Legge Gelli sul teleconsulto e la realtà nel web

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Dr. Antonio Valassina Ortopedico, Chirurgo vascolare

Con l'epidemia COVID-19 sembra che le porte di ogni concessione in tema di teleconsulto siano aperte.

Leggo in un blog di uno studio medico-legale quanto segue:

"Occorre, cioè, sfatare il mito secondo il quale erogare una prestazione sanitaria a distanza sia più pericoloso, dal punto di vista della responsabilità professionale, che erogarla di persona, ossia in presenza del paziente. In altre parole, occorre avere ben presente che non è lo strumento in sé a incidere sul grado e/o sull’entità della responsabilità, ma, come sempre, è il modo in cui lo si utilizza a fare la differenza.

Vediamo perché.

Il tema della c.d. “telemedicina” è preso in considerazione dalla più recente disposizione normativa in tema di responsabilità professionale sanitaria, ossia la L. n. 24/2017 (meglio nota come Legge “Gelli”), ove, all’art. 7, nel dettare le regole per il riparto della responsabilità fra struttura sanitaria e singolo esercente, è pacificamente previsto che la prestazione possa essere erogata anche in forma “digitale”, ossia ricorrendo agli strumenti della telemedicina.

Il richiamo esplicito a questa modalità di erogazione della prestazione fa sì che per i consulti effettuati “a distanza” valgano le medesime regole previste con riguardo alle modalità tradizionali di visita, ossia quelle in compresenza, applicandosi a entrambe analoga disciplina.

Se è vero, dunque, che, dal punto di vista normativo, non vi sono differenze per quanto attiene al tema della responsabilità professionale, ciò che rileva è, evidentemente, il modo in cui si utilizza la tecnologia, ossia lo strumento, e la scelta che si opera in tal senso.

Il professionista sanitario, in altre parole, deve sempre adottare la soluzione operativa che offra le migliori garanzie di proporzionalità, appropriatezza, efficacia e sicurezza e, soprattutto, deve valutare se le specifiche circostanze del singolo caso concreto rendono possibile ricorrere a un servizio a distanza. In tal senso, occorre, dunque, evitare di ricorrere allo strumento della televisita/del teleconsulto se, in scienza e coscienza, si ritiene di non essere in grado di fornire una risposta certa e ciò per via della patologia clinica del paziente oppure in ragione della inadeguatezza dei mezzi a disposizione."

Ho qualche osservazione in merito per i teleconsulti su grandi piattaforme online (siti web dedicati al teleconsulto).

1) E' curioso rilevare che la L. n. 24/2017 (meglio nota come Legge “Gelli”), ove, all’art. 7, nel dettare le regole per il riparto della responsabilità fra struttura sanitaria e singolo esercente, "pacificamente" preveda che la prestazione possa essere erogata anche in forma “digitale”, ossia ricorrendo agli strumenti della telemedicina.

  1. In primo luogo un conto è dare dignità di "prestazione medica" al teleconsulto. E fin qui ci siamo.
  2. Altro è "pacificamente" dedurre che "per i consulti effettuati “a distanza” valgano le medesime regole previste con riguardo alle modalità tradizionali di visita, ossia quelle in compresenza, applicandosi a entrambe analoga disciplina".

2) Il punto è che la legge Gelli si limita ad una banale equiparazione del teleconsulto senza entrare nel merito delle caratteristiche di questa "prestazione sanitaria" del tutto particolare. Quali sono le differenze rispetto ad una prestazione medica in "conpresenza"?

  1. In primo luogo la disparità di controllo dell'identità dell'utente. Chi si interfaccia con il medico sulle piattaforme internazionali e nazionali più note è un utente anonimo di un sito, NON un paziente che accede ad uno studio medico. Questa è una differenza non da poco. Il medico è terzo rispetto al contratto di utenza che si viene a stabilire tra l'utente, appunto, e il sito web. La proprietà del sito conosce i dati del paziente, non il medico. Infatti il medico non conosce nulla dell'identità del paziente per la privacy. Mentre l'utente, al contrario, deve conoscere tutto del medico. Anche questo è un elemento cruciale dal punto di vista etico e legale nel differenziare il rapporto nel reale tra medico e paziente "in conpresenza", rispetto al rapporto nel virtuale tra "utente di un sito" e un medico. L'asimmetria nel rapporto è evidente, ma la legge Galli non ne tiene assolutamente conto.

  2. Ne deriva che il "contratto morale" che il medico contrae con il paziente nel reale, quando visita in ambulatorio "in conpresenza", cioè nel reale, qui, nella realtà virtuale di un contatto via Rete, viene, IMHO, automaticamente a decadere.

  3. Cosa dice la giurisprudenza sul rapporto medico-paziente?
    "Il rapporto che che intercorre tra medico e paziente in "conpresenza" nella vita reale è a tutti gli effetti un contratto.
    Ad esso, pertanto, va applicata la disciplina sul rapporto contrattuale di modo che ai sensi dell’art. 1218 c.c., “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
    Non ha, allora, alcuna importanza che tra medico e paziente non vi sia un contratto scritto, ai fini di qualificare la responsabilità medica come responsabilità contrattuale.
    Nel caso del medico, infatti, è stabilito che anche in assenza di un contratto scritto tra lui ed il paziente, il medico, nel momento in cui gli viene affidato in cura il paziente, non è semplicemente obbligato ad adempiere un dovere generico di non arrecargli alcun danno, ma è tenuto ad una condotta attiva, in virtù di un c.d. contatto sociale qualificato, che genera doveri di protezione del medico verso il paziente senza che sia necessario un contratto."

  4. Il direzione, vera stella polare del consulto online, che noi abbiamo seguito su Medicitalia, aderendo tra l'altro alla lettera e allo spirito della certificazione "HonCode" per garantire gli utenti di MI, è stato proprio, invece, il rispetto di una condotta, per cosi dire, "passiva".
    L'utente sceglie un argomento che gli sta a cuore (disturbo, sintomo, malattia, prognosi o terapia ecc.ecc.) e lo sottopone al sito a cui afferisce, il quale a sua volta lo "gira" al pool dei suoi specialisti secondo la metodologia di selezione detta "bottom-up". Il medico risponde all'utente (notare bene non al "paziente") e in realtà si comporta come una sorta di "wikipedia medica personalizzata" per quello specifico utente e per quel specifico quesito. Rapporto, dunque, squistamente passivo.

  5. Queste note non vogliono essere questioni di lana caprina. Per comprenderne la portata enorme mi limito a quanto segue. L'impatto enorme che il teleconsulto può avere lo abbiamo verificato, infatti, proprio noi medici qui su Medicitalia in relazione alla "vexata quaestio" dell'errore medico.
    1. Noi medici di MI, durante la nostra attività gratuita di consulenza online, ci siamo accorti, in diverse circostanze, che gli utenti ci rappresentavano vicende in cui gli utenti, come pazienti di altri medici in strutture pubbliche o private, verosimilmente erano incorsi in un incidente o problema di cui l'utente "soffriva" ed era, a nostro avviso da riferire ad un "errore medico".

    2. Nella posizione atipica in cui noi ci troviamo come sorta di "wikipedia medica personalizzata" non abbiamo, come spiegato sopra, un ruolo "attivo", ma totalmente "passivo" e, quindi, in questo ruolo ibrido, non ci viene riconosciuto nè dalle Legge Galli, nè dall'Ordine dei Medici la possibilità di avvertire l'utente (non è un nostro paziente ricordo a tutti!) della situazione in cui si trova.
      Al tempo stesso noi, sentendoci comunque eticamente impegnati a garantire l'utente, anche se non nostro paziente, abbiamo addottato strategie di informazione tali da portare spontaenamente l'utente a rendersi conto che aveva necessità di un secondo o terzo parere in un Centro specializzato per la sua patologia/ sintomatologia, portandolo "per mano", ma a distanza, grazie al nostro teleconsulto, alla soluzione attesa e da noi auspicata.
      La Legge Gelli, ad esempio, non "norma" questi aspetti delicatissimi della nostra professione proprio perchè assume " a priori" che il teleconsulto tra medico e utente è identico alla visita medica in "conpresenza" tra medico e paziente. La distorsione de facto è evidente.

    3. Già in passato sia a livello internazionale a Parigi, al congresso Medicine 2.0, che in Italia, in diverse occasioni, ho proposto, senza esito, soluzioni-ponte in attesa di una vera Legge che, del resto, manca in tutto il mondo...
      Alcune soluzioni sono state da me formulate, tra cui, ad esempio, la comunicazione all'Ordine dei Medici della Provincia dove risiede quell'utente o dove è avvenuto l'errore medico dell'incidente avvenuto e della necessità di salvaguardare l'essere umano che si cela dietro lo schermo del suo Pc. Oppure si potrebbe segnalare l'incidente alla struttura, dove questo "errore" è avvenuto, e che potrebbe incidere pesantemente sulla Salute della persona coinvolta. Altre soluzioni si potrebbero mettere a punto...

3) In conclusione, quando lo studio legale in questione dichiara che:

"Il professionista sanitario, in altre parole, deve sempre adottare la soluzione operativa che offra le migliori garanzie di proporzionalità, appropriatezza, efficacia e sicurezza e, soprattutto, deve valutare se le specifiche circostanze del singolo caso concreto rendono possibile ricorrere a un servizio a distanza. In tal senso, occorre, dunque, evitare di ricorrere allo strumento della televisita/del teleconsulto se, in scienza e coscienza, si ritiene di non essere in grado di fornire una risposta certa e ciò per via della patologia clinica del paziente oppure in ragione della inadeguatezza dei mezzi a disposizione."

in realtà dimostra di non conoscere affatto la realtà del web dove milioni di telconsulti di massa vengono erogati ogni settimana soprattutto da piattaforme dedicate come Medicitalia e molto meno da teleconsulti privati tra medico e utente del sito privato del medico o tra medico e paziente che si conoscono già per precedente incontro avvenuto "in conpresenza" per una vista reale avvenuta un vero Ambulatorio privato o pubblico.

Forse sarebbe ora che medici esperti di teleconsulto e avvocati/giuristi esperti della materia si incontrassero per gettare le basi di una nuova normativa che farebbe scuola in tutto il mondo. La Legge Galli è, a questo proposito, il classico contenitore vuoto di un oggetto, il teleconsulto, che viaggia su rotte siderali lontanissime da quello spazio astrale che il legislatore crede di aver catturato trasponendo meccanicamente il diritto che governa il "rapporto" medico-paziente a quello che governa il "non-rapporto" medico-utente.

 

Riferimenti:

https://www.studiolegalestefanelli.it/it/sharing-knowledge/articoli/a/teleconsulto-ambito-sanitario-quali-profili-di-responsabilita

 

Data pubblicazione: 23 maggio 2020

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