Tutto sul sonno

Revisione Scientifica:

fulvio.braido

L’uomo spende dormendo una parte consistente della propria vita, ricavandone riposo ed energia. E’ dunque naturale che la qualità del sonno rappresenti una condizione fondamentale per il mantenimento di un buono stato di salute e prestazioni psico-fisiche ottimali. Per molti però, il sonno presenta alterazioni che possono configurarsi come vere e proprie patologie.

Apnee notturne e qualità del sonno

L’uomo spende dormendo una parte consistente della propria vita, ricavandone riposo ed energia. E’ dunque naturale che la qualità del sonno rappresenti una condizione fondamentale per il mantenimento di un buono stato di salute e prestazioni psico-fisiche ottimali.

Per molti però, il sonno presenta alterazioni che possono configurarsi come vere e proprie patologie. Tra queste, la sindrome delle apnee notturne (OSAS), rappresenta un problema diffuso e spesso sottostimato.

Nei pazienti con OSAS, durante il sonno, a causa del manifestarsi di una interruzione o marcata riduzione del flusso di aria attraverso naso e bocca, si verifica una riduzione della concentrazione di ossigeno; questa causa un “alleggerimento del sonno” o veri e propri risvegli.

Le conseguenze più immediate sono sonnolenza diurna, tendenza ad addormentarsi con aumentato rischio d’incidenti lavorativi e stradali (il cosiddetto colpo di sonno), cefalea mattutina, stanchezza cronica, disturbi della memoria e della concentrazione. L’OSAS è però anche correlata con un aumento delle patologie cardiovascolari (ipertensione, cardiopatia ischemica, morte improvvisa), cerebrovascolari (ictus) e metaboliche (diabete).

Gli aspetti medici sull'ipertensione - Dr. Fulvio Braido

Dati epidemiologici e fattori di rischio

Questo problema interessa circa il 4% negli uomini e del 2% nelle donne, ed è più frequente nei pazienti obesi che rappresentano dal 40-93% dei casi a seconda delle casistiche. L’insorgenza di disturbi respiratori del sonno è senza dubbio favorita dalla presenza di alcune condizioni predisponesti.

Come detto in precedenza, lè senza dubbio uno dei principali fattori principali poiché è in grado di alterare in modo meccanico e chimico il respiro durante il sonno.

La particolare localizzazione del grasso in eccesso altera la struttura delle vie aeree compromettendone la funzione, aumentandone la collassabilità e riducendo la "compliance" toracica. Il rischio di OSAS è maggiore nei soggetti con accumulo di grasso a livello del collo: i dati di alcuni lavori hanno suggerito come la circonferenza del collo sia un migliore fattore predittivo di eventi ostruttivi rispetto al Body Mass Index (BMI).

Tra i pazienti con OSAS la prevalenza dell’obesità è pari al 61-78% il che significa che è un fattore importante ma che non tutti i pazienti che soffrono di OSAS sono obesi. Il sesso maschile predispone all’OSAS; le ragioni della differente prevalenza nei due sessi possono essere molteplici tra cui la maggior tendenza del faringe a collassare nei maschi rispetto alle femmine.

Anche la differente disposizione del tessuto adiposo potrebbe avere un ruolo nel predisporre gli uomini all’insorgenza di apnee ostruttive. E’ stato ipotizzato inoltre che gli ormoni possano “proteggere” le donne dall’insorgenza di apnee ostruttive del sonno infatti l suaa prevalenza aumenta nel periodo post-menopausale. Inoltre la terapia ormonale sostitutiva sembra essere associata ad una riduzione del rischio di OSAS.

Il rischio di OSA è più rilevante nei soggetti afro-americani ed asiatici, e ciò può essere verosimilmente legato a specifiche caratteristiche anatomiche e strutturali del distretto cranio-facciale e delle prime vie aeree. In letteratura sono presenti numerosi esempi che evidenziano una tendenza dell’OSAS a presentarsi anche come patologia a carattere familiare, suggerendo il ruolo di fattori genetici in grado di predisporre alla malattia.

Ovviamente anche le anomalie cranio-facciali (retrognazia, micrognatia), frequentemente evidenziate in gruppi di parenti affetti da OSAS potrebbero essere riconducibili a fattori genetici.

Il fumo di sigaretta determina uno stato di flogosi a livello delle vie aeree superiori con conseguente aumento del rischio di apnee. Infatti, il rischio di apnee aumenta in modo rilevante nei fumatori rispetto agli ex-fumatori e ai non fumatori.

Tra i fattori influenzanti i disturbi respiratori del sonno deve essere anche menzionato l’alcol: numerosi studi hanno confermato, infatti, che le sostanze alcoliche assunte la sera possono compromettere la qualità del sonno e, in particolare, aumentare il rischio di apnee.

Allo stesso modo l’utilizzo di certi farmaci, in particolare benzodiazepine ed altre sostanze ad azione sedativa, può interferire con l’attività respiratoria notturna come pure gli oppiacei in virtù del loro del potente effetto depressivo sui centri del respiro.

La posizione assunta durante il sonno è in grado di aggravare alcuni disturbi respiratori notturni. La posizione supina, in particolare, favorisce la comparsa di russamento (roncopatia) e apnee (cosidette “posizionali”). Infatti l’assunzione della posizione supina induce modificazioni nel diametro delle vie aeree superiori ed i muscoli dilatatori del faringe incontrano maggiori difficoltà ed impiegano più tempo per vincere la tendenza al collasso e per “riaprire le vie aeree”.

Sono a rischio anche i soggetti con patologie otorinolaringoiatriche come ipertrofia di turbinati, tonsille, adenoidi, ugula o palato, o ostruzione nasale (deviazione del setto, rinite cronica). Spesso la comparsa di OSAS è preceduta da una lunga storia di russamento, considerato più un fastidio che un sintomo, fino a che la comparsa delle tipiche pause del respiro, in genere riferite dal partner, induce il paziente a rivolgersi al medico. I disturbi respiratori del sonno possono complicare sia malattie delle vie aeree inferiori quali BPCO e asma bronchiale, sia patologie delle alte vie respiratorie come rinite.

L’ostruzione nasale, elemento tipico della rinite, patologia che interessa oltre il 20% degli italiani, è la conseguenza di una congestione vascolare che induce una riduzione del diametro nasale favorendo l’insorgenza del russamento e dell’OSAS.

Considerando la popolazione di età superiore ai quaranta anni, il russamento interessa circa il 60% degli uomini e il 40% delle donne; la prevalenza dell’OSAS, tra i soggetti affetti da tale disturbo è, nei due sessi, pari rispettivamente al 25% ed al 9%. Il termine “russamento” fa riferimento al caratteristico suono generato dalla vibrazione dei tessuti molli delle prime vie aeree (dal palato molle all’epiglottide). La roncopatia (termine medico atto ad identificare il russamento) è spesso spia della presenza di OSA, anche se, in alcuni casi non si associa alla presenza di apnee e viene quindi definita “roncopatia semplice”.

La diagnosi di roncopatia semplice è detta “di esclusione”: infatti, in qualsiasi soggetto che riferisca una storia di russamento importante, è fondamentale escludere la presenza di ulteriori disturbi respiratori del sonno. Dalla maggior parte dei soggetti, il russare non è considerato come una condizione patologica e correggibile e la richiesta di una valutazione specialistica è, in genere, conseguente alla preoccupazione di disturbare i conviventi. Altra popolazione a rischio per la possibile esistenza di una sindrome delle apnee nel sonno è rappresentata dai cardiopatici; circa il 50% dei pazienti affetti da malattie cardiache soffre di una concomitante OSAS. In particolare, nei pazienti affetti da scompenso cardiaco la prevalenza di sindrome delle apnee del sonno varia tra 30 ed il 100%; inoltre, esiste un’alta prevalenza di disturbi del sonno nei soggetti affetti da fibrillazione atriale e scompenso cardiaco. Un’aumentata prevalenza dell’OSAS è stata inoltre evidenziata in soggetti affetti da ipotiroidismo e acromegalia come pure nei soggetti affetti da malattie neuro-muscolari.

I meccanismi alla base delle apnee nel sonno

Dal punto di vista medico si distinguono due tipi apnee: le apnee centrali (caratterizzate dalla mancanza dell’impulso a partenza dal sistema nervoso e destinato ad innescare la contrazione dei muscoli della respirazione) e ostruttive. Alla base di quest’ultime, che sono le più frequenti, stanno le variazioni dei meccanismi di controllo del calibro delle alte vie aeree. Infatti, a causa del rilassamento muscolare strutture delle alte vie aeree, organi come il faringe, prive di strutture ossee o cartilaginee, possono tendere alla chiusura o al restringimento dello spazio destinato al passaggio dell’aria.

I Sintomi

Sebbene il quadro clinico dei disturbi respiratori del sonno sia indubbiamente influenzato dall’ eventuale patologia causale o concomitante, esistono sintomi che sono diretta espressione della compromissione della qualità del sonno quali: l’eccessiva sonnolenza diurna, la“stanchezza” e ridotta tolleranza all’esercizio fisico, la nausea e cefalea mattutine, i deficit di memoria, attenzione e apprendimento. L’eccessiva sonnolenza diurna, definita come la propensione ad addormentarsi in orari e/o luoghi e/o situazioni inappropriate, è il sintomo diurno più comune nei pazienti affetti da disordini respiratori del sonno e, spesso, è considerato patognomonico di questo tipo di problema.

Essa deve sempre essere indagata perché potrebbe essere l’unico sintomo di patologie anche gravi in grado di interferire con un adeguato riposo notturno. La tendenza ad addormentarsi puà manifestarsi sia in situazioni che richiedono un basso livello di attenzione (ad esempio guardare la TV, leggere, ecc) sia in quelle in cui è necessario un alto livello di attenzione (guida di veicoli, la manovra di macchinari da lavoro).

Un sonno frammentato non è ristoratore e, come è facile immaginare, non è in grado di garantire un adeguato recupero psicofisico ripercuotendosi inevitabilmente sulla veglia. Alcune patologie quali diabete, depressione, obesità, cardiopatie e BPCO, possono, da sole, determinare quadri di eccessiva sonnolenza diurna oppure possono aggravare la sonnolenza derivante da disturbi respiratori del sonno.

L’OSAS rappresenta l’esempio paradigmatico di come la compromissione qualitativa del sonno possa ripercuotersi significativamente sullo stato di vigilanza diurna conducendo, peraltro, a gravi problematiche quali un maggior rischio di incidenti stradali o sul lavoro Nondimeno la patologia asmatica, o meglio i sintomi notturni dell’asma, sono spesso responsabili di una compromissione della qualità del sonno più o meno grave, con conseguente sonnolenza diurna.

Numerosi studi presenti in letteratura evidenziano come anche la rinite possa compromettere il riposo notturno e conseguentemente le “performance” diurne. La correlazione tra disturbi del sonno, derivanti da sintomi rinitici e sonnolenza, è particolarmente evidente in età scolare con effetti sulla capacità di attenzione e di apprendiment. Anche il sonno dei pazienti affetti da BPCO, malattie neuromuscolari o scompenso cardiaco, può essere fortemente compromesso dalla possibile presenza di gravi alterazioni dell’ossigenazione del sangue e da frequenti risvegli per difficoltà respiratorie.

Una corretta quantificazione della gravità della sonnolenza diurna è uno step fondamentale nella diagnostica dei disturbi respiratori del sonno. Alla luce delle possibili gravi conseguenze dell’eccessiva sonnolenza diurna (incidenti automobilistici, incidenti sul lavoro) l’evidenza di una grave tendenza ad addormentarsi nel paziente affetto da disturbi respiratori del sonno impone una rapida ed efficace correzione del disturbo. La sonnolenza diurna può essere quantificata attraverso l’utilizzo di una scala di sonnolenza, la Epworth Sleepiness Scale (ESS):si tratta di un questionario composto di otto domande che vanno ad indagare la tendenza del paziente ad appisolarsi in diverse situazioni: in base alla tendenza ad addormentarsi sperimentata in ciascuna situazione descritta, i pazienti attribuiscono uno score da zero a tre. Sono considerati indicativi di eccessiva sonnolenza diurna punteggi globali superiori a dieci. I pazienti affetti da disturbi respiratori del sonno lamentano quasi costantemente “stanchezza” e ridotta tolleranza all’esercizio fisico. In ragione di tali sintomi i pazienti tendono ad avere una vita piuttosto sedentaria che sfocia, pressoché invariabilmente, in un significativo incremento ponderale fino a veri e propri quadri di obesità aggravando ulteriormente la frequenza e la gravità dei disturbi respiratori del sonno. La relazione tra disturbi del sonno ecefalea è senza dubbio bi-univoca. Se da un lato emicrania e cefalea possono esacerbarsi durante il sonno compromettendone la qualità, dall’altro i disturbi respiratori del sonno possono essere responsabili dell’insorgenza di cefalea mattutina. Il sonno rappresenta una fase fondamentale nei processi di formazione dellamemoria.

Durante il sonno le informazioni sono elaborate, integrate e quindi immagazzinate nella memoria a lungo termine: una compromissione del sonno conduce quindi a una consensuale compromissione dei processi di strutturazione e consolidamento della memoria. Numerosi studi hanno dimostrato una più alta prevalenza di sintomi depressivi in pazienti affetti da disturbi respiratori del sonno rispetto alla popolazione generale (dal 40% al 56%).

OSAS e depressione possono essere associati in vario modo: se da un lato la compromissione della qualità del sonno è associata a una maggior incidenza di sintomi depressivi, dall’altro il sonno può essere fortemente impattato dalla presenza di disturbi dell’umore.

Non deve essere inoltre dimenticato il possibile peggioramento dei disturbi respiratori del sonno derivante dall’assunzione di farmaci ad azione sul sistema nervoso centrale spesso utilizzati nel trattamento delle sindromi depressive. Anche la sonnolenza diurna la conseguente compromissione della qualità della vita e la riduzione delle performance psico-fisiche può condurre a stati d’ansia, irritabilità ed aggressività.

DIAGNOSI

L’esame di elezione per la diagnosi di OSAS è la polisonnografia, che consiste nelal registrazione, durante il sonno, del flusso d’aria nasale e orale, dei movimenti toraco-addominali, della frequenza cardiaca, dell’ossigenazione del sangue, dell’attività cerebrale, oculare e muscolare. Sono oggi disponibili strumenti per il monitoraggio cardiorespiratorio notturno che a differenza della polisonnografia non contemplano la registrazioni dell’attività cerebrale ed oculari, la cui sensibilità diagnostica è molto elevata e che rappresentano al momento lo strumento diagnostico di prima scelta per la diagnostica dell’OSAS. Si ricorre oggi alla polisonnografia completa quando in presenza di un monitoraggio cardiorespiratorio negativo il dubbio clinico persista.

L’ossimetria notturna, cioè la misurazione dell’ossigenazione del sangue durante il sonno, non permette la diagnosi di apnee del sonno ma può essere un utile strumento per individuare pazienti a rischio di OSAS e consentire la pianificazione del percorso diagnostico più opportuno. I dati ottenuti mediante il monitoraggio ossimetrico insieme ad un’adeguata valutazione clinica (fattori di rischio, segni e sintomi compatibili) possono essere infatti utilizzati per lo screening di pazienti da sottoporre alle successive indagini o per definire la priorità di accesso alla diagnostica.

TERAPIA

I trattamenti da attuare nei pazienti affetti da OSAS sono da decidersi sulla base della causa scatenante, sul livello di gravità dell’OSAS e sulla sintomatologia lamentata dal paziente. Gli approcci terapeutici ora disponibili consistono nella modificazioni dello stile di vita; nella “ventilazione” meccanica con pressione positiva continua (CPAP); nell’utilizzo di dispositivi orali; nella chirurgia. Modificazioni dello stile di vita La correzione dei fattori predisponenti l’insorgenza delle apnee del sonno, attraverso modificazioni dello stile di vita, rappresenta senza dubbio il primo intervento da mettere in atto per migliorare la qualità del sonno.

Obesità e sovrappeso rappresentano sicuramente i principali fattori di rischio per OSAS pertanto una dieta ipocalorica, associata ad un opportuno esercizio fisico, può condurre ad un significativo calo ponderale con successivo miglioramento delle apnee del sonno.La posizione supina può peggiorare le apnee, e pertanto, evitare di assumere tale posizione nel sonno potrebbe condurre ad un significativo beneficio sulle apnee, soprattutto nei casi in cui l’esame polisonnografico abbia rivelato la presenza di apnee prevalentemente posizionali. E’ opportuno ricordare che anche l’assunzione di alcolici e l’abitudine tabagica possono favorire la comparsa di apnee del sonno, pertanto tali sostanze dovrebbero essere evitate. Dovrebbe inoltre essere evitato, quando possibile, l’utilizzo di farmaci che potrebbero favorire l’insorgenza delle apnee (ipnotici, narcotici e barbiturici).

Trattamento con pressione positiva continua (CPAP)

La CPAP è in grado di prevenire, durante il sonno, il collasso delle vie aeree superiori mediante l’insufflazione di aria ad una pressione positiva continua. La terapia con CPAP nei pazienti con OSA si è dimostrata in grado di condurre a significative riduzioni delle apnee e del deficit di ossigenazione durante il sonno con conseguente miglioramento della qualità del sonno e della sonnolenza diurna; prevenire le complicanze cardiovascolari dell’OSAS e la mortalità da causa cardiovascolare; ridurre le alterazioni della sfera neuropsichica conseguenti all’OSAS; ridurre il numero di incidenti stradali; migliorare la qualità della vita.

Dispositivi orali

L’applicazione di dispositivi orali è la scelta terapeutica meno invasiva per un gruppo selezionato di pazienti affetti da OSAS e consiste nell’applicazione di device orali che consentono lo spostamento anteriore della mandibola in modo da mantenere uno spazio pervio nel faringe durante il sonno. ChirurgiaL’approccio chirurgico nell’OSAS può consistere in interventi di otorinolaringoiatria o chirurgia maxillo-facciale, otorinolaringoiatrica oppure in interventi di chirurgia bariatrica.

I trattamenti di cui sopra possono essere curativi o possono portare ad eliminare la presenza di apnee nel sonno. In considerazione dell’alto impatto clinico e sociale che l’OSAS ha un approccio mirato e multidisciplinare al problema è consigliato e consente un importanti benefici sia nel breve che nel lungo termine.

Data pubblicazione: 30 dicembre 2015

Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Respiro 

Autore

fulvio.braido
Dr. Fulvio Braido Pneumologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1993 presso universita' di genova.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Genova tesserino n° 15373.

Iscriviti alla newsletter

Guarda anche sonno 

Contenuti correlati