La psicoterapia a seduta singola

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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

In ogni campo, anche in quello medico, una delle esigenze degli ultimi tempi è quella di massimizzare i risultati e, possibilmente, in tempi piuttosto ristretti. In psicoterapia questa esigenza si fa sempre più pregnante a causa della mancanza di tempo ma, soprattutto, della poca disponibilità economica che l'utenza deve fronteggiare.

Già alla fine degli anni 60 la scuola di Palo Alto (Watzlawick, Weaklang, Fisch), ha cercato di far fronte a questa esigenza proponendo un modello psicoterapeutico di tipo strategico  in grado di sbloccare in tempi brevi situazioni anche invalidanti. Si avviò, quindi, un filone di ricerca di questo genere  abbastanza valido in tutto il mondo compresa l'Itala con la famosa scuola di Milano (Selvini Palazzoli) e di Arezzo (Nardone) che hanno riveduto e riadattato in base alle esigenze dell'utenza tal modello.

In talune occasioni tuttavia, l'idea di massimizzare i risultati anche in una singola seduta si è resa necessaria per una serie di fattori. In primis quello economico, già citato in partenza, e poi per questioni organizzative per eliminare lunghe liste di attesa e raggiungere immediatamente l'obiettivo terapeutico.

Ma come può essere possibile una tecnica così straordinaria? Il punto è questo, non si tratta di qualche tecnica stravagante bensì di un metodo, o melgio, delle linee guida di base che consentono di focalizzarsi direttamente su un problema tralasciando aspetti che, almeno in quella occasione, potrebbero allungare inutilmente i tempi. Si tratta di linee guida che sono applicabili anche a modelli teorici differenti poiché questo metodo non parte da alcuna teoria della mente ma da alcune osservazioni pratiche di buon senso che hanno dato "spontaneamente" risultati massimali in pochissimo tempo. 

Già negli anni 80 alcuni terapeuti (Talmon) osservarono che al termine di un servizio di consulenza psicoterapeutica un numero consistente di utenti smetteva gli incontri dopo la prima seduta. Cercando di capire la causa di questi ritiri ci si rese conto, attraverso interviste e questionari, che gli utenti non tornavano non perché insoddisfatti, ma perché avevano ottenuto ciò che cercavano fin dalla prima seduta. Nell'arco di diversi anni e lo studio di altre migliaia di incontri programmati si osservò lo stesso andamento. Inoltre, si trovò in letteratura che altri autori in luoghi diversi riportarono le stesse osservazioni.

 Visti i risultati si pensò, quindi, di strutturare le sedute singole non lasciando i risultati al caso. Si comprese quali azioni pratiche fossero in grado di ottenere una maggiore efficacia ed efficienza nelle sedute facendo in modo che si potessero programmare con delle linee guida standardizzate. 

Oggi abbiamo queste linee guida che prevedono la focalizzazione del problema senza entrare nel merito del passato del paziente, di concentrarsi sul presente e stabilire degli obiettivi concreti fin dalle prime battute, come evidenziano gli autori che hanno portato e sviluppato il modello in Italia (Canistrà, Piccirilli).

 Gli accorgimenti per una terapia a seduta singola non rappresentano una pratica alternativa, né l'espressione di una scoperta dell'ultima ora, ma un orientamento pragmatico che fornisce una possibilità per la soluzione di un determinato problema psicologico e/o relazionale per il quale un paziente si è arenato e al quale si lascia la possibilità di decidere, in base ai risultati, se continuare a lavorare sullo stesso problema, concentrarsi su altro o smettere definitivamente. 

Le terapie a seduta singola, quindi, prevedono uno standard pratico usufruibile addirittura da orientamenti teorici differenti e hanno solo lo scopo di massimizzare ogni seduta cercando di ottenere il più possibile da ognuna di queste dando anche la possibilità, senza false promesse, che la prima seduta potrebbe trasformarsi anche nell'ultima.

Appare ovvio che seppur proveniente da orientamenti teorici diversi un terapeuta, per poter applicare tale modello, dovrà essere formato in tal senso e avere una buona esperienza di terapie brevi.

 

 

Per un approfondimento

Canistrà F. Piccirilli F. Terapia a seduta singola, Giunti 2018.

Talmon M. Psicoterapia a seduta singola, migliorare l'efficacia del primo e spesso unico colloquio, Erikson, 1996.

Data pubblicazione: 11 agosto 2018 Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018

6 commenti

#1
Dr. Carla Maria Brunialti
Dr. Carla Maria Brunialti


Gentile Collega,

Avevo già letto il testo il testo di Cannistrà e Piccirilli,
trovandolo interessante ed applicabile (o forse già applicato in quelle che definiamo "Consulenza unica").
Condivido le Tue osservazioni.
Una notazione riguardo alla durata della seduta:
i classici 50 minuti sono troppo ridotti, a mio parere;
avere a disposizione "fino" ad un'ora e mezza offre maggiori opportunità sulla base della necessità che emerge.

#2
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

infatti non esiste un tempo standard, a volte si sforano le 2 ore a volte si sta meno di 50 minuti.
Come dici è tutto in base alla "necessità che emerge"

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