Psicosi e pensiero obbligato (delirio): dal film Mattatoio 5

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Un film difficile da trovare, ma che merita di essere visto. "Mattatoio 5" è un capannone adibito, durante gli ultimi mesi della II guerra mondiale, a campo di prigionia tedesco per alleati. Il protagonista è un uomo che vive sospeso tra un presente e un passato, tra cui salta continuamente. Nel suo presente è padre di famiglia e rispettato membro della sua comunità, nel passato è prigioniero di guerra. Anche se, visto dall'esterno, può sembrare semplicemente assorto o "in trance" quando si immerge nei suoi ricordi, lui ritiene di essere materialmente in viaggio nel tempo tra epoche diverse, e di non vivere più in un tempo preciso, ma contemporaneamente in ogni momento della sua vita. In altre parole il ricordo, nella sua mente, non è identificato come produzione del suo cervello (io che penso al mio passato), ma come situazione imposta dall'esterno (evento che sta accadendo, o meglio ri-accadendo ogni volta che lo penso). Nelle psicosi infatti accade più o meno questo: le rappresentazioni mentali sono registrate non come prodotto del proprio cervello ma come fatti esterni. Così una frase pensata diventa una "voce", un'immagnie mentale diventa una cosa vista nel mondo reale. La realtà è l'unica modalità di pensiero del soggetto psicotico, il pensiero non esiste più, è solo il risultato di messaggi esterni. Il soggetto psicotico spesso, in fase di piena gravità, si sente svuotato di ogni capacità di pensiero autonomo, ma costretto a elaborare stimoli esterni sempre più caotici, che sono tradotti sempre più facilmente in reazioni e comportamenti impulsivi (automatismo).

Il delirio prosegue. L'uomo inizia a sdoppiarsi anche nel presente. Contemporaneamente vive con la sua famiglia ed è anche trasportato da una fantomatica organizzazione aliena su un nuovo pianeta da popolare, chiamato Tralfamador. Lì lo attende una compagna scelta per accoppiarsi con lui, che altri non è una modella di una pornorivista sequestrata al figlio. Da lì in poi andrà in giro a parlare di questa sua esperienza di vita sul nuovo pianeta, e di come lì la vita sia fuori dal tempo e gli esseri siano immateriali. Nel paradosso finale che spesso caratterizza i film che narrano di viaggi tra passato e futuro, il protagonista prevede come avverrà la sua morte, legata ad un vecchio rancore passato con un commilitone.

Dall'assurdo della doppia vita attraverso il tempo si passa al chiaro impianto del delirio, in cui intervengono elementi nuovi, futuri ma in cui per assurdo in fondo il delirio coincide con la realtà. L'unico elemento in cui il protagonista ci "indovina" nel suo delirio è prevedere come sarà ucciso, o meglio saperlo, perché nel delirio non di previsione si tratta, ma di fatto certo. Eppure, egli annuncia la propria morte imminente con serenità, perché se ucciso in un punto del tempo vivrà sempre in infiniti altri punti, e soprattutto vivrà nella dimensione ultraterrena del pianeta Tralfamador.

Data pubblicazione: 13 febbraio 2013

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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6 commenti

#1
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Grazie Dott. Pacini, raramente si trova una descrizione della psicosi così chiara e a portata di profano.

#2
Dr. Matteo Pacini
Dr. Matteo Pacini

Il finale probabilmente non è casuale. Il vecchio commilitone, psicotico, che lo aveva accusato di aver ucciso un amico già morto in battaglia, solo perché lo aveva urtato con un piede, continuamente nel campo di prigionia lo minacciava di morte dicendogli "un bel giorno arriverò ad ucciderti quando meno te l'aspetti". Diciamo che forse in realtà se n'era scordato, ma poi, vedendolo che nei teatri racconta la sua storia di rapimento alieno e annuncia che sarà ucciso da un vecchio commilitone, lo riconosce, e, sempre secondo la logica della psicosi, interpreta questo come un segno, un ordine, e alla fine lo ammazza davvero. Nella psicosi c'è questo passaggio del pensiero degli altri come ordine a sé: un altro mi dice che sono di pelle scura, allora io mi tingo di nero; mi dice che ho un cattivo odore, allora non mi lavo più. Nel pensiero il commento altrui è quello che io devo diventare per essere quello che realmente sono.

#3
Utente 585XXX
Utente 585XXX

Salve Dottor Pacini,
mi complimento per l'articolo e colgo l'occasione per chiederle quali sono le differenze apprezzabili tra il tempo cristallizzato di chi delira, per così dire da "videogioco" , e il flashback di chi soffre di disturbo post traumatico da stress.
Vorrei chiederle anche, se lei gentilmente è disposto ad andare un po' fuori tema, se una persona che ha vissuto un abuso sessuale da bambino che riceva poi una diagnosi di psicosi (di qualsiasi tipo) sia considerata per questo non attendibile.
La ringrazio della disponibilità.

#4
Dr. Matteo Pacini
Dr. Matteo Pacini

Nel delirio c'è una strana assenza di elementi centrali per comprendere un tipo di evento. Chi vive un trauma "come se" non fosse mai passato è in grado di riferire dettagli ma soprattutto di fornire una illustrazione articolata , una sintesi, una presentazione dell'evento. Spesso nelle memorie di abusi subiti che costituiscono "false memorie" di tipo delirante manca proprio la parte normale della descrizione, che faccia capire il perché delle conclusioni a cui la persona è giunta. Oppure il trauma è definito tale ma è in realtà indefinibile, è semplicemente il trauma di una "realtà" che la persona vive (del tipo; ci sono delle persone che mi odiano). Sul fatto che un abuso subito da un soggetto psicotico possa essere fatto rientrare nella psicosi senza approfondire, è teoricamente possibile, ma la struttura del pensiero psicotico si riconosce quando si lascia svolgere, cioè facendo esporre, interrogando, contestando etc. Tra l'altro esiste anche la possibilità della falsa dichiarazione, oltre che della falsa memoria. Il post-traumatico su un evento mai dichiarato è già di per sé in dubbio, proprio perché il disturbo in sé dovrebbe essere già stato evidenziato, e non venir fuori insieme alla memoria recuperata.

#5
Utente 585XXX
Utente 585XXX

Se ho capito bene, non è tanto la dichiarazione di aver subito un abuso quanto la sintomatologia di contorno a chiarire la differenza tra un racconto legato ad un delirio ed uno legato ad un fatto accaduto realmente. Immagino che questo avvenga anche se non c'è un racconto dell'abuso; il clinico sarà lo stesso in grado di individuare i sintomi post traumatici e distinguerli da quelli psicotici, dico bene?

Un'ultima curiosità, mi chiedo se il disturbo post traumatico da stress e i disturbi psicotici differiscono quanto a trattamento farmacologico e se i due trattamenti sono compatibili.

Grazie ancora per avermi risposto :)

#6
Dr. Matteo Pacini
Dr. Matteo Pacini

E' la modalità della presentazione, incluso il racconto, come è strutturato, come è impostato, come è articolato. Ovviamente anche la modalità fondamentale del pensiero, ovvero dubbio, ricordo progressivo, convinzione etc rapportato agli elementi prodotti. Il delirio si definisce infatti non per un tipo di contenuto, quanto per la struttura con cui la persona esprime delle convinzioni e le spiega sulla base delle cose che ha saputo e di come le ha sapute. In pratica, nel delirio c'è tutto tranne la comprensibilità di come si sia giunti ad una conclusione. Il resto poi, se si dà per scontato questo, può essere un dettaglio che di per sé può essere verificabile o meno, ma se no non lo è potrebbe esser vero.

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