Analisi metalli pesanti e Pcb . Studio sperimentale Campano " Uni Napoli medicina e chir. - Farmacia

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Dr. Vincenzo Petrosino Chirurgo oncologo

 

Intervista al dott. Petrosino Vincenzo: Malati di tumore ecco i metalli presenti nel sangue Inquinamento e patologie

 

                                                           

   

         

 

                     

                                       Dottor Vincenzo Petrosino torniamo a parlare di tumori e malattie simili.

 Lo scorso mese di novembre, quando disse che a Quarrata avevamo una situazione più critica della Terra dei fuochi ci parlò di una ricerca che stava conducendo. Adesso che è arrivata a conclusione, me ne può parlare? 

«Sì, certamente. La ricerca è conclusa e l'abbiamo presentata ad un convegno. Come ho sempre raccontato, mi sono posto un problema che non aveva risposta nella mia testa.

 Il problema è questo: soprattutto in relazione alla terra da dove provengo io, la Campania, in prossimità della Terra dei fuochi - ma anche da voi e il discorso si può estendere all'intero territorio nazionale - si sono condotte analisi su ogni cosa: cavoli, patate, cipolle, capre, pecore, frutta, e chi più ne ha più ne metta. In tutto questo, il dato che mancava era quello derivante dall'analisi su campioni biologici umani. Mi sono chiesto: perché non si facevano?

Ho visto che qualcuno ha cercato di studiare la presenza delle diossine nel latte delle mamme che risiedevano in prossimità di inceneritori – nella maggior parte degli studi ­ o di criticità ambientali altre. Quello che nessuno aveva ancora pensato era di studiare cosa era presente nel sangue degli umani».

Questo, quindi, il punto di partenza della sua ricerca? Vedere cosa ci fosse nel sangue degli umani?

Sì, precisamente. Ho sviluppato un metodo e sono partito con il lavoro. Ho cominciato a cercare dei volontari, un pool di persone che abitassero in zone critiche riconosciute tali. Ogni persona che si sottoponeva alla ricerca doveva presentare il suo caso specifico e allegare adeguata e completa documentazione clinica della sua situazione. La precedenza è stata data a chi presentava tumori, sia tumori solidi che del sangue, ma ho inserito nella ricerca anche qualche bambino, malati di leucemia o linfomi, autistici, persone che avevano più di un tumore, chi presentava malformazioni sin dalla nascita e due casi di sensibilità chimica multipla ben documentati dal prof. Genovesi dell’Umberto I di Roma.

In particolare ho cercato di inserire persone con malattie della tiroide, tumori, gozzi e tiroide di Hashimoto, una spia ambientale. Lo sottolineo perché sia ben chiaro: la tiroide è una spia ambientale. Il passo successivo è stato di mettermi d'accordo con la Facoltà di Farmacia dell'Università di Napoli dove le persone che volontariamente si erano “arruolate” si sono sottoposte ai prelievi necessari alla ricerca. Il professore Tenore e i suoi collaboratori hanno provveduto al prelievo del sangue capillare. Dopo che i volontari avevano mostrato e depositato in copia un documento di identità è stata eseguita un anamnesi insieme alla compilazione dell'autorizzazione al trattamento dei dati con la quale permettevano a me soltanto di utilizzarli in modo anonimo.

Dopo questo passaggio burocratico, si è redatta una scheda nella quale si riportavano i dati che ci interessavano: da quanti anni risiedeva nella zona di criticità, che malattia aveva, quali medicine prendeva, che cura seguiva, che sintomi aveva avuto, se prendeva integratori, se faceva chemioterapia. Una sorta di storia medica del volontario, insomma.Ogni paziente è stato numerato, poi, da 1 a 80 e, dopo il prelievo del sangue se ne tornava a casa.

Nel sangue abbiamo dosato 14 metalli pesanti e 12 policlorobifenili più cancerogeni (I Policlorobifenili (PCB) sono contaminanti ambientali di origine industriale prodotti in grandi quantità dal 1930 per vari usi commerciali, principalmente come componenti di fluidi dielettrici, ndr). I metalli pesanti li abbiamo dosati su due matrici: sul sangue capillare estratto dalla punta del dito e sul capello, prelevato nella zona nucale.

Il capello sembra essere un qualcosa che ci dovrebbe mostrare un accumulo nel tempo, il sangue, invece, è una fotografia istantanea di qualcosa che è in circolo nell'organismo.

Questo tipo di analisi sono state fatte con una tecnologia molto all'avanguardia: per quanto riguarda i metalli pesanti, è stata condotta dal professore biochimico universitario che ha stabilito i parametri di riferimento, il metodo, e i dosaggi minimi e massimi in base alle tabelle presenti nel mondo.I policlorobifenili - di cui tanto si parla e tra le sostanze più cancerogene - ne abbiamo dosati appunto 12 e molti di questi ancora non conosciamo al mondo quali siano i minimi e i massimi.

Sappiamo, però, che sono sospetti e probabilmente cancerogeni a dosaggi di milionesimi di grammo e spesso agiscono come interferenti endocrini.I metalli pesanti li abbiamo dosati mediante mineralizzazione tecnica spettrofotometrica dell'assorbimento atomico con fornetto di grafite, una tecnica particolare. I policlorobifenili, invece, li abbiamo dosati mediante tecniche di purificazione e frazionamento per cromatografie su gel di silice e gas e cromatografie e spettrometrie di massa. Il metodo è piuttosto particolare.

Mentre facevamo questo, si sono aggiunti anche 20 volontari provenienti dalla Basilicata, regione che ha problemi legati alla ora nota situazione petrolchimico».Dopo queste fasi preliminari, vi siete concentrati sulla ricerca vera e propria.«Sì, siamo andati a vedere cosa ci fosse nel sangue e nel capello delle persone ammalate di malattie particolari che abitavano da un certo periodo in una zona di criticità ambientale conclamata come, ad esempio, da voi potrebbe essere la piana pistoiese o firentina mentre da noi Acerra, Afragola, Casalnuovo.

Comparare la situazione del volontario ammalato a quella del sano, cercare di capire se la matrice del capello tanto usata e - forse - abusata fosse attendibile. La novità era questa.Vorrei chiarire un concetto: anche Firenze è una criticità perché è una metropoli che ha il suo inquinamento. Non dobbiamo pensare che la criticità sia solo lo smaltimento doloso o colposo di sostanze oppure la presenza di una ferriera, petrolchimico o inceneritore. Noi siamo sottoposti a pluri-situazioni con pluri-presenza di inquinanti. Il discorso si complica molto». 

Lo studio ha tenuto conto di quali malattie in particolare? «La prima parte presentata non di tutte.

Gestire anche un gruppo di 80 persone volontarie cui devi prelevare sangue e capello non è affatto semplice anche se sembra, a dirlo, una cosa facilissima da fare: in itinere, due volontari sono morti; qualcuno ha dato anche 200 pagine di cartella clinica; c'è chi ha avuto ben tre cancri a meno di 50 anni. Abbiamo una storia clinica di tutti i volontari e gli esami istologici e, per serietà, sono stati esclusi tre volontari che presentavano carenze nella documentazione presentata.Quello che abbiamo fatto è una grossa novità non solo a livello nazionale ma anche internazionale.

Noi siamo all'avanguardia, i primi in Italia. Dico noi perché perché oltre a me che ho curato il progetto e seguito la parte clinica, dopo la prima parte di raccolta dati e campioni, il progetto si è allargato ad alcuni professori del Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell'Università di Napoli. Ho chiesto loro se erano disponibili a segnalarmi dei pazienti - sempre dietro consenso informato e tutti gli adempimenti previsti dalla legge – che abbiamo come caratteristica quella di abitare in zone a rischio e di avere, un tumore, delle prime vie aeree o, per lo meno, del distretto testa­collo?”. I miei colleghi si sono resi disponibili e mi hanno mandato dei pazienti che dovevano essere operati per dei tumori».

 Visto che avevo chiesto la collaborazione scientifica del Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell'Università di Napoli, ho pensato bene di estrapolare tutti i tumori dell'area testa-collo e andare a vedere cosa presentavano nel sangue e nel capello e di confrontarli con un gruppo di volontari sani. Quindi per snellire il loro enorme lavoro che abbiamo fatto abbiamo preso i tumori di quel distretto anatomico degli 80 volontari analizzati e li abbiamo confrontati con i volontari che non presentavano nulla.

Quello che abbiamo visto è che, in effetti, tutte le persone che presentavano tumori del distretto testa­collo (laringe, faringe...), specialmente nelle prime vie aeree, erano positivi per un certo numero metalli pesanti e policlorobifenili, con una frequenza superiore al caso e una quantità di metalli presenti notevole.

La maggior parte delle persone che presentavano questa situazione erano proprio le persone che abitavano nel triangolo della Terra dei Fuochi, più precisamente, i dati più alti di pazienti con tumore della laringe si trovano nel distretto di Casoria, Acerra, Casalnuovo, Aversa.

Siamo nel pieno di quella che comunemente, ormai, è conosciuta come Terra dei Fuochi».

Questi risultati sono stati presentati alla comunità scientifica?«Sì, la prassi scientifica vuole che venga presentato e noi lo abbiamo fatto al 103° Convegno Internazionale della Società Italiana di Otorinolaringoiatria (Sio) tenutosi a Maggio all’Hotel Sheraton Parco dei Medici di Roma.

Quella presentata non è altro che la prima parte annunciata di uno studio molto più ampio perché non abbiamo che estrapolato i tumori del testa­collo che a nostro giudizio erano carenti di descrizione nella letteratura scientifica mondiale. Ovviamente abbiamo guardato molti lavori nel mondo e fatta nostra una buona bibliografia

La scienza non segue e non deve seguire le logiche di Facebook e dei giornali: una volta fatto uno studio lo si presenta ad un congresso internazionale alla presenza di altri medici e scienziati e dopo lo si pubblica su una qualche rivista medica più o meno titolata».

Quali sono state le reazioni della comunità scientifica presente al Congresso Internazionale della Sio?

Abbiamo ricevuto un'ottima accoglienza, consensi e soprattutto interesse. In molti ci hanno invitato ad andare avanti su questo filone perché siamo battendo una strada molto interessante. Ci hanno detto: “State facendo un esperienza entusiasmante, l'Italia attende delle risposte”».Se è per quello anche noi qui a Quarrata aspettiamo delle risposte.

A novembre lei disse a questa testata che nella nostra zona abbiamo una situazione che viene da lontano, più radicata da un processo durato anni che ci porta ad avere dati peggiori di quelli della terra da lei studiata.«Sì, analizzando i dati relativi alle richieste di esenzione per patologie legate a criticità ambientali riscontrai che il numero è doppio rispetto a comuni simili in altre zone di criticità. C'è un problema. Vi sono criticità che si protraggono da tempo e sono molto più radicate. L'inceneritore, per esempio, è un fattore inquinante.

 Lo studio, però, deve intendersi a carattere generale. I volontari della Basilicata presentano una situazione più o meno simile, in cui varia il tipo di metallo o l'insieme di combinazione degli stessi insieme ai Pcb. Quelli che sono vicino all'inceneritore la Fenice hanno problemi. Andrebbe fatto uno studio del genere con gli stessi criteri per evitare differenze di metodo, ed evitare poi di avere risultati non comparabili.

Questo passaggio è importantissimo».Lo studio ha interesse nazionale o internazionale?«Internazionale.

In corso d'opera sono andato a vedere la bibliografia mondiale su questo filone. Noi abbiamo scattato una fotografia di quella che è la situazione in quel momento del prelievo,studiando il sangue di persone reali, vere che al momento X presentavano quella situazione e queste persone vivevano da diversi anni, almeno 10, in zone dichiarate a rischio. Questo è un dato inconfutabile».E cosa comporta?«Intanto fa accendere una grossa lampadina. Poi abbiamo confermato con certezza che questi tumori del distretto testa­collo in generale, erano tutti positivi e questo non è certamente uno scherzo ma, bensì, una cosa molto interessante in campo medico. Le nostre conclusioni si allineano perfettamente con altri studi fatti in altre parti del mondo. Sarà letto e commentato molto.

Noi abbiamo cercato 14 metalli pesanti e 12 policlorobifenili, una ricerca a tappeto perché avevamo la disponibilità e le strumentazioni dell'Università di Farmacologia di Napoli. Stiamo parlando di una questione scientifica piuttosto grossa durata due anni e mezzo, una strada irta di spine.  Inoltre e questo lo sottolineo, se qualcuno volesse ripetere, come sento spesso da qualche giorno in Campania queste cose, anche per paragonarci tra ricercatori, bisogna utilizzare lo stesso metodo, o anche affinare il tiro altrimenti ci ritroveremo a paragonare metodi e sistemi diversi senza potere trovare soluzioni. In questo modo da ricercatore dico che non si risolve mai nulla.

Spesso - nota dolente - si pensa molto di più ai finanziamenti e alla gestione della propria immagine piuttosto che a rimboccarsi le maniche e a lavorare, disegnando come dico strade che non si vedono o immaginare orizzonti non visibili. La ricerca è innanzitutto serietà e non idee e pensieri precostituiti, si devono guardare le cose in modo diverso, vederle nel modo consueto non dà mai novità e risultati.  Un'osservazione simpatica: spesso, a tumori identici corrispondono quasi metalli identici e stesse sostanze.

Ma sarò io a dare in seguito le dovute concatenazioni e implicazioni determinate dallo studio».

Questo in medicina è un caso o qualcosa di più di una prova?

Qui siamo nel campo della sperimentazione ma non è un caso. Un certo numero di metalli sono cancerogeni e associati con frequenza ad un certo tipo di cancro. Una cosa è certa, basta fare una ricerca rapida su internet scrivendo “cromo”: si può leggere che il cromo è associato e può indurre tumori. Ogni metallo ha come particolarità di essere presente e probabile responsabile in un certo tipo di tumore. Per esempio: il cromo si trova nei tumori del polmone e non solo. Trovarlo, poi, nel sangue è la novità.

Per di più, noi abbiamo studiato anche il capello per vedere se ci fosse una regolare corrispondenza tra quello che trovavamo nel sangue e quello che vedevamo nel capello.

In Italia va di moda fare tutta una serie di mineralogrammi del capello ma non sono esami validi dal punto di vista clinico e medico legale e spesso non utili perché sono soggetti a variazioni all’uso di shampoo e tinture. Diverso è l’uso che se ne fa ad esempio per controllare la presenza di sostanze stupefacenti.Dalla nostra esperienza possiamo affermare che la matrice del capello non è probabilmente la più adatta per studiare questo genere di situazione.

Il tumore è una malattia che colpisce l'immaginario, ma scientificamente, è una malattia che ancora non conosciamo bene e tra l’altro non è quella che fa morire di più anche nelle zone con criticità. Spesso questa non conoscenza alimenta la fantasia o la prescrizione di rimedi strani spesso fai da te e non assolutamente testati.Sappiamo che il cancro è una malattia multifattoriale, il metallo probabilmente è responsabile, co­rresponsabile, probabilmente il metallo induce o per lo meno sostiene ma non conosciamo la cancerogenesi esatta, ora si sta andando verso l’epigenetica, ma questo poi è un discorso di alta medicina. Trovare una risposta ad una domanda del tipo: “Perché tra tre persone che vivono nello stesso luogo, due si ammalano e una no?” Non è semplice. Anche per i fumatori è così. Il problema comincia a diventare complicato».E questo lede l'autorevolezza del lavoro che viene fatto?«No e vedi il mio caso, ho deciso di vedere cosa ci fosse nelle persone, nel loro sangue, ammalate delle zone di criticità ambientale.

Abbiamo messo un mattone, il secondo sarà di pubblicare a beneficio dei colleghi che aspettano questo studio.

Da qui nasceranno delle discussioni. Penso che manderò i risultati di questo studio al Ministero della Salute, al Ministro Beatrice Lorenzin.

Cercherò, insomma, di attenzionare su queste tematiche di stringente attualità.Posso dire, anche se è brutto, di avere inventato un metodo nuovo che accendesse le spie rosse nel campo della epidemiologia, ho cercato di andare oltre prendendo dei volontari e osservando alcune matrici biologiche. Intanto ne ho fatti 80 perché è davvero difficile arrivare a 100.

A chiacchiere ne puoi trovare anche 2000, ma poi vanno gestiti e non è facile per niente.

Qui forse poi c’è bisogno di forza diversa, ma ci vuole gente che vuole lavorare e che sa lavorare, ci vuole anche velocità uso dei sistemi informatici, scambio di idee veloci.Quello che conta è che i risultati siano stati positivi. E posso aggiungere e anticipare un'altra conclusione: sono positivi anche in relazione ad altre malattie».

Per positivo cosa intende precisamente?

«Intendo dire che c'è la presenza di questi inquinanti come i policlorobifenili che sono stati banditi. Il lettore deve sapere che i policlorobifenili sono sostanze che non esistono in natura ma sono sono state sintetizzate dall'uomo per il progresso. Queste sostanze vengono utilizzate dappertutto: nei tessuti, nella carta carbone, negli olii, nelle vernici. Chiaramente non solo adesso li abbiamo banditi ma in passato li abbiamo smaltiti in modo doloso e colposo. Li bruciamo in modo doloso e colposo. Tutte queste sostanze, seppur bandite, continuano ad esserci perché sono anche nei trasformatori, vernici, tessuti e nei condensatori. Bruciandoli di conseguenza bruciamo policlorobifenili.Per i metalli vale lo stesso discorso. L'organismo qualche metallo lo usa per se e servono per alcune attività enzimatiche, ma quelli pesanti? Dal sangue vengono trasportati in altri posti e qui vi si accumulano in quantità maggiori dell’ambiente esterno.

I metalli sono bioaccumulati, ne prendiamo a poco a poco e li mettiamo in un deposito. Non è un meccanismo con tappe semplici.La situazione si complica se si pensa che questi metalli vanno ad agire con ogni probabilità a livello di Dna e quindi a livello genetico portando con sé complicazioni nelle prossime generazioni: potremmo trovarci in futuro con una generazione con la struttura cambiata e con forte crescita di malformazioni e altro. Queste sostanze agiscono anche a livello fetale. Le troviamo nel sangue e latte materno, nel liquido amniotico, qualcuno parla di averle trovate nella cellula uovo materna. Nella prima parte presentata a Roma già diciamo: nelle malattie del distretto testa­collo, sono presenti delle sostanze.

Sottolineo due dati e insisto: si tratta di volontari che abitano in zone a rischio e che sono ammalate.I casi sani che abbiamo preso in considerazione sono negativi, non presentano malattie e non hanno neppure queste sostanze.

Sono presenti, invece, nel sangue dei malati che abitano nelle zone a rischio e critiche riconosciute tali. Il discorso che si apre è serio ma in parte ben conosciuto. Frazionare la presentazione è stata un mio desiderio e una mia diciamo “invenzione”».Cosa succederà adesso? Cosa riuscirà a muovere il suo studio?«Io la penso così: è inutile andare a sedersi ad un convegno o andare ad urlare in piazza se non si ha la conoscenza di quello che si dice. Uno studio del genere ha un grande peso perché domani mattina nessuno può arrivare e dire che non è vero.Noi non abbiamo il verbo sicuro: su 1000, però, direi 990.

Abbiamo fotografato un momento della vita di 80 persone. Il sangue è la fotografia di quel momento. Un'analisi del genere costa. A noi circa 200 euro ad analisi perché il Dipartimento di Farmacia ci è venuto incontro anche perché è uno studio che non ha preso fondi né di Stato né europei».Come vi siete finanziati, allora?«Attraverso un fondo su internet dove la gente ha donato dei soldi, per esempio.Io ho fatto dei convegni dove la gente è venuta ed ha contribuito; abbiamo fatto serate dove compagnie di attori si è esibita in commedie e abbiamo tirato su dei fondi; abbiamo fatto dei pranzi. Anche questa è una novità.

I fondi servono a poco perché, più che altro, servono a far muovere tutte quelle macchine che non portano a niente. Dico questo: nella Terra dei Fuochi si parla, adesso, di cominciare a fare le analisi dopo due anni e mezzo che io mi sono mosso in prima persona. La Regione usando dei fondi europei si muove con molto ritardo e a rilento e vorrebbe fare le analisi sugli umani. Io è da due anni e mezzo che ho cominciato. Quando io dissi in giro che volevo fare queste cose i miei colleghi storcevano il naso perché era una novità, invece, adesso sono tutti interessati e le analisi sul sangue dei pazienti, ora, le vogliono fare tutti. Una cosa è che li vogliono fare, l'altra cosa è che non l'hanno fatte.

La macchina statale e quelle regionali si muovono con troppa lentezza. Bisogna, invece, essere veloci».

Questo vale anche per la nostra piana?«Dico questo: ho ricevuto la risposta del sindaco di Calenzano che dubitava che la situazione in Toscana fosse simile a quella della Campania. Ho risposto dicendo che i dati dei Comuni della Piana fiorentina che ho analizzato, fotografavano una situazione peggiore di quella della Campania. I dati in possesso delle istituzioni sono spesso vecchi e non aggiornati e, di conseguenza, la Toscana può stare meglio della Campania. Io, invece ho fornito i dati recenti di quattro Comuni, con un metodo nuovo e potente che non ha paragone in Italia, e posso dire che ci sono zone anche da voi che sono messe peggio della Terra dei Fuochi. L'Italia è fatta a modo suo, ti scontri sempre contro qualcosa. Se tu ti alzi una mattina e scopri come fare 100 km con un litro di benzina hai fatto una gran cosa ma i petrolieri ti remerebbero contro. È un esempio banale ma serve a capire che quel che faccio io non è simpatica a tutti. Io cerco di dare un'anima a quello che faccio, spero di essere stato chiaro anche se non è facile portare alla gente comuni problemi complessi. Mi stupisco di come nessuno non abbia pensato ad uno studio del sangue prima di me.

Mi sono posto il problema: perché abbiamo analizzato tutto e gli umani no? Capre, pecore, abbiamo ammazzato i vitelli, abbiamo distrutto un'intera economia e gli umani no. Perché?È mancata, si vede, l'intuizione che ti permette di andare a sondare la realtà che tutti hanno davanti agli occhi. Vedere le stesse cose degli altri ma carpire particolari diversi. Cosa sarebbe successo se Newton si fosse mangiato la mela invece che domandarsi del perché fosse caduta?»Dottore, risponda ad un'ultima domanda.

Lei fa benissimo quello che fa come ricercatore, ma se per un momento le venisse chiesto di trovare una soluzione, cosa farebbe?

«Senza neppure sapere i risultati da quello che ho visto inizierei una marcia indietro: ridurre quanto più possibile le emissioni, userei meno sostanze, eviterei di smaltirle dolosamente. Se in una zona ci mettiamo le auto, le fabbriche, l'aeroporto, l'inceneritore, i pesticidi e tutto il resto certamente si crea qualcosa che non va. L'ambiente interagisce con il corpo umano e, ad oggi, non esiste prevenzione se non si agisce sull'ambente». 

 
 
Autore:tun

Pubblicato il: 10 Giugno 2016

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Data pubblicazione: 16 giugno 2016

5 commenti

#1

Caro Vincenzo,
ti ringrazio per il lavoro che hai svolto e in particolare per la sua rilevanza in ambito socio-sanitario.

Tu dici: "Mi sono posto il problema: perché abbiamo analizzato tutto e gli umani no?"

Non credo sia mancata l'intuizione ma la volontà di andare a fondo su un problema di cui tutti conosciamo cause e gravità ma per il quale poco o nulla si fa per contrastarne il peso e l'evoluzione!

Vedo che hai competenze in fitoterapia e questo mi spinge a chiederti, dati alla mano, se (e lo avrai fatto sicuramente come medico!) hai pensato da subito a possibili trattamenti per tentare di rimuovere e ridurre questi metalli pesanti dall'organismo.
Ben lieto se avremo modo di condividere possibili approcci terapeutici al riguardo.

Un caro saluto,
Riccardo

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