tra psiche e soma, ormai smarrito e compromesso dalla sintomatologia.

 

Riferimenti: 
http://www.liebertpub.com/overview/cyberpsychology-behavior-brand-social-networking/10/ 

Data pubblicazione: 18 marzo 2014

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