Sessualità nei paraplegici

monicacappello
Dr.ssa Monica Cappello Psicologo, Sessuologo

 

VITA AFFETTIVA E SESSUALE NEI PARAPLEGICI

Sintesi della mia tesi di laurea (anno 1999)

 

Dott.ssa Monica Cappello

Psicologa – Consulente in Sessuologia

http://cappellomonica.xoom.it

 

In questo lavoro ho preso in considerazione il problema dell’affettività e della sessualità nelle persone portatrici di handicap, focalizzando l’attenzione sull’handicap fisico-motorio e, in particolare, sulla paraplegia.  La paraplegia è la paralisi parziale o completa di entrambi gli arti inferiori e di una parte o di tutto il tronco, in conseguenza di un danno al midollo spinale nel tratto toracico o lombare o alle radici sacrali.

Ho voluto sottolineare il fatto che sulle tematiche relative alla sfera affettivo-sessuale nei portatori di handicap la bibliografia esistente è piuttosto scarsa, al contrario di temi come il lavoro, la scuola, la famiglia, le barriere architettoniche sui quali sono stati scritti molti libri. Quando si parla di affettività e sessualità in una persona disabile, emergono molti pregiudizi ed atteggiamenti di rifiuto, accompagnati dalla tendenza ad ignorare del tutto questo argomento.  La persona portatrice di handicap vede, troppo spesso, negato il suo diritto di vivere serenamente la propria vita affettiva e sessuale. 

In questo lavoro ho fatto riferimento ad una sessualità che prende in considerazione tutto l’uomo nella sua globalità, nella sua unicità, nell’interazione di tutte le componenti della personalità: affettiva, cognitiva, morale, sociale ed emotiva.  Ho considerato il fatto che sessualità e genitalità non sono sinonimi. La sessualità genitale, cioè i rapporti sessuali nell’accezione più comune, è una parte importante della sessualità, ma non esaustiva.  I due termini, però, non sono in opposizione: infatti, la genitalità è un aspetto del sessuale e, come tale, dev’essere integrata in un progetto sessuale.  Bisogna avere ben chiaro un modello ampio di sessualità, dove possa trovare posto anche l’esperienza del piacere sessuale, ma soprattutto lo sviluppo di una matura dimensione relazionale della personalità, delle capacità di comunicare e di stabilire buone relazioni interpersonali ed affettive con entrambi i sessi.

Il portatore di handicap è spesso identificato con il suo deficit, negandogli così la complessità dei suoi sentimenti, della sua originalità, dei suoi bisogni. Soprattutto i bisogni sessuali del soggetto disabile sono “semplicemente” dimenticati dalle persone normodotate.  E’ molto importante capire che le persone portatrici di handicap hanno, come gli altri, un costante desiderio di affetto, di contatti fisici, di essere toccati con calore e con amore ma, come tutti, trovano a volte difficile esprimere il loro desiderio sessuale in modo soddisfacente.  Questo, spesso, genera nelle persone disabili un senso di colpa, di autodisprezzo e d’inadeguatezza.

Il soggetto disabile deve essere aiutato e stimolato nella conquista delle proprie potenzialità nel campo affettivo, sessuale, interpersonale, sociale e creativo per facilitare l’accettazione della propria diversità; ciascuno deve lottare per farsi riconoscere nella propria diversità, ed accettare il proprio corpo con le sue limitazioni e le sue incongruenze.  Bisogna cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica al problema sessuale degli individui disabili, ed è necessario che la società prenda coscienza che i portatori di handicap hanno delle esigenze sessuali come tutti, ed è loro diritto avere una vita coniugale.

Ho preso in considerazione il caso in cui l’handicap motorio sia presente alla nascita, ed il caso in cui insorga durante l’adolescenza, poiché la fase adolescenziale è considerata un’importantissima fase di transizione che conduce all’età adulta.  Il soggetto portatore di handicap dalla nascita ha subìto profonde ferite per quanto concerne il suo Io e soprattutto il suo sé. La madre del bambino disabile ha ricevuto una profonda ferita narcisistica mettendo al mondo un bambino “anormale”, e questo la porta ad una drastica riduzione di contatto corporeo con il figlio.  I soggetti disabili si trovano a vivere gravi sentimenti d’inferiorità che li conducono ad interiorizzare la convinzione di non essere accettati dalla propria madre e dagli altri e di essere rifiutati.

La famiglia di un ragazzo disabile, di fronte ai vari mutamenti evolutivi che si verificano, non cambia atteggiamento, e considera il figlio portatore di handicap sempre un bambino. Con la dizione “principio di Peter Pan” ci si riferisce a quella modalità educativa con la quale ci si ostina a negare la crescita di persone che cambiano fisicamente, così come mutano i loro bisogni e la loro richiesta di relazioni affettive. La persona disabile è considerata come un bambino innocente e privo di sessualità, con un corpo dimezzato che non può avere alcun rendimento sessuale, oppure come un individuo che, se e quando manifesta desiderio sessuale, viene giudicato perverso, disinibito o con stimoli sessuali incontrollati.

Nel caso in cui l’handicap motorio è sopraggiunto durante l’adolescenza, esso provoca una ferita a tutti i bisogni fondamentali, in quanto l’adolescenza è il periodo in cui riemergono i quattro bisogni fondamentali del sé psichico (attaccamento, autonomia, identità sessuale, autostima). Nel periodo adolescenziale il problema sessuale comincia ad affacciarsi più o meno precocemente: l’adolescente disabile avverte intensamente un bisogno di scambio e d’intimità. Se l’handicap insorge in questo periodo si incrina quella che era un’identità sessuale acquisita, la percezione della propria capacità attrattiva e del proprio aspetto estetico. 

Quando l’handicap è stato acquisito dopo che si era già costituito un rapporto stabile di coppia, si va incontro, inevitabilmente, ad una ristrutturazione della coppia. Un legame affettivo permette di superare la frustrazione da deprivazione che l’insorgenza di un handicap comporta. Un rapporto d’amore stabile e motivato rende possibile affrontare le varie dinamiche di coppia, alla ricerca di un equilibrio nuovo, compensando, anche nella relazione sessuale, la menomazione ricorrendo alle potenzialità integre.

Ho considerato, inoltre, il problema del matrimonio tra persone disabili e la loro eventuale scelta di procreare, tenendo conto delle possibili difficoltà pratiche presenti in persone paraplegiche, ma sottolineando soprattutto gli impedimenti derivanti dalla mentalità e dagli atteggiamenti di opposizione delle altre persone.

Ho preso in considerazione le due principali cause di paraplegia, cioè la lesione midollare e la sclerosi multipla, analizzandone la funzione sessuale tenendo conto sia degli aspetti fisiopatologici, sia di quelli psicologici. Tra le preoccupazioni del paraplegico compaiono, in primo luogo, la paura dell’isolamento affettivo, la paura di un insuccesso nella ricerca di una relazione affettiva o dell’incapacità di conservarla. Le difficoltà che i disabili incontrano nella “ricerca del piacere”, si possono raggruppare in tre categorie: difficoltà fisiche, psicologiche e sociali.

Ho parlato, infine, dell’importanza della prevenzione degli handicap, anche se non è facile affrontare un discorso di prevenzione nel campo dell’handicap fisico. Ho ritenuto importante anche il sostegno familiare, poiché la famiglia dev’essere un valido modello d’integrazione per il soggetto portatore di handicap fisico. E’ necessaria, quindi, l’attuazione di interventi domiciliari da parte di assistenti sociali preparati a maturare nei genitori comportamenti di accettazione profonda. Un altro intervento fondamentale consiste in una corretta informazione sessuale anche alle persone disabili, che raggiungerà la sua completezza solo quando il ciclo d’integrazione del disabile motorio, sarà realmente effettivo in ogni ambiente. Questo è molto importante, affinché l’individuo possa costruire la propria identità e possa esprimere i propri desideri emotivi e sessuali senza inquietudine. L’educazione affettivo-sessuale è importantissima per un’opera educativa globale, completa ed efficace; essa rientra nella più vasta educazione della persona al rispetto di se stessi e degli altri, all’autocontrollo, all’ascolto, alla comunicazione e al confronto con gli altri. 

Alcuni di questi interventi sono già in stato di attuazione, anche se ancora molto dev’essere fatto affinché la persona portatrice di handicap possa vivere serenamente la propria vita, senza dover rinunciare alla manifestazione dei propri sentimenti e dei propri bisogni sessuali. La persona con disabilità motoria deve imparare ad amare ed accettare il proprio corpo, ma affinché questo avvenga è necessario che essa senta di essere amata ed accettata da coloro che la circondano.     

Data pubblicazione: 04 aprile 2011

2 commenti

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Dr.ssa Monica Cappello
Dr.ssa Monica Cappello

Chi è interessato può contattarmi privatamente, per ricevere via mail, in formato PDF, il mio lavoro di circa 130 pagine...

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