I disturbi dell’erezione, l’imbarazzo del primo contatto.

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

Quando si affrontano tematiche inerenti la sfera della salute sessuale maschile, un velo di imbarazzo e mistero ammanta spesso la comunicazione. Il paziente spesso, paralizzato dall’ansia e dalla frequente preoccupazione per la sua sessualità, sposta l’attenzione del clinico dall’argomento centrale ad altro, glissando sui sintomi e, cercando una terminologia che sia chiara e fedele alle sue difficoltà, oscillante tra imbarazzo e tentativi di accorciare le distanze. Il primo “ colloquio psico- sessuologico”, alterna momenti di libera espressione da parte del paziente, con una verbalizzazione ed un non verbale, improntato ad estrema rassicurazione da parte del clinico, ad altri in cui vengono poste alcune domande precise, che vertono su punti ben determinati , accompagnati da opportuni chiarimenti, per evitare ogni possibile malinteso e fraintendimento. Una tappa di fondamentale importanza diagnostica durante il colloquio è la comprensione dell’etiologia, con particolare attenzione alla “psicogenesi”. Quando il deficit erettivo ha una causa organica o mista, le complicanze emozionali, umorali e di coppia, sono ugualmente da attenzionare con un approccio che non preveda miopia mentale, ma che tenga conto della multifattorialità etiologica, sia nell’insorgenza che nel mantenimento del disturbo clinico. Il disturbo sessuale maschile ,ha solitamente una struttura poliedrica, difficilmente riconducibile ad un’unica ed univoca causa, spesso sono cause ed effetti, che intersecandosi nel tempo e nella coppia, concorrono a mantenere il disturbo clinico. Tra le cause psicologiche, la più frequente è l’ “ansia da prestazione”, ovvero l’ansia anticipatoria di un fallimento, che pone l’uomo nelle condizioni psico-fisiche affinchè il fallimento si realizzi. L’ansia tenderà a crescere con modalità esponenziali, diventando a sua volta un fattore causale sempre più importante; i giovani specialmente, non avendo “memoria corporea” dei pregressi successi orizzontali, tenderanno a reiterare nel tempo rapporti sessuali fallimentari, sia sul piano sessuale, che dell’autostima. Molti dei miei pazienti, con quote d’angoscia e di dolore, mi partecipano di vivere il rapporto sessuale, con caratteristiche di “verifica compulsiva ed auto-osservazione” della loro capacità erettiva, atteggiamento mentale, che funge da sicuro sabotaggio alla loro sessualità. Un ulteriore elemento da tenere in debita considerazione, quando si parla di disfunzioni sessuali maschili, è la dimensione diadica, cioè correlata alla coppia in cui si manifestano, tenendo presente il momento storico, emozionale ed affettivo di quella coppia, che funge da cornice all’insorgenza ed al mantenimento della sintomatologia erettiva. Una coppia caratterizzata da elementi di conflittualità, anche se non manifesti, da difficoltà nella comunicazione, da lotte intestine per potere, denaro, educazione dei figli, contiene sicuramente in sé gli elementi per future complicanze orizzontali. Una diagnosi psico-sessuologica, diventa di fondamentale importanza sia per contestualizzare la sintomatologia erettiva, che per valutare possibili percorsi terapeutici, al fine di restituire al singolo ed alla coppia gioia e salute sessuale.
www.valeriarandone.it

Data pubblicazione: 02 gennaio 2011 Ultimo aggiornamento: 21 gennaio 2011

3 commenti

#1
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

Cara Valeria,
l' imbarazzo del primo colloquio per deficit erettivo veramente lo viviamo noi medici andrologi, lieto che voi psicologi rimanga solo un velo, di qua da noi è una vela mestra di imbarazzo, con fiocchi controfiocci e velaccini.
Vi sono due tecniche per togliere di mezzo il prima possibile tale imbarazzo a voi psicologi, e toccano a noi andrologi.
La prima una scelta terapeutica cosìddetta condivisa: al paziente vengono prospettate le opzioni terapeutriche (es: farmacologia p èsicoterapia) ed il paziente, non il medico, sceglie.
La seconda: prescrivere uno psicologo così come si prescrive antibiotico: indicandone i possibili effetti collaterali (scusa paragone, ma tutti ci leggono). Chiarifico il paragone: "Caro signore questa è la lettera di accompagna,mento per il collega XY, se le è simpatico bene, se nò mi chiami che ne troviamo un altro, che la simpatia è importante per parlare". Ovvero: "qualoro si trovasse bene ok, se imvece ad un certo puntopunto preferisce il farmaco chiami pure".

#2
Dr.ssa Valeria Randone
Dr.ssa Valeria Randone

Caro Giorgio,
la seconda opzione, quella della prescrizione, è quella che succede a me ed ai miei pazienti.
Buon anno e tanti auguri

#3
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

In questo periodo di forzato organicismo, ritengo opportun chiarire ulterioremente quello ho scritto.

La tua tecnica prescrittiva (scelta dello psicoterapeuta altro da te se non si trovano bene, eventuale ricorso al farmaco se necessario) rientrano nel "TUO" contratto terapeutico. Cioè nel contratto di una psicologa.

Quello che dico io è diverso: ti mando per una strada che non è la mia, che magari ti spaventa un pò, in ogni caso se tu paziente hai bisogno, sono qua. Svolgo quindi un ruolo protettivo, che aiuta il paziente ad aprirsi con te o con chi per te.

Buon anno in ritardo

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