Dolore cronico e modalità di comunicazione

otellopoli
Dr. Otello Poli Neurologo, Algologo, Esperto in medicina del sonno

Il dolore, in particolare quello di tipo cronico di grado da moderato a severo, ritengo sia una modalità fisiopatologica nella comunicazione verso di sè e verso gli altri cui derivano le molte coordinate comportamentali dell'individuo.

Ci sono tipologie di dolore (ad es: la cefalea muscolo-tennsiva, le fibromialgia, ecc) che a fronte di una intesità usualmente moderata portano con sè un elevata connotazione di volontà di espressione della propria sofferenza anche psicogena che viene auto-comunicata e che viene comunicata agli altri attraverso un linguaggio non verbale e che influenza in maniera importante i rapporti inter-personali.

Per contro ci sono tipologie di dolore che comportano una elevata sofferenza fisica poichè di intesità severa fino a picchi come il "breakthrough pain" e comorbilità ampia.

Questa ultima varia da disturbi del tono dell'umore all'addiction per sostanze, al declino cognitivo all'apparente appiattimento affettivo o all'agitazione psico-motoria (ad es: cefalea a grappolo, forme resistenti a terapia farmacologica e bio-tech di dolore neuropatico fino al CRPS).

Allo stato attuale ancora ci sfuggono nella loro complessa etiologia e patogenesi ma osserviamo come sovente un esordio o un insulto periferico anche di lieve entità nel tempo si complica, si stratifica e via via coivolge strutture sempre più rostrali del Sistema Nervoso Centrale arrivando a modificare (mediante plasticità neuronale) funzione e struttura di loci anatomici attraverso la proliferazione di sinapsi e le modificazioni degli equilibri neuromodulatori come quelli tra glutammato/GABA e glutammato/serotonina.

Questa modalità comunicativa è molto più profonda, sembrerebbe quasi esclusivamente auto-referenziale, ci sorprende come un evento anche lieve ad esordio periferico riesca nel tempo in misura così "hard" a interessare il SNC ed a modificare il medesimo.

Ciò detto da un "organicista" come chi scrive, neurologo ed algologo, è una convinzione che ha impiegato molti anni a farsi luce.
Questo, comunque, rende conto del perchè la empatia sia di sollevo alla sofferenza ovvero "emphaty relief pain".

Data pubblicazione: 22 luglio 2014

Autore

otellopoli
Dr. Otello Poli Neurologo, Algologo, Esperto in medicina del sonno

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1984 presso Università La Sapienza Roma.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Roma tesserino n° 35412.

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8 commenti

#1
Dr.ssa Valentina Sciubba
Dr.ssa Valentina Sciubba

Lo psicologo perciò potrebbe essere di aiuto? sa se ci sono tecniche particolari e quali?

#2
Dr.ssa Valentina Sciubba
Dr.ssa Valentina Sciubba

Le volevo anche dire che ho trovato l'articolo molto interessante, anche se un po' stringato forse per i non addetti ai lavori.

#3
Dr. Otello Poli
Dr. Otello Poli

Il dolore cronico di grado severo è gravato da alcune comorbilità tra le quali disturbi dell'adattamento alla condizione di sofferenza quotidiana. Il disagio psichico e la deflessione del tono dell'umore sono manifestazioni molto frequenti. Pertanto il "team per diagnosi e cura del dolore" risulterà arricchito se annovererà tra i propri componenti la figura professionale dello psicologo "dedicato ed edotto alla problematica".

#6
Dr. Otello Poli
Dr. Otello Poli

Concordo circa la complessità della problematica "dolore cronico". Concordo circa l'uso di scale di valutazione:
-autovalutazione VAS,
-valutazione numerica,
-scala di valutazione in rapporto alla mimica/smorfie facciali (particolarmente utili nei pazienti anziani con disturbi del linguaggio, con malattia di Alzheimer ed altre demenze ovvero nei piccoli pazienti non in grado di spiegare verbalmente la tipologia, la localizzazione, la intensità e la frequenza del proprio dolore.
Ritengo che la valutazione del dolore secondo una scala basata sulla mimica facciale sia la più difficile ma anche la più utile/necessaria per l'uso.

#7
Dr. Daniele Tonlorenzi
Dr. Daniele Tonlorenzi

L'Happy Face Pain Rating Scale si usa nei bambini piccoli che non sono ancora in grado di descrivere bene il dolore. naturalmente anche i pazienti con demenza sono nelle stesse condizioni possono giovarsi di questa scala. Come i bambini non sanno descrivere bene il dolore. Negli adulti che sono in grado di comprendere le scale multidimensionali. Tra le scala algometriche (che misurano il dolore) si preferisce usare (come ha detto) quella fatta da indicatori numerici perché consentono una misura più precisa e confrontabile a distanza di tempo per valutare l’efficacia della terapia e l’andamento del dolore nel tempo.
Questa descrizione fa una fotografia dell’intensità del dolore in quel momento, ma è assai limitativa per descrivere il fenomeno. È necessario quindi ricorrere a strumenti di misura che consentano una valutazione dell’impatto che il dolore ha sulla vita quotidiana. La misurazione precisa avviene con la Brief Pain Inventory ( BPI) scritto da Cleeland 1994 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8080219. Semplice e veloce richiede 15 minuti.

#8
Dr. Daniele Tonlorenzi
Dr. Daniele Tonlorenzi

Se si valutasse solo il valore numerico un dolore di 40 potrebbe essere sopportabile da un soggetto che di notte dorme e che fa lavoro sedentario. Se invece fa lavoro usurante e non dorme può essere così importante da far perdere il lavoro.

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